Ius superveniens che abbrevia il termine di prescrizione

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La vicenda riguarda il risarcimento da tardiva attuazione di direttive comunitarie e la Cassazione fa il punto dell’assetto attuale della giurisprudenza sul termine di prescrizione introdotto dalla legge posteriore (Cass. civ., sez. III, 5 luglio 2024, n. 18408).

Il caso

La decisione a commento riguarda l’inadempimento e la responsabilità dello Stato italiano, e il conseguente diritto al risarcimento del danno a favore degli specializzandi, per ritardo di recepimento delle direttive comunitarie che prevedevano una retribuzione.

Nel 2017 alcuni medici specializzandi, in possesso di diploma di specializzazione post lauream, convenivano in giudizio la Presidenza del Consiglio dei Ministri e tre Ministeri (dell’Università e della Ricerca; della Salute; e dell’Economia e delle Finanze), chiedendone la condanna al risarcimento del danno per tardiva attuazione delle Direttive 75/362 e 75/363.

Le citate direttive impongono agli Stati membri di prevedere che agli specializzandi sia corrisposta un’adeguata retribuzione. Lo Stato italiano ha dato attuazione alle Direttive europee solo nell’anno 1991 attraverso la L. n. 257/1991.

Il termine di prescrizione

La questione da dirimere è se il termine di prescrizione sia decennale o quinquennale.

L’art. 4, comma 43, della L. 12/11/2011 n. 183 stabilisce che “la prescrizione del diritto al risarcimento del danno derivante da mancato recepimento nell’ordinamento dello Stato di direttive o altri provvedimenti obbligatori comunitari soggiace, in ogni caso, alla disciplina di cui all’articolo 2947 c.c. e decorre dalla data in cui il fatto, dal quale sarebbero derivati i diritti se la direttiva fosse stata tempestivamente recepita, si è effettivamente verificato”.

Non essendovi alcuna norma specifica, prima della citata legge di stabilità menzionata sopra, la giurisprudenza ritenne applicabile il termine di prescrizione decennale, perché la mancata o tardiva attuazione di una Direttiva Comunitaria non poteva equipararsi ad un “fatto illecito” ai sensi dell’art. 2043 c.c.

Legge di stabilità 2012

Invece, la legge di stabilità 2012 in parola fissa il termine di prescrizione di cinque anni.

Gli effetti di una legge che abbrevia un termine di prescrizione, e questa regola ha carattere generale, sono disciplinati dall’art. 252, comma primo, disp. att. c.c., il quale stabilisce che quando una nuova legge stabilisce un termine di prescrizione più breve di quello previsto dalle leggi anteriori, il nuovo termine si applica anche all’esercizio dei diritti sorti anteriormente all’entrata in vigore della nuova legge, con decorrenza dall’entrata in vigore di quest’ultima.

Questo significa che il termine di prescrizione introdotto dalla legge posteriore non s’applica, se ha per effetto di prolungare la scadenza del termine previgente già in corso. In altri termini, dall’entrata in vigore di una legge che abbrevia un termine di prescrizione in corso, si applica il minor termine tra quello nuovo e quel che residua del termine originario.

Nel caso concreto, la prescrizione era stata interrotta nel 2008 ed il giudizio di primo grado è stato introdotto il 5 luglio 2017. Pertanto, il credito azionato si era prescritto il 1° gennaio 2017 ed era già estinto al momento della successiva azione giudiziaria.

Conclusivamente: “La prescrizione del diritto al risarcimento del danno causato dalla tardiva attuazione d’una direttiva comunitaria è soggetto alla prescrizione quinquennale a partire dal 1° gennaio 2012, a nulla rilevando che il fatto generatore del danno, od il danno stesso si sia verificato in epoca anteriore.”

Avv. Emanuela Foligno

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