Dimostrato il fatto illecito, può mai una concausa naturale generare una riduzione del risarcimento? A Milano dicono di sì, ma è colpa… del ctu!

Su queste pagine ho sempre sostenuto che il ctu è il centro del contenzioso medico legale, spesso in senso negativo.
Nel caso della sentenza del Tribunale di Milano che alleghiamo, parliamo di un CTU specialista ortopedico e medico legale.
L’esperienza personale mi ha insegnato nel corso degli anni che un medico che come seconda specializzazione acquisisce quella in Medicina Legale e delle Ass.ni ha molte lacune in quest’ultima, specie se consideriamo la componente giuridica.
Il Giudice in questione ne dà dimostrazione in quanto, da un lato, acquisisce le valutazioni dell’AN in quanto chiare e motivate, dall’altro lo bacchetta per essere “caduto” sulla “buccia di banana giuridica”, affermando una grande banalità che con coraggio (evento quasi raro) il Giudice ha evidenziato elegantemente.

Nel raccomandarVi di leggere per esteso la sentenza in quanto precisa e di grande chiarezza, vi espongo tre parti di essa che si ritengono meritevoli di attenzione superiore.

1 – “La valutazione del CTU deve ritenersi corretta in relazione alla valutata incidenza della formazione spontanea di calcificazioni periarticolari sulla produzione del danno differenziale, mentre si ritiene del tutto errata per quanto attiene alla valutazione, del resto propriamente giuridica, circa il ritenuto concorso del danneggiato.
Nessun comportamento colposo può essere ascritto al signor L. allorché, dopo il controllo del 14 febbraio 2007, ha ritenuto di non presentarsi al successivo controllo previsto un mese dopo. Sussiste infatti il diritto del paziente a scegliere la struttura sanitaria che più ritiene adeguata, dotata di specialisti nei quali ripone fiducia…”.
Epicrisi: Come dicevamo sopra, il ctu non dovrebbe mai esprimersi su questioni di diritto specie quando la sua cultura non è medicolegalmente adeguata. Non approfondiamo perché la motivazione l’ha data il Giudice
2 – “Quanto al danno biologico permanente, escluso il concorso di colpa del paziente, ma tenuta in considerazione la formazione spontanea di calcificazioni articolari e periarticolari che ha complicato l’intervento chirurgico successivo, si ritiene di ascrivere a responsabilità del B. non l’intero danno differenziale riconosciuto dal CTU, ma la quota di ¾ (esclusa la quota di ¼ ascritta dal CTU al concorso di colpa del L.).
In conclusione, facendo tesoro dei principi sopra enunciati relativi al danno differenziale risarcibile, deve essere quantificata una invalidità temporanea al 70% di tre mesi ed un biologico quantificato nella misura di ¾ del differenziale complessivo del 12-13% dal 7-8%.”
Epicrisi: Questo è il punto critico della sentenza! Infatti qui esiste un difetto logico del CTU (sarebbe in secondo, anche se necessiterebbe verificare la ctu completa). Nel caso de quo esiste una riduzione del risarcimento per una evoluzione naturale di un fatto illecito e certo non legata al secondo intervento riparatore. Infatti, si legge nella sentenza che senza l’errore del medico B., quindi un intervento precoce, si sarebbero ridotti i postumi attuali al 7-8%.
Qui esiste il problema logico, cioè senza fatto illecito si sarebbe ottenuta una stabilizzazione della frattura ottimale con postumi del 7-8%, ma il ctu non dice se le successive calcificazioni articolari siano conseguenti alla lussazione trattata in ritardo, perché in questo caso (il più logico) non ci sarebbe concorso di causa e quindi non ci sarebbe la riduzione del risarcimento.
Il Giudice, a motivo di questa assenza di motivazione del ctu, ha trattato la liquidazione come se la concausa naturale avesse causato il maggior danno iatrogeno, operando una apodittica (comunque) riduzione del danno.
Insomma, ci sarebbe da appellare ma il rischio, rispetto al maggior vantaggio ottenibile in caso di successo, non giustificherebbe l’alea di un ulteriore grado di giudizio.
Infatti tali riflessioni servono solamente a far riflettere i CCTTUU che si dilettano a fare attività forensi a ragionare di più e non causare danni come successo nel caso de quo.
Ottima comunque la sentenza, che va letta per intero cliccando qui in quanto, tra le altre cose, motiva bene il maggior danno iatrogeno incrementativo e tali riflessioni del Giudice Cattaneo di Milano dovrebbero far meditare maggiormente quei Giudici per i quali tale danno praticamente non esiste!
 

Dr. Carmelo Galipò

(Pres. Accademia della Medicina Legale)

 
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