Destinazione d’uso: quali mutamenti assumono rilevanza giuridica?

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destinazione

Erano stati dichiarati responsabili dal Tribunale di Ascoli Piceno per aver commesso il reato di illegittimo mutamento della destinazione d’uso di un immobile di loro proprietà di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. b)

La condanna era giunta all’esito di un procedimento penale in cui era stato accertato che i due imputati, diversamente da quanto indicato nella S.C.I.A. presentata al Comune di San Benedetto del Tronto, avevano realizzato modifiche alla unità abitativa di loro proprietà, tali da consentirne la destinazione alla locazione.

La sentenza era stata confermata anche in appello. Cosicché i due appellanti decidevano di rimettere la questione ai giudici della Cassazione.

In effetti, l’affermazione della loro responsabilità era derivata dall’accertamento della destinazione, a fine abitativo, del piano seminterrato dell’immobile di loro proprietà concesso in locazione ad un terzo che però lo aveva occupato solo transitoriamente, a causa della necessità di provvedere al montaggio degli arredi e degli elettrodomestici dell’appartamento al piano rialzato nel quale abitava.

Sebbene tale circostanza non fosse stata smentita, a detta dei ricorrenti, doveva ritenersi errata la configurabilità di una difformità rispetto al permesso di costruire, dal momento che non era stata realizzata alcuna entità immobiliare differente rispetto a quella contemplata nel titolo edilizio: il locale al piano seminterrato aveva mantenuto, infatti, la sua originaria destinazione di magazzino o deposito e che, invece, quello al piano rialzato era abitato dal conduttore.

Non vi erano dunque gli estremi del reato contestato non essendosi in presenza di un mutamento di destinazione d’uso con la realizzazione di opere.

La pronuncia della Cassazione

Nella giurisprudenza di legittimità è ormai consolidato il principio per cui la destinazione d’uso è un elemento che qualifica la connotazione del bene immobile e risponde a precisi scopi di interesse pubblico, di pianificazione o di attuazione della pianificazione.

Essa individua il bene sotto l’aspetto funzionale, specificando le destinazioni di zona fissate dagli strumenti urbanistici in considerazione della differenziazione infrastrutturale del territorio prevista e disciplinata dalla normativa sugli standard, diversi per qualità e quantità proprio a seconda della diversa destinazione di zona.

L’organizzazione del territorio comunale e la gestione dello stesso vengono realizzate attraverso il coordinamento delle varie destinazioni d’uso in tutte le loro possibili relazioni e le modifiche non consentite di queste incidono negativamente sull’organizzazione dei servizi, alterando appunto il complessivo assetto territoriale.

Quando il mutamento di destinazione d’uso è giuridicamente rilevante?

Il mutamento di destinazione d’uso giuridicamente rilevante è dunque solo quello tra categorie funzionalmente autonome dal punto di vista urbanistico, tenuto conto che nell’ambito delle stesse categorie possono aversi mutamenti di fatto, ma non diversi regimi urbanistico-contributivi, stanti le sostanziali equivalenze dei carichi urbanistici nell’ambito della medesima categoria.

In una nota sentenza del 1998 il Consiglio di Stato (Sez. 5, n. 24 del 3/1/1998) aveva affermato che “la richiesta di cambio della destinazione d’uso di un fabbricato, qualora non inerisca all’ambito delle modificazioni astrattamente possibili in una determinata zona urbanistica, ma sia volta a realizzare un uso del tutto difforme da quelli ammessi, si pone in insanabile contrasto con lo strumento urbanistico, posto che, in tal caso, si tratta non di una mera modificazione formale destinata a muoversi tra i possibili usi del territorio consentiti dal piano, bensì in un’alternazione idonea ad incidere significativamente sulla destinazione funzionale ammessa dal piano regolatore e tale, quindi, da alterare gli equilibri prefigurati in quella sede“.

Il mutamento di destinazione d’uso senza opere

Quando si tratti, come nel caso di specie, di mutamento di destinazione d’uso realizzato senza l’esecuzione di opere edilizie, deve farsi applicazione del principio secondo cui deve ritenersi consentita la modifica di destinazione d’uso funzionale, purché non comporti una oggettiva modificazione dell’assetto urbanistico ed edilizio del territorio e non incida sugli indici di edificabilità, che non determini, cioè, un aggravio del carico urbanistico inteso come maggiore richiesta di servizi cosiddetti secondari, come ad esempio gli spazi pubblici destinati a parcheggio e le esigenze di trasporto, smaltimento di rifiuti e viabilità (cfr., Sez. 3, n. 24852 del 8/5/2013), derivante dalla diversa destinazione impressa al bene.

Il mutamento di destinazione d’uso senza opere, infatti, è attualmente assoggettato a S.C.I.A., purché intervenga nell’ambito della stessa categoria urbanistica, mentre è richiesto il permesso di costruire per le modifiche di destinazione che comportino il passaggio di categoria o, se il cambio d’uso sia eseguito nei centri storici, anche all’interno di una stessa categoria omogenea (cfr. Sez. 3, n. 26455 del 05/04/2016, concernente fattispecie relativa a sequestro preventivo di locali trasformati mediante opere edilizie da cantina-garage ad abitazione, con conseguente passaggio dalla categoria d’uso non residenziale alla diversa categoria residenziale).

La decisione

Nel caso in esame la Corte d’appello, pur dando atto della mancata realizzazione di opere, aveva ritenuto configurabile il reato contestato, sottolineando l’intervenuta modificazione della destinazione d’uso del piano seminterrato (con la realizzazione di ingresso, cucina, sala da pranzo, camera da letto, disimpegno e gabinetto, allacciamento delle utenze domestiche e dotazione completa di arredi) concesso in locazione al terzo con finalità abitative.

Questi peraltro, aveva anche dichiarato la propria residenza presso tale unità, almeno per un certo periodo, determinando in questo modo un aggravio del carico urbanistico per la maggiore e autonoma superficie residenziale gravante sul territorio.

La Cassazione ha ritenuto, perciò, corretto il giudizio emesso dai giudici di merito, perché conforme al ricordato orientamento interpretativo secondo il quale la modificazione d’uso pur senza realizzazione di opere deve ritenersi penalmente rilevante allorquando sia tale da determinare un aggravio del carico urbanistico.

Per tali ragioni il ricorso è stato dichiarato inammissibile.

La redazione giuridica

 

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