Il Giudice può non accogliere l’istanza di differimento dell’esecuzione della pena o di detenzione domiciliare per motivi di salute, ma deve disporre gli accertamenti medico-legali necessari, nominando un perito che valuti lo stato di infermità del detenuto.
Il Tribunale di sorveglianza di Roma, con ordinanza del 06/11/24, ha rigettato l’istanza di differimento della pena. Ciò nonostante un precedente provvedimento di rigetto annullato dalla Cassazione e preso atto delle motivazioni della sentenza depositata, è stata comunque respinta la richiesta relativa a un soggetto ultraottantenne con difficoltà di deambulazione affetto da diverse patologie. Il Giudice ha ritenuto che le condizioni di salute del detenuto non sono gravi e che, non sussistendo un imminente pericolo di vita, può essere assistito in regime di detenzione, anche se necessita di periodiche e programmate visite presso i presidi sanitari territoriali.
Condizioni di detenzione e pericolosità sociale del detenuto
Secondo il Tribunale, le condizioni di detenzione non sarebbero disumane, pur ritenendo necessario trasferire il detenuto in un centro penitenziario dotato di reparto per la disabilità fisica e motoria. Il Tribunale ha osservato che, nonostante le ridotte capacità motorie, il condannato sarebbe comunque socialmente pericoloso riguardo alla possibilità di reiterare le condotte già poste in essere. Avverso il provvedimento ha proposto ricorso per Cassazione il detenuto e la Suprema Corte lo ha considerato fondato.
Normativa sul differimento dell’esecuzione della pena per motivi di salute
Ai sensi dell’art. 146, comma 1, n. 3, c.p., l’esecuzione della pena detentiva deve essere obbligatoriamente differita in due casi: “se deve aver luogo nei confronti di persona affetta da AIDS conclamata o da grave deficienza immunitaria accertate ai sensi dell’articolo 286-bis, comma 2, del codice di procedura penale”; se deve aver luogo nei confronti di persona affetta “da malattia particolarmente grave per effetto della quale le sue condizioni di salute risultano incompatibili con lo stato di detenzione”. In entrambi i casi, l’ulteriore condizione prescritta dalla norma è che la “persona si trovi in una fase della malattia così avanzata da non rispondere più, secondo le certificazioni del servizio sanitario penitenziario o esterno, ai trattamenti disponibili e alle terapie curative”.
Differimento facoltativo e valutazione dello stato di infermità del detenuto
Il differimento facoltativo può essere concesso al condannato affetto da “una grave infermità fisica” che renda le condizioni di salute incompatibili con il carcere. In tal caso, può essere disposta la detenzione domiciliare in luogo del rinvio dell’esecuzione della pena, ove il Giudice ritenga che l’esigenza di contenere la residua pericolosità del detenuto con un presidio detentivo sia prevalente rispetto a quella di tutela della salute. La valutazione sulla “grave infermità” consiste in un giudizio bifasico: prima in astratto, considerando l’inquadramento nosografico della patologia del detenuto e la possibilità di cura; poi in concreto, valutando le modalità di somministrazione delle terapie necessarie in relazione all’istituto penitenziario in cui è ristretto, alle eventuali ulteriori strutture dove poterlo trasferire e alla concreta incidenza della specifica situazione ambientale sul peculiare quadro clinico del detenuto.
Definizione di grave stato di salute e obblighi del Giudice
Il grave stato di salute va inteso come patologia implicante un serio pericolo per la vita o la probabilità di altre rilevanti conseguenze dannose, eliminabili o procrastinabili con cure o trattamenti tali da non poter essere praticati in regime di detenzione inframuraria neppure mediante ricovero in ospedali civili o in altri luoghi esterni di cura ai sensi dell’art. 11 ord. pen. In questo complesso giudizio, deve essere effettuato anche un bilanciamento tra le istanze sociali correlate alla pericolosità del detenuto e le sue condizioni complessive di salute. Inoltre, il Giudice, in presenza di dati o documentazione clinica attestanti lo stato di infermità del detenuto e l’incompatibilità delle condizioni di salute con il regime carcerario, può non accogliere l’istanza di differimento dell’esecuzione della pena o di detenzione domiciliare per motivi di salute e deve disporre gli accertamenti medico-legali necessari, nominando un perito.
Critiche al provvedimento del Tribunale e decisione della Suprema Corte
Il Tribunale non si è conformato a tali principi. Nel provvedimento impugnato si dà espressamente atto della situazione personale del ricorrente – soggetto ottantunenne, invalido al 100%, affetto da ipertensione arteriosa, sindrome depressiva e con un pregresso ictus per cui ha una mobilità estremamente ridotta, tanto da avere necessità di un piantone – il Giudice della sorveglianza si è limitato ad affermare in termini generici e contraddittori che “le condizioni cliniche sono stabili e in buon compenso”. La conclusione di pericolosità sociale del condannato è del tutto incoerente, oltre che errata.
Anche riguardo al paventato pericolo di reiterazione, il Giudice, pur riconoscendo che il ricorrente ha avuto un ictus e che ha una mobilità estremamente ridotta (spostamenti quasi esclusivamente in carrozzina, deambulazione per brevi tratti se accompagnato, forza residua di 3/5 nell’arto superiore sinistro e di 4/5 sull’arto inferiore sinistro), non ha evidenziato le ragioni sulle quali ha formulato il proprio giudizio secondo cui le condotte delittuose poste in essere prima dell’insorgere dell’emiparesi sono compatibili con le attuali condizioni di salute. Per tali ragioni, il provvedimento impugnato viene annullato dalla Suprema Corte, con rinvio al Tribunale di Roma per un nuovo giudizio.
Avv. Emanuela Foligno