Fornitura di acqua contenente arsenico oltre i limiti legali, sussiste la giurisdizione del Giudice ordinario sia riguardo alla domanda dell’utente nei confronti del gestore del servizio, sia riguardo a quella di garanzia (Corte di Cassazione, III civile, ordinanza 15 maggio 2025, n. 13004).
La fornitura di acqua contenente arsenico
Nel 2016, con sentenza n. 1467, il Giudice di Pace di Viterbo condannava il gestore del Servizio Idrico Integrato dell’ATO 1 Lazio Nord Viterbo al risarcimento di un danno patrimoniale in favore di un utente. La condanna era motivata dalla fornitura di acqua contenente arsenico in concentrazioni superiori ai limiti legali consentiti, e dunque non idonea all’uso alimentare, per un periodo compreso tra gennaio 2013 e settembre 2014. Nella stessa decisione, il giudice rigettava la domanda di manleva proposta dal gestore nei confronti della Regione Lazio, chiamata in causa affinché fosse tenuta indenne dalle conseguenze economiche del disservizio, in ragione del ruolo della Regione nell’ambito della concessione del servizio idrico.
Avverso tale pronuncia il gestore proponeva appello, sostenendo da un lato l’insussistenza della propria responsabilità contrattuale per la contaminazione dell’acqua, e dall’altro la responsabilità della Regione Lazio per non aver esercitato adeguatamente i propri poteri pubblicistici di intervento e vigilanza, spettantile quale ente concedente.
Tuttavia, il Tribunale di Viterbo, con sentenza n. 769 del 2021, ha rigettato il gravame. Ha ritenuto, da un lato, comprovato l’inadempimento contrattuale del gestore nei confronti dell’utente, e, dall’altro, ha escluso la possibilità di sindacare l’operato della Regione in sede civile, rilevando come le censure proposte in merito all’eventuale inadeguatezza dell’azione amministrativa dovessero essere attratte nella giurisdizione del giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 133 c.p.a.
A seguito di tale esito sfavorevole, il gestore ha proposto ricorso per cassazione contro la sentenza del Tribunale di Viterbo, contestandone i presupposti giuridici e ribadendo i motivi già sollevati nei precedenti gradi di giudizio.
Il ricorso in Cassazione sulla giurisdizione del Giudice ordinario
In Cassazione viene sostenuto che la domanda di garanzia impropria, quale valutata al di fuori di un inesistente rapporto contrattuale a titolo di garanzia tra gestore ed ente regionale, non poteva venire in rilievo in quanto sarebbe stata ascrivibile alla giurisdizione del Giudice amministrativo, non essendo stato considerato che la pretesa patrimoniale era il riflesso di quella risarcitoria ed afferiva, pertanto, ai profili civilistici della fattispecie.
Il Tribunale, sempre secondo il gestore, avrebbe anche errato escludendo la giurisdizione del Giudice ordinario con riferimento alla domanda di manleva proposta nei confronti della Regione Lazio, senza considerare che essa riguardava profili di diritto comune, stante l’intervenuto regime emergenziale, disciplinato dalla richiamata normativa di settore, implicante la sostanziale impossibilità del soggetto gestore del S.I.I. d’intervenire sulla qualità dell’acqua erogata agli utenti e, conseguentemente, il diritto a essere tenuto indenne, al riguardo, da ogni responsabilità.
Le doglianze sono fondate.
Acqua potabile: dell’emergenza arsenico è competente il giudice ordinario
In fattispecie eguale è stato sancito che l‘azione risarcitoria proposta dall’utente nei confronti del gestore del servizio idrico integrato rientra nella giurisdizione del Giudice ordinario, atteso che, in tale ipotesi, l’attività di programmazione o di organizzazione del servizio complessivo di fornitura di acqua posta in essere dall’amministrazione costituisce solo il presupposto del non esatto adempimento delle obbligazioni gravanti sul gestore in forza del rapporto individuale di utenza (si rammentano: Cass., Sez. U., n. 32780 del 2018, Cass., Sez. U., n. 33209 del 2018, e Cass., Sez. U., n. 36897 del 2021).
Le citate Sezioni Unite hanno evidenziato che pertanto “è il singolo rapporto di utenza a venire in considerazione e, con esso, il diritto del singolo utente a vedersi risarcito il danno arrecatogli dal contrattuale inadempimento della controparte immediata, cioè il gestore unico del servizio idrico integrato e fornitore del bene acqua, come pure a vedersi ridotto il corrispettivo dell’acqua fornita, siccome priva delle qualità pattuite (cioè la conformità alle disposizioni di legge e regolamentari in materia di limiti massimi di arsenico e/o fluoruri).
Non è quindi in considerazione, se non quale presupposto e per di più – a tutto concedere – della sola domanda di garanzia della fornitrice nei confronti degli Enti per le modalità di gestione della relativa emergenza, l’attività di programmazione o di organizzazione del servizio complessivo di fornitura di acqua posta in essere dalla pubblica amministrazione incaricata della gestione del servizio” (si fa riferimento a Cass. Sez. U. n. 32780/2018 cit.).
È stato vieppiù chiarito che la domanda di garanzia impropria proposta dal Gestore verso l’Ente altro non è che il riflesso della domanda risarcitoria rivolta contro il Gestore stesso e sulla quale, come già affermato, sussiste la giurisdizione dell’Autorità Giudiziaria Ordinaria.
La giurisdizione del Giudice ordinario
La Cassazione osserva che tanto il carattere emergenziale della situazione venutasi a creare nei territori per cui è causa, quanto il complesso sistema di riparto di competenze e funzioni che caratterizza i rapporti tra il gestore del S.I.I. e le pubbliche autorità preposte alla gestione della c.d. emergenza arsenico non escludono il fatto, assolutamente dirimente, che l’erogazione dell’acqua potabile rientra pur sempre nelle ordinarie obbligazioni dell’ente gestore del servizio idrico integrato e, comunque, di quello che in concreto eroga, in virtù di rapporti privatistici ordinari di utenza individuale, l’acqua ai privati con l’obbligo di somministrarla in condizioni tali da renderla conforme alle prescrizioni, di vario rango normativo, sui suoi contenuti massimi consentiti di sostanze tossiche.
In altri termini, sussiste la giurisdizione del Giudice ordinario sia riguardo alla domanda dell’utente nei confronti del gestore del servizio, sia riguardo a quella di garanzia impropria di quest’ultimo nei confronti dell’ente pubblico preposto, che, come tale, della prima costituisce il riflesso senza che l’oggetto del relativo giudizio abbia ad oggetto, ai fini in parola, i rapporti amministrativi.
Questo significa che i Giudici di appello hanno errato affermando di non dover scrutinare le deduzioni che esulavano da un assente rapporto contrattuale tra gestore e Regione perché attratte alla giurisdizione del Giudice amministrativo.
La Corte accoglie per quanto esposto le censure sopra analizzate, dichiara la giurisdizione del Giudice ordinario, cassa in relazione la decisione impugnata e rinvia al Tribunale ordinario di Viterbo perché, in diversa composizione, pronunci anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Avv. Emanuela Foligno