Di cosa parliamo quando si affronta il delicato tema relativo al diritto alla prova e che ruolo ha nel nostro sistema processuale

Nel sistema processuale italiano di stampo accusatorio ed elevato al rango costituzionale del “giusto processo”, bisogna ricordare che si innesta uno dei settori più delicati del processo: il diritto alla prova.
Un aspetto fondamentale è il riconoscimento in capo alle parti del diritto a difendersi avvalendosi del diritto alla prova.

Un diritto importante, che non significa solo ottenere l’ingresso della prova nel processo, sia essa introdotta dal giudice o dal pubblico ministero. Significa, nello specifico, diritto a difendersi “attivamente”.

Vale a dire, ogni qualvolta sia necessario che nuovo materiale conoscitivo faccia ingresso nel processo, per confutare l’ipotesi accusatoria e scongiurare ogni pericolo di errore giudiziario.
Tutto questo si traduce in quanto stabilito dall’art. 190 c.p.p.
Se da un lato esiste il diritto di richiedere l’ammissione delle prove, dall’altra parte c’è il diritto all’ottenimento tempestivo della prova richiesta, nei limiti della valutazione del giudice secondo i criteri fissati dall’art. 190 c.p.p. (legalità, non manifesta infondatezza, rilevanza).
Un altro importante aspetto connesso al diritto alla prova, è il c.d. diritto alla controprova.
Questa può intendersi, probabilmente, come l’espressione massima del diritto di difesa.
Quello, cioè, di ottenere l’ammissione delle prove a discarico sui fatti costituenti oggetto delle prove a carico e del corrispondente diritto in capo all’organo requirente con riferimento alle prove a discarico.
Ora, nella sentenza n. 49646/2015 la Corte di Cassazione si concentra sulla problematica degli ambiti e dei limiti della rinnovazione probatoria d’appello, nel giudizio abbreviato richiesto “allo stato degli atti” e dunque, al di fuori di ogni integrazione probatoria.
Problema, quest’ultimo, che a sua volta richiede una riflessione in tema di diritto alla prova.
Per un maggior approfondimento su questo tema leggi l’articolo dell’Avv. Sabrina Caporale
 
 
 
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