Prevenzione e multidisciplinarietà sono necessarie per fronteggiare le emergenze, nate in un contesto di complessità sociale, culturale, politica, economico-finanziaria

Se la multidisciplinarietà degli interventi viene relegata al ruolo di possibilità e non di necessità, come fin ora si è verificato,  allora le alternative degli interventi a favore delle soluzioni dei problemi possono solo rientrare  nelle categorie dell’approssimazione, della contingenza, della semplificazione, del riduttivismo. Inevitabilmente, la conseguenza di questi approcci è  la banalizzazione della gravità e complessità delle emergenze in atto che in questo modo continueranno ad essere affrontate singolarmente dagli apparati dello Stato con mezzi insufficienti, monodirezionali, inadeguati a risolverle, di volta in volta tentando la sorte e affidandosi al know-how di stake-holders, impreparati  di fronte all’ingestibilità  della continua diversificazione e moltiplicazione  delle situazioni di crescente malessere.

Invece di selezionare, come è successo fin qui,  pool di esperti,  disposti ad avallare le già tracciate  impronte del potere,  che hanno ispirazioni ed obiettivi non necessariamente coincidenti con le concrete necessità di risoluzione sostenibile dei problemi sociali, d’ora in avanti sarebbe il caso di aprirsi a categorie quali la multidisciplinarietà, ad un modo organizzato e strutturato, che renda possibile verifiche e riproducibilità, condiviso dalla comunità scientifica e  in grado di affrontare con un’analisi accurata delle cause originarie dei problemi da affrontare di volta in volta,  la complessità  delle situazioni di disagio e di precarietà  di una società disorientata e frammentata che trasmette il desiderio di un globale riassestamento e ridimensionamento del degrado umano in crescente aumento da cui si sente afflitta.

E questo è stato il brand della gestione dissennata da parte delle istituzioni ministeriali e governative di quasi tutte le problematiche sociali, trasversali alla famiglia e alla Scuola, sorte nel corso dell’ultimo ventennio, fra le quali quelle inerenti i diversi modi di fare famiglia, e le tensioni sorte a seguito delle nuove configurazioni familiari, trasferite in modo irrisolto nell’ambito della Scuola, con le conseguenze ben note di frizioni continue e violente proprio nei luoghi deputati all’educazione e alla formazione dei bambini, dei ragazzi e degli adolescenti. E senza che nei molteplici avvicendamenti che si sono verificati ai vertici di un po’ tutte le istituzioni ministeriali, ed in particolare del MIUR,  si sia pensato di affrontarle, bandendo le ideologie ed i pregiudizi,  in modo sistematico con una revisione  strutturale de modelli precedenti insufficienti  a gestire la nuova complessità.

E in questo inquadramento dei fenomeni caratterizzanti questo specifico assetto della nuova società,  una parte predominante delle trasformazioni epocali complessivamente considerate  è stato proprio l’avvento della  tecnologia digitale nella trasformazione delle comunicazioni di massa, trasformatasi in “sopravvento” della popolazione digitale.  E’ chiaro  ed evidente che  non essendo corsi ai ripari per tempo, avendo dissennatamente affrontato le problematiche step by step, e circoscritto  aree e settori in cui  il malessere era diventato emergenza alla quale far fronte obbligatoriamente con interventi mirati di emergenza, questo ha provocato molti più danni di quanti ne abbia risolti.

Infatti, la compulsiva tensione ad arginare la proliferazione delle diverse tipologie di emergenze ha aperto la strada  alla ripetizione degli errori praticati a catena,  senza via di risoluzione proprio a causa di scelte istituzionali dettate da un attivismo mirante a dimostrare un efficienza apparente che tuttavia non si è nei fatti tradotta in una effettiva efficacia dimostrata delle scelte operate.

La “prevenzione”, usata ed abusata come concetto astratto nei diversi salotti, nei talk show televisivi e dai social media per bocca dei vari esperti di turno, è sempre rimasta una pura e semplice citazione. E coloro che l’hanno inserita nelle varie fanta-proposte, lo hanno fatto senza tradurla in proposte programmatiche di interventi strutturati ed organici, basati su metodologie di stampo scientifico, corrispondenti ai criteri di un minimo livello di verificabilità e riproducibilità, selezionati prima della degenerazione  in vere e proprie emergenze.

E’ chiaro che in un quadro disorganizzato che richiede risposte immediate, e per ciò stesso poco ragionate e poco o nulla compartecipate dal basso, l’unica risposta obbligata  sia stata la scorciatoia della “semplificazione”  nel  tentativo di  arginare le problematiche, divenute “emergenze”,  attraverso interventi di emergenza. E questo ha generato un circolo ricorsivo negativo in cui la semplificazione della natura degli interventi selezionati è stata inversamente proporzionale all’aumentata diversificazione delle emergenze, divenute ingestibili per quantità e gravità. Affrontare la complessità dei fenomeni di emergenza, adottando il criterio della semplificazione  nella selezione degli interventi destinati ad arginarle, circoscrivendone i contorni al solo evento criminoso sporadico che la cronaca quotidiana porta alla ribalta ogni giorno, rappresenta la cifra dei fallimenti esperiti  che si va ingrossando ogni giorno di più.

Per fronteggiare le emergenze, nate in un contesto di complessità sociale, culturale, politica, economico-finanziaria, serve un cambiamento epocale, anche riguardo a una gestione più responsabile da parte dei vertici delle istituzioni. In altre parole, una libertà di gestione responsabile in capo ai vertici del potere che metta al primo posto scelte e decisioni,  fondate sulla pianificazione di interventi integrati strutturati ed organici, adeguati alla complessità delle emergenze educative, formative e sociali, divenute insostenibili per una società che si riconosca civile, democratica ed evoluta.

Il cambiamento deve avvenire anche nello stile di pensiero e di azione, di sentimento  e di condivisione del degrado umano  e sociale a cui un popolo è tenuto a ribellarsi. Settori quali la cultura, l’educazione, la formazione e la didattica applicata alla Scuola non possono risentire di condizionamenti al ribasso che impongono proposte vuote di sostanza, di competenza e di professionalità,  perché l’oggetto di “cura”, affidato alle scelte improvvide di certi ministri  e di certi governi, in questo caso specifico, è il fondamento stesso della società.

Dott.ssa Mara Massai

Sociologa, Dottore di ricerca in Criminologia

esperta in Tecniche Investigative in Criminologia e Vittimologia

Project Manager

Presidente di AS.SO.GRAF. (Associazione Culturale di Sociologia e Grafologia)

 

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