Scoperto un meccanismo che consentiva di incassare, tramite regolari certificati medici e pratiche legali, i premi assicurativi per le lesioni provocate da incidenti inesistenti. Al vaglio degli inquirenti la posizione di avvocati e medici coinvolti nella vicenda

Per almeno due anni, tra il 2013 e il 2015,  alcune compagnie assicurative avrebbero risarcito finte lesioni – gambe rotte, spalle lussate, distorsioni di caviglie – derivanti da incidenti inventati.  Danni in realtà inesistenti che tuttavia venivano documentati da regolari certificati medici e pratiche legali. In alcuni casi, incidenti e infortuni erano veri, ma di gravità minore rispetto a quelli dichiarati. E’ la maxi truffa scoperta nell’alessandrino dai carabinieri di Tortona e di cui è ancora difficile stabilire l’entità economica complessiva.

L’inchiesta, denominata ‘Operazione gesso’, era partita dalla segnalazione di una compagnia di assicurazione che si era insospettita per alcune pratiche risarcitorie. Nelle scorse ore la Procura di Alessandria  ha notificato l’avviso di chiusura delle indagini a una quarantina di persone.

Nel mirino dei magistrati ci sarebbe, in primo luogo, una famiglia kosovara che vive da anni in Piemonte e a cui farebbe capo l’attività illecita.

Il meccanismo, come riporta la Stampa, vedrebbe poi coinvolti anche avvocati e medici ortopedici degli ospedali di Tortona, Voghera, Vigevano, Abbiategrasso, Cuggiono, Pietraligure, Sanremo, Genova Voltri. Non è chiaro, tuttavia, se questi ultimi siano da considerare complici oppure vittime essi stessi del raggiro. I professionisti, tramite i loro avvocati, negano ogni addebito e chiedono di essere sentiti quanto prima per chiarire le loro posizioni.

L’organizzazione si sarebbe avvalsa, inoltre, di persone indigenti e clochard che si sarebbero finti malati dietro la promessa di pochi euro. A loro venivano fatti firmare  contratti di assicurazione con più compagnie, all’insaputa l’una dall’altra. Gli venivano inoltre attivati dei conti correnti cointestati con membri della famiglia kosovara. Quindi – secondo l’ipotesi degli investigatori – venivano messi in scena degli incidenti con conseguenti lesioni che venivano certificate al Pronto soccorso o in uno studio medico.

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