Laminectomia causa aggravamento delle preesistenti condizioni

0
Intervento di laminectomia causa aggravamento delle condizioni

Intervento di laminectomia causa aggravamento delle preesistenti condizioni del paziente (Cassazione Civile, sez. VI, 24/03/2022, n.9612).

Intervento di laminectomia causa aggravamento. Il Tribunale di Modena, pronunciando nella causa promossa dal paziente nei confronti della Azienda Ospedaliera di Modena, Regione Emilia Romagna, Ospedale di Vignola,  condannava i convenuti costituiti a corrispondere in solido all’attrice la somma di Euro 81.000,08 a titolo di risarcimento del danno biologico conseguente all’intervento chirurgico di laminectomia decompressiva e plastica durale eseguito presso l’Ospedale di Vignola e del danno subito per violazione del diritto al consenso informato.

La donna interpone appello e la Corte, in accoglimento parziale del gravame,  ha liquidato la maggior somma di Euro 393.485,98.

La Corte d’Appello ha considerato: a) la imputazione causale dell’aggravamento della preesistente situazione invalidante della paziente (da una percentuale di partenza del 35% a quella del 75%), per 5/6 alla malpractice chirurgica (e solo per il restante 1/6 invece alla ingravescenza dello stato patologico preesistente); b) la correzione del metodo di calcolo del danno differenziale, operato dalla corte attraverso la sottrazione, dal controvalore monetario dell’invalidità finale del 75%, del controvalore monetario dell’invalidità iniziale del 35%; c) il riconoscimento dei c.d. interessi compensativi sulle somme liquidate a titolo risarcitorio, previa tuttavia la sottrazione dell’acconto già ricevuto di Euro 81.008,00, da operarsi secondo il principio enunciato da Cass. n. 9950 del 2017.

La donna ricorre in Cassazione deducendo l’omesso riconoscimento della personalizzazione del danno, invocato sulla scia della CTU che accertava, post intervento di laminectomia, il livello di sofferenza conseguente all’iter terapeutico e al quadro minorativo residuale, stimandolo ai valori massimi.

Con il secondo motivo la ricorrente denuncia errato calcolo degli interessi c.d. compensativi nei debiti di valore in presenza di acconti.

Il primo motivo è infondato.

In tema di danno non patrimoniale da lesione della salute, la misura standard del risarcimento prevista dalla legge o dal criterio equitativo uniforme adottato negli uffici giudiziari di merito (nella specie, le tabelle milanesi) può essere incrementata, con motivazione analitica e specifica, solo in presenza di conseguenze anomale o del tutto peculiari, mentre le conseguenze ordinariamente derivanti da pregiudizi dello stesso grado sofferti da persone della stessa età non giustificano alcuna personalizzazione in aumento.

Pertanto, soltanto in presenza di circostanze specifiche ed eccezionali allegate dal danneggiato, che rendano il danno più grave rispetto alle conseguenze ordinariamente derivanti dai pregiudizi dello stesso grado, sofferti da persone della stessa età, è consentito incrementare le somme dovute a titolo risarcitorio in sede di personalizzazione della liquidazione.

La Corte di Appello si è conformata a tali principi.

In senso diametralmente opposto la ricorrente sostiene invece che le sofferenze ed i pregiudizi alla vita di relazione conseguenti all’intervento di laminectomia (“quadro di neuro vescica areflessica a compliance lievemente ridotta” con necessità di autocateterismo intermittente” da effettuarsi 5-6 volte al giorno) varrebbero a integrare, in considerazione anche della età della donna (46 anni), quelle sofferenze peculiari che giustificherebbero un allontanamento in aumento (c.d. personalizzazione) dai valori punto risarcitori standard fissati nelle tabelle in uso.

Si tratta, però, di una valutazione meramente assertiva ed oppositiva che non trova fondamento nei dati oggettivi, così come richiamati in sentenza e dalla stessa ricorrente.

Le indicazioni del C.T.U., indicano infatti la necessità di stimare il livello di sofferenza e il quadro minorativo residuale nei valori massimi, ma ciò significa solo che la percentuale invalidante dovrà essere quella massima indicata dai bareme medico-legali per lesioni o condizioni patologiche quale quella in questione, non anche che tali sofferenze si pongano totalmente al di fuori dei pregiudizi prevedibili e normali per quel tipo di lesioni e condizioni e che, dunque, non debbano considerarsi equamente compensati dal valore punto standardizzato nelle tabelle.

Il secondo motivo è invece fondato.

La Corte d’Appello, dopo aver quantificato il risarcimento spettante, all’attualità, nell’importo complessivo di Euro 422.110,83, ha affermato che, dovendosi tener conto del pagamento della somma di Euro 81.008,00, effettuato dalla Ausl di Modena in esecuzione della sentenza di primo grado, occorre applicare, “al fine di determinare l’importo oggi dovuto all’appellante”, il principio enunciato da Cass. 20/04/2017, n. 9950, secondo cui il pagamento in acconto “va sottratto dal credito risarcitorio” .

Deduce la ricorrente che in tale calcolo vi è un duplice errore, rappresentato:a) il primo dalla mancata considerazione della rivalutazione maturata, sull’importo risultante dalla sottrazione dell’acconto devalutato al capitale risarcitorio devalutato, dalla data dell’illecito a quella del pagamento dell’acconto; b) il secondo dalla mancata considerazione della rivalutazione maturata, sul capitale risarcitorio residuo dopo il pagamento intermedio, dalla data di tale pagamento, fino a quello della sentenza.

Le deduzioni sono entrambe correte e la decisione viene cassata con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Bologna.

Avv. Emanuela Foligno

Sei vittima di errore medico o infezione ospedaliera? Hai subito un grave danno fisico o la perdita di un familiare? Clicca qui

Leggi anche:

Aneurisma dell’aorta ascendente e decesso del paziente

- Annuncio pubblicitario -

LASCIA UN COMMENTO O RACCONTACI LA TUA STORIA

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui