Nessun diritto ai benefici di cui alla Legge n. 210/1992 solamente con una mera possibilità di una correlazione eziologica tra le vaccinazioni e l’invalidità permanente

La propria figlia aveva contratto encefalopatia con ritardo neuro psicomotorio, epilessia, ipotonia generalizzata, cecità assoluta con invalidità permanente al 100%, asseritamente a causa della somministrazione della vaccinazione esavalente e successivamente a quella di Prevenar. I genitori avevano quindi agito in giudizio al fine di ottenere l’indennizzo previsto dalla L. n. 210 del 1992, artt. 1 e 2 nonché l’assegno una tantum previsto dall’art. 2, comma 2 della stessa legge.

I Giudici del merito avevano rigettato la domanda. La Corte di appello, in particolare, aveva recepito le conclusioni del nominato c.t.u., che aveva escluso la sussistenza del nesso di causalità tra le malattie e le vaccinazioni.

La coppia si rivolgeva quindi alla Suprema Corte di Cassazione deducendo, tra gli altri motivi, la falsa applicazione della L. n. 210 del 1992 e del concetto di “ragionevole probabilità”, “essendo stata fuorviata la volontà della legge di attribuire ai suoi destinatari una sorta di indennizzo e non di risarcimento, erogato per ricompensare il sacrificio dell’integrità fisica compromessa da un intervento medico che è predisposto per tutelare la salute pubblica dalle gravi problematiche determinate dalle malattie esantematiche; con ricaduta sul criterio di accertamento nel nesso causale che va riconosciuto ogniqualvolta non possa essere dimostrata altra e diversa causa di determinazione della malattia (criterio del più probabile che non)”.

Gli Ermellini, tuttavia, con l’ordinanza n. 2474/2021, hanno ritenuto infondata la doglianza proposta.

Il Giudice di secondo grado, infatti, era pervenuto al convincimento che sussistesse la mera possibilità di una correlazione eziologica tra le vaccinazioni e la malattia, e non un rilevante grado di probabilità scientifica. Pertanto, si era correttamente attenuto ai principi dettati dalla giurisprudenza di legittimità in materia, secondo i quali “la prova a carico dell’interessato ha ad oggetto l’effettuazione della somministrazione vaccinale e il verificarsi dei danni alla salute e il nesso causale tra la prima e i secondi, da valutarsi secondo un criterio di ragionevole probabilità scientifica”. Nel caso in esame, invece, il nesso causale costituiva solo un’ipotesi possibile.

Inoltre, non poteva essere decisiva la critica avente ad oggetto la mancata individuazione da parte del c.t.u. di una possibile eziologia alternativa, considerato che la Corte riferiva il passaggio della consulenza in cui si evidenziava “che l’encefalopatia ad esordio precoce che ha colpito la minore non ha trovato, a tutt’oggi, una diagnosi di certezza e, pertanto, ci si può esprimere solo con dichiarazioni di probabilità più o meno elevata ma non certezza o con probabilità prossima alla certezza; in tal senso, si è messo in evidenza che l’Istituto Neurologico (….) aveva posto due diagnosi di probabilità (deficit di gamma aminobutirrico-transaminasi acido; GABA – T e sindrome PEHO encefalopatia progressiva con edema, ipsaritmia ed atrofia ottica) entrambe patologie metaboliche-neurodegenerative supportate da riscontri clinici e strumentali”.

Anche considerando, dunque, la scarsa significatività ai fini dell’accertamento della scarsa risposta immunitaria riscontrata nella bambina, il c.t.u. aveva concluso nel senso che l’encefalopatia si dovesse ritenere con alto livello di probabilità di tipo congenito.

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