Il disposto normativo richiede, per l’ottenimento dell’indennità di accompagnamento, una totale o permanente dis-autonomia dell’invalido civile (Tribunale di Venezia, Sez. Lavoro, Sentenza n. 285/2021 del 23/04/2021- RG n. 1492/2020)

La beneficiaria cita a giudizio l’Inps, dando seguito al giudizio di ATP e alla relativa dichiarazione di dissenso della CTU chiedendo di vedere accertate le condizioni soggettive e oggettive per l’ottenimento dell’indennità di accompagnamento.

In relazione alle domande proposte, la ricorrente chiedeva di essere ammessa a provare per testi la permanente necessità di avere un accompagnatore e di continua assistenza nella vita quotidiana.

Si costituisce in giudizio l’Inps eccependo l’indeterminatezza dei motivi di ricorso e l’infondatezza della pretesa.

Preliminarmente il Tribunale respinge l’eccezione di inammissibilità rilevata da parte resistente, secondo la quale il ricorso non soddisferebbe il requisito di specificità dei motivi richiesto dall’ art. 445 bis , co. 6, c.p.c..

Al riguardo, è stato ampiamente chiarito dalla giurisprudenza che la specificazione dei motivi di cui al comma 6 dell’art. 445 bis c.p.c. deve essere letta in relazione alla dichiarazione di dissenso di cui al comma 4 del medesimo articolo.

In particolare, “la contestazione alle risultanze della consulenza tecnica è dunque delineata, nel richiamato art. 445 -bis , come fattispecie a formazione progressiva articolata in due fasi distinte: la prima, con la dichiarazione di dissenso, la seconda, con la proposizione della domanda giudiziale ai sensi del comma 6”.

Ne deriva che la parte che intenda contestare le conclusioni del CTU deve specificarne i motivi non con la presentazione della dichiarazione di dissenso prevista dal comma 4, bensì con il ricorso introduttivo del giudizio, previsto dal comma 6, poiché in assenza di interlocuzioni con il Giudice o la controparte, non previste dalla norma, è processualmente inutile anticipare la specificazione delle ragioni di contestazione al momento della dichiarazione di cui al comma 4, tanto più che a quest’ultima potrebbe anche non seguire l’introduzione del giudizio di cognizione.

Detto altrimenti, il ricorso di cui all’art. 445 bis, co. 6, è ammissibile quando specifica le ragioni sottese alla dichiarazione di dissenso già manifestato ex art. 445 bis , co. 4, c.p.c..

Ciò chiarito, la ricorrente ha dedotto di non ritenere congruo il giudizio finale del CTU rispetto all’evidenza medica documentale dalla quale risulta essere affetta da indici di disautonomia ” Barthel 45/100, scala ADL 2/6 e IADLA 3/8 “, sufficientemente specificando, quindi, le ragioni per le quali ha manifestato il dissenso alla relazione peritale in data 1.7.2020.

Risultano, quindi, soddisfatti i requisiti di specificità, tuttavia, nel merito, il ricorso non è accoglibile.

La ricorrente chiede il riconoscimento del diritto all’indennità di accompagnamento, prevista dall’art. 1 L. 18/1980, previo accertamento del relativo requisito sanitario.

La fase giudiziale del procedimento ex art. 445 bis c.p.c. è strutturata, in una logica deflativa, come una fase meramente eventuale ma comunque connessa alla pregressa fase tecnica preventiva e relativa all’accertamento del requisito medico sanitario.

Come chiarito anche dalla giurisprudenza di legittimità, il thema decidendum del giudizio di merito ex art. 445 bis, co. 6, c.p.c. è incentrato sulle conclusioni del CTU svolte nella fase preventiva, rispetto alle quali possono essere mosse contestazioni di ragionevolezza e logicità, oppure possono essere dedotte nuove circostanze tali da mutare la situazione clinica accertata, oppure possono essere sollevate eccezioni rituali.

In questa fase il Giudice non può pronunciarsi sulla sussistenza del diritto previdenziale, poiché tale diritto è demandato a un successivo accertamento amministrativo sulla sussistenza di tutti i requisiti, anche extrasanitari; mentre può limitarsi ad accertare il requisito sanitario.

Il beneficio dell’indennità di accompagnamento presuppone due requisiti:

1) la situazione di invalido civile ex art. 2 L. 118/1971

2) l’impossibilità di deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore o la necessità di assistenza continua nel compimento di tutti gli atti della vita quotidiana.

L’art. 2 della L. 118/1971, a sua volta, definisce invalidi civili coloro che abbiano riportato una menomazione all’attività lavorativa non inferiore ad un terzo, ulteriormente specificando al co. 3 che, nel caso di soggetti ultrasessantacinquenni -come la ricorrente-, si considerano invalidi o mutilati coloro che ” abbiano difficolta’ persistenti a svolgere i compiti e le funzioni proprie della loro età” .

La ricorrente censura la CTU nella parte in cui si legge ” la signora non si trova nell’impossibilità di deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore e non è bisognosa di continua assistenza “, laddove, invece, gli esiti della visita fisiatrica del 9.10.2019 riportavano un indice Barth el di 45/100 e valori ADL per 2/6 e IADL per 3/8.

Il Tribunale non condivide la doglianza.

Il CTU ha tenuto conto del complessivo quadro clinico della ricorrente; tanto che le risultanze della visita fisiatrica del 9.10.2019 sono espressamente richiamate dal CTU nella relazione peritale.

Il CTU, inoltre, ha anche dato esplicita risposta alla questione relativa alle “scale di abilità”, in replica alle critiche del CTP di parte ricorrente.

Il CTU ha accertato che ” il complesso delle minorazioni e delle malattie descritte analizzato, pertanto, secondo i criteri metodologici asseverati dalla normativa vigente, con particolare riferimento al D.M. Sanità 5 febbraio 1992 n. 43, Approvazione della nuova tabella indicativa delle percentuali di invalidità per le minorazioni e le malattie invalidanti, comporta concretamente la fattispecie delle gravi condizioni di difficoltà persistenti per svolgere i compiti e le funzioni proprie dell’età di ultrasessantacinquenne con riduzione della complessiva efficienza psicofisica, informata ai parametri illustrati, pari al 100% ” (p. 13), aumentando di ben 30 punti percentuali il giudizio formulato dalla Commissione Medica in sede amministrativa….(..).. E’ da escludersi la necessità di aiuto permanente alla deambulazione o di assistenza continua nel compimento degli atti della vita quotidiana (secondo requisito per l’indennità di accompagnamento di cui all ‘art. 1 L. 18/1980), oltre che in base alla visita medica effettuata ed alla documentazione medica esaminata, anche sulla base delle dichiarazioni rese dalla stessa ricorrente in sede di esame peritale. La ricorrente riferiva di necessitare di ausilio per la deambulazione più che altro per gli spostamenti esterni e di essere in grado nella vita quotidiana di vestirsi e prepararsi il cibo in autonomia, necessitando di assistenza più che altro per l’igiene personale”.

Conseguentemente, è del tutto logica e coerente la conclusione del CTU di parziale e discontinua necessità della ricorrente all’assistenza e all’accompagnamento, laddove però il disposto normativo richiede, per la concessione dell’indennità, una totale o permanente dis-autonomia dell’invalido civile.

In definitiva il Tribunale condivide le valutazioni espresse dal CTU e le pone a base della decisione.

Pertanto, pur sussistendo lo stato di invalidità della ricorrente, non ricorrono i requisiti sanitari di cui all’art. 1 L. 18/1980, in quanto ” la Ricorrente non si trova nell’impossibilità di deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore e non è bisognosa di continua assistenza non essendo in grado di compiere gli atti quotidiani della vita”.

In conclusione, il Tribunale di Venezia, in qualità di Giudice del Lavoro, respinge il ricorso e pone a carico dell’Inps le spese di CTU liquidate nella fase di ATP.

Avv. Emanuela Foligno

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