Gli ex coniugi possono sostituire l’assegno divorzile mensile con il versamento in un’unica soluzione dell’importo una tantum

Dopo il divorzio gli ex coniugi si possono accordare per la sostituzione dell’assegno mensile con il versamento dell’importo una tantum in un’unica soluzione, ma la determinazione dell’importo rimane soggetta al controllo giudiziale di equità e adeguatezza.

Un uomo impugna in Cassazione la decisione della Corte d’Appello di Trieste che gli attribuiva l’obbligo di versare alla ex moglie un assegno divorzile mensile di cinquecento euro.

Precedentemente il Tribunale di Pordenone, nel dichiarare la cessazione del matrimonio, aveva stabilito l’ammontare dell’assegno divorzile in favore della donna nell’importo mensile di mille euro.

L’ex marito impugna in Cassazione (Ordinanza n. 3662/2020) lamentando l’erroneità dei criteri di calcolo dell’assegno divorzile della Corte d’Appello ed evidenziando che gli ex coniugi avevano raggiunto un accordo per la sostituzione dell’assegno divorzile con il versamento dell’importo di ventimila euro a titolo di mantenimento una tantum e chiedendo la verifica di congruità di tale importo.

Gli Ermellini evidenziano che tale accordo pone le basi, ma non definisce la lite, poiché la determinazione rimane comunque soggetta al controllo giudiziale di equità sull’adeguatezza della somma concordemente individuata.

Tale forma di liquidazione, specificano, ha delle significative conseguente in quanto preclude al coniuge beneficiario di porre successive richieste di natura economica.

Sulla lamentata erroneità dei criteri di calcolo dell’assegno divorzile la Suprema Corte evidenzia che il Giudice territoriale non ha fatto corretta applicazione della recente giurisprudenza.

In particolare, viene ribadito che le Sezioni Unite hanno abbandonato ogni automatismo fondato sul “pregresso tenore di vita” o “sull’autosufficienza” preferendo una visione che propende per la causa concreta e la contestualizzi nella specifica vicenda familiare, tramite la valorizzazione dell’intera storia coniugale nel suo evolversi.

In tale ottica il Giudice deve comparare le condizioni economico patrimoniali delle parti e ove riscontri inadeguatezza dei mezzi del richiedente e l’impossibilità di procurarseli er ragioni obiettive, deve accertare rigorosamente le cause e verificare se la sperequazione sia la conseguenza del contributo fornito dal richiedente alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio comune, con sacrificio delle proprie aspettative, in relazione all’età dello stesso e alla durata del matrimonio.

A tale stregua, la quantificazione dell’assegno va compiuta non tenendo a parametro il pregresso tenore di vita o l’autosufficienza economica, ma in misura tale da garantire all’avente diritto un livello reddituale adeguato a un simile contributo.

Per tali ragioni i Supremi Giudici cassano la sentenza della Corte d’Appello con rinvio affinchè venga indagata l’inadeguatezza dei mezzi del coniuge che ha richiesto il riconoscimento dell’assegno o l’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, e soprattutto, valutato l’aspetto perequativo-compensativo sulla comparazione effettiva delle condizioni economico-patrimoniali alla luce delle cause che hanno determinato la situazione di disparità.

Tali regole devono presiedere anche nel caso di assegno una tantum che dovrà subire il vaglio di congruità e soddisfare l’esigenza del coniuge beneficiario di vedere superata l’inadeguatezza dei mezzi di sussistenza a sua disposizione.

Avv. Emanuela Foligno

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