A poco più di un anno e mezzo dalla sentenza della Corte Costituzionale, nell’aprile 2014, che ha dato il via libera anche in Italia alla fecondazione eterologa, sarebbero tra le 500 e le 1.000 le donne trattate e, ad oggi, circa un centinaio i bimbi già nati. 

I dati ufficiali non sono ancora disponibili, ma le prime stime dell’eterologa in Italia arrivano dagli esperti riuniti a Roma per il meeting europeo sull’infertilità ‘Strategies to improve IVF success rate‘. ”Non esiste ancora un censimento ufficiale – spiega Ermanno Greco, presidente del Congresso e direttore del Centro di medicina e biologia della riproduzione dello European Hospital di Roma – ma stimiamo, su tutto il territorio nazionale, che siano 500-1.000 le pazienti trattate, ovvero che hanno ricevuto ovociti o, nella maggioranza dei casi, spermatozoi da donatori, per effettuare l’eterologa.

Sempre secondo prime stime, sarebbero un centinaio i bambini già nati da fecondazione eterologa, mentre altri devono ancora nascere ed un’ulteriore percentuale di casi riguarda le gravidanze non andate a buon fine. Ad oggi, però, ancora molti sono i problemi sul tappeto che rendono in vari casi impossibile il ricorso all’eterologa, a partire dalla carenza di ovociti donati: «Solo la metà sono italiani, mentre per il restante 50% – spiega Greco – è necessario ricorrere a banche estere. Le percentuali di successo nelle gravidanze si aggirano intorno al 55-60%, come all’estero, ma l’80% dei trattamenti viene effettuato su ovociti congelati».

Una situazione che risulta ancora più complessa nei centri pubblici: «Al momento – rileva lo specialista – l’80% dei trattamenti per eterologa avviene in centri privati e solo il 20% in strutture pubbliche, dove l’iter per il reperimento di ovociti da banche estere è più lungo». Una soluzione alla mancanza di donazioni di ovociti, sostiene però Greco, «sarebbe prevedere per le donatrici, come già avviene in molti altri Paesi, un contributo in denaro». In Italia, ricordano gli esperti, sono circa 60mila le coppie che ogni anno hanno problemi di infertilità, ma i tassi di gravidanze con la procreazione medicalmente assistita migliorano: ciò, rileva Greco, «anche grazie alle innovative tecniche di diagnosi genetica preimpianto sugli embrioni, che permettono di raddoppiare le percentuali di successo. Grazie a queste metodiche è infatti possibile trasferire un solo embrione, quello che ha una maggiore vitalità, e ottenere il massimo risultato, tanto che l’80% delle coppie che fa il trasferimento dell’embrione dopo la diagnosi preimpianto ottiene la gravidanza al primo tentativo».

Ma il meeting è stato anche occasione di confronto sui più recenti studi che puntano ad ottenere gameti ‘artificiali‘ utilizzando cellule staminali somatiche. Proprio un anno fa, nel dicembre 2014, l’Università di Cambridge ha infatti annunciato di aver ottenuto precursori di ovuli e spermatozoi a partire da staminali della pelle ‘riprogrammate’. Per sapere però se i gameti artificiali ‘funzionano’, portando alla formazione di embrioni sani, bisognerebbe fecondarli, un passo che la ricerca non ha compiuto trovandosi ad affrontare complessi problemi di ordine etico. Ma la strada resta aperta e «se la ricerca proseguirà in questa direzione – conclude Greco – in un futuro non lontano, donne e uomini infertili potrebbero comunque avere gameti con il proprio patrimonio genetico grazie alle cellule staminali». (ansa)

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