Professionista incaricato senza delibera non può agire per indebito arricchimento contro la PA

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L’incarico di progettazione era stato conferito all’ingegnere in assenza di un corretto impegno finanziario sul competente capitolo di bilancio quindi è inammissibile, per difetto del requisito della sussidiarietà, la domanda di indebito arricchimento ex art. 2041 c.c. (Corte di Cassazione, III civile, ordinanza 14 maggio 2025, n. 12943).

Domanda di indebito arricchimento senza causa e sussidiarietà ex art. 2041 c.c.

L’ingegnere conveniva in giudizio la Comunità Montana degli Alburni per sentirla condannare al pagamento di Euro 25.661,92 quale arricchimento senza causa, ex art. 2041 c.c., determinato dall’esecuzione di un’attività progettuale per conto dell’Ente, avente ad oggetto il completamento di un tratto di strada. La Comunità Montana eccepisce l’insussistenza della sussidiarietà per l’azione ex art. 2041 c.c., deducendo che l’opera progettata dal professionista non era mai stata realizzata, sicché nessuna utilità aveva tratto dall’attività dell’ingegnere.
Il Tribunale di Salerno (sentenza n. 874/2015), accoglie la domanda del professionista e condanna la Comunità Montana al pagamento di Euro 25.661,92. Invece, la Corte d’appello di Salerno (sentenza n. 1573/2019), riformando la sentenza impugnata e accoglie l’appello della Comunità Montana.
La Corte campana premette che l’incarico di progettazione era stato conferito all’ingegnere in assenza di un corretto impegno finanziario sul competente capitolo di bilancio e di una valida convenzione scritta e che le successive deliberazioni non comportavano un riconoscimento da parte dell’Ente e, pertanto, dichiarava inammissibile, per difetto del requisito della sussidiarietà, la domanda di indebito arricchimento ex art. 2041 c.c., ponendo a carico dell’appellato la rifusione delle spese del doppio grado di giudizio.

Ricorso in Cassazione

L’ingegnere lamenta la violazione e la falsa applicazione (ratione temporis) dell’art. 11 delle preleggi e dell’art. 2041 e 2042 del c.c., in relazione all’art. 23 del D.L. n. 66 del 23 marzo 1989, convertito con modificazioni dalla Legge n. 144/89, concernente la responsabilità diretta del funzionario (o dell’amministratore) che abbia consentito la prestazione da parte del terzo in assenza di copertura contabile. Denuncia che la normativa richiamata non sarebbe adeguata al caso di specie, ove, da un lato, si assume la mancanza del contratto scritto e, dall’altra, non si prende in considerazione l’intervenuto integrale finanziamento dell’opera, con recepimento da parte dell’ente delle risorse finanziarie dedicate ivi compresi gli oneri di progettazione dell’opera.
Tutte le censure vengono considerate infondate.

Inquadramento giurisprudenziale e responsabilità patrimoniale

In tema di assunzione d’impegni ed effettuazione di spese da parte degli enti locali, la giurisprudenza ha da tempo affermato che, qualora la richiesta di prestazioni e servizi proveniente da un amministratore o un funzionario dell’ente locale non rientri nello schema procedimentale di spesa tipizzato dal terzo comma di tale disposizione, non sorgono obbligazioni a carico dell’ente, bensì dell’amministratore o del funzionario, i quali ne rispondono con il proprio patrimonio, con la conseguente esclusione della proponibilità dell’azione di indebito arricchimento nei confronti dell’ente (cfr. tra le più recenti, Cass., Sez. 1, 30 ottobre 2013, n. 24478; 26 maggio 2010, n. 12880; 22 maggio 2007, n. 11854).
Circa la possibilità che il riconoscimento del debito possa essere anche desunto dalla condotta tenuta dall’Amministrazione, la Cassazione segnala un primo orientamento secondo cui il riconoscimento dell’utilità della prestazione non richiede necessariamente un’espressa deliberazione dell’organo competente a formare la volontà dell’ente, ma può essere desunto anche per implicito da fatti concludenti, e segnatamente dalla consapevole utilizzazione della prestazione, purché la stessa risulti ascrivibile agli organi rappresentativi dell’ente, e quindi tale da rivelare un positivo apprezzamento in ordine alla rispondenza dell’opera all’interesse pubblico, nella cui valutazione, avente carattere discrezionale, il Giudice non può sostituirsi alla Pubblica Amministrazione.

Evoluzione giurisprudenziale e requisiti per il debito fuori bilancio

Un più recente orientamento ha disatteso quello precedente affermando che, in tema di assunzione di obbligazioni da parte degli enti locali, qualora le obbligazioni contratte non rientrino nello schema procedimentale di spesa, insorge un rapporto obbligatorio direttamente con l’amministratore o il funzionario che abbia consentito la prestazione, per difetto del requisito della sussidiarietà, sicché resta esclusa l’azione di indebito arricchimento nei confronti dell’ente, il quale può, comunque, riconoscere a posteriori il debito fuori bilancio.
Secondo tale orientamento il riconoscimento del debito fuori bilancio richiede, ai sensi dell’art. 194, D.Lgs. n. 267 del 2000 “un’apposita deliberazione dell’organo competente a formare la volontà dell’ente, da allegarsi al bilancio di esercizio, con cui quest’ultimo non deve limitarsi a dare atto del vantaggio arrecato dalla prestazione, in relazione all’espletamento di funzioni e servizi di competenza dell’ente, ma deve procedere alla verifica dell’incidenza del corrispettivo sugli equilibri generali di bilancio, e adottare, in caso di alterazione degli stessi, le misure necessarie a ripristinare il pareggio ed a ripianare il debito, in tal modo compiendo una valutazione globale che investe la compatibilità della prestazione ricevuta con la situazione economico-finanziaria dell’ente e con gli impegni già assunti sulla base delle risorse disponibili, nonché la reperibilità dei fondi necessari per far fronte ad ulteriori obblighi. A differenza di quella riguardante l’utilità della prestazione, che può emergere anche dall’appropriazione del relativo risultato da parte dell’Amministrazione, tale valutazione non può evidentemente essere desunta dal mero comportamento degli organi rappresentativi, che, in quanto riferibile al singolo rapporto, risulta di per sé insufficiente ad esprimere un apprezzamento di carattere generale in ordine alla conciliabilità dei relativi oneri con gl’indirizzi di fondo della gestione economico-finanziaria dell’ente e con le scelte amministrative già compiute”.

Obbligazioni e imputabilità in assenza di delibera

Pertanto, la mancanza di una formale deliberazione, adottata nelle forme prescritte del cit. D.Lgs. esclude la stessa imputabilità dell’obbligazione all’Amministrazione, prevedendo che il rapporto s’instauri direttamente tra il privato fornitore e l’amministratore, il funzionario o il dipendente che hanno consentito la fornitura, i quali rispondono con il loro patrimonio, con la conseguente esclusione dell’esperibilità dell’azione d’ingiustificato arricchimento, per difetto del requisito della sussidiarietà prescritto dall’art. 2042 c.c., il quale presuppone che nessuna altra azione sia proponibile non solo nei confronti dell’arricchito, ma anche nei confronti di terzi.
Secondo quest’ultimo orientamento, cui la S.C. con la pronuncia in esame dà continuità, “la questione riguardante l’accertamento dell’utilità della prestazione è destinata a porsi soltanto nel caso in cui l’Amministrazione abbia espressamente provveduto al riconoscimento del debito fuori bilancio, assumendo a suo carico l’obbligazione nei limiti consentiti dalle preminenti esigenze di salvaguardia degli equilibri di bilancio, ovvero nel caso in cui il funzionario, l’amministratore o il dipendente, responsabili nei confronti dell’autore della prestazione, propongano a loro volta l’azione di cui all’art. 2041 c.c., nei confronti dell’Amministrazione.
Nel caso di specie, è pacifico che l’incarico professionale posto a fondamento della domanda è assoggettabile alla disciplina dettata dagli artt. 191 e segg. del D.Lgs. n. 267 del 2000, che impone di accertare, ancor prima del vantaggio arrecato dalla prestazione al Comune, l’eventuale adozione di una delibera di riconoscimento del debito fuori bilancio da parte del Consiglio comunale.

Pertanto, la sentenza della Corte d’appello di Salerno, che ha escluso l’esperibilità dell’azione d’ingiustificato arricchimento nei confronti dell’ente, in considerazione della mancanza di un previo impegno di spesa e non rilevando neppure il riconoscimento al debito della qualità di debito fuori bilancio, è immune da qualsiasi vizio logico giuridico e si sottrae alle critiche mosse.


Avv. Emanuela Foligno

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