Metastasi osteomidollare di tumore neuroendocrino è quanto evidenziato dall’esame istologico (Tribunale Forlì, n. 267/2021 del 05/03/2021 – RG n. 2127/2016).
Metastasi osteomidollare di tumore neuroendocrino e non mero tumore neuroendocrino è quanto evidenziato dall’esame istologico.
Il paziente si reputa danneggiato dal trattamento sanitario ricevuto e cita a giudizio l’Azienda Sanitaria onde vederne accertata la responsabilità medica.
Deduce:
– che nel 2013 a seguito di dolori epigastrici, si sottoponeva a una serie di esami tra i quali una ecotomografia addominale in data 30.7.2013 e una TAC all’addome e al torace in data 25.11.2013; quest’ultima rilevava la presenza di una lesione fortemente sospetta al corpo pancreatico;
– inoltre, dagli esami del sangue del 21.01.2014 emergeva una titolazione ematica della cromogranina.
Dall’esame istologico del 13.2.2014 emergeva un adenocarcinoma pancreatico. Il quadro, all’inizio del 2014, era significativo di sospetta neoplastica pancreatica con metastasi ossea e incremento dei valori di cromogranina.
– In particolare, dagli esami eseguiti non risultava in modo inequivocabile la presenza di un tumore esocrino, poiché molti elementi lasciavano invece pensare a un tumore endocrino.
– A fronte di tale quadro, il paziente si rivolgeva ad altro Medico per un parere. Nonostante ciò, la AUSL proponeva all’attore di dare avvio al protocollo terapeutico con Gemox, e sette cicli di radioterapia.
– in data 18.4.2914, all’inizio del trattamento, l’attore veniva sottoposto a un ulteriore esame istologico dal quale risultava che non era affetto da tumore neuroendrocrino, ma, al contrario, veniva riscontrata metastasi osteomidollare di tumore neuroendocrino. Venivano prescritti ulteriori esami e in data 10.7.2014 veniva eseguita PET che non confermava la patologia per la quale l’attore era stato sottoposto a chemioterapia;
-così, si rivolgeva ad altro Medico che rendeva parere secondo il quale gli esami presentavano esiti dai quali era possibile evincere l’erroneità della diagnosi, che invece deponeva per metastasi osteomidollare. Invece, la terapia di Gemox e il trattamento radiochemioterapico avevano comportato a carico dell’attore danni da inabilità temporanea e postumi permanenti.
In sintesi, le doglianze di colpa medica riguardano: (i) l’omessa corretta analisi della storia clinica e la conseguente omessa rilevazione della assenza di un tumore esocrino, (ii) l’omessa tempestiva esecuzione dell’esame istologico poi effettuato il 18.4.2014, (iii) l’omessa interruzione della terapia una volta presa conoscenza della diversa diagnosi di metastasi osteomidollari.
La CTU ha evidenziato: “Vi è da dire, preliminarmente, che in mancanza di una revisione dei preparati istologici (n° 01911/14 del 11.02.2014 e citologico n° 01069/14 del 11.02.2014) non è possibile confutare la diagnosi iniziale di adenocarcinoma ben differenziato del pancreas. Infatti sul piano oncologico, il profilo degli oncomarkers, nel caso de quo l’elevazione della cromogranina (marcatore aspecifico di tipo neuroendocrino) e la negatività del CEA e del CA 19.9 (marcatori aspecifici delle neoplasie epiteliali del tratto gastroentero -bilio -pancreatico), sono passibili sia di falsi negativi che di falsi positivi, pertanto non sono sufficienti per porre una diagnosi di certezza. Pertanto, si precisa che dal punto di vista strettamente procedurale i sanitari della Gastroenterologia adottarono tutte le misure diagnostiche necessarie per il caso de quo, secondo gli accorgimenti dettati dalla scienza medica, dalle linee guida/protocolli e dalle buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica nazionale ed internazionale. D’altro canto si ribadisce invece che per poter giudicare appropriata e conforme al vero l’attività diagnostica del servizio di Anatomia Patologica è indispensabile la revisione dei preparati cito-istologici dell’agobiopsia pancreatica nonché di quelli della biopsia ossea effettuata successivamente per confronto. Non potendo a priori assumere come errata la prima diagnosi di adenocarcinoma pancreatico ben differenziato, sul piano oncologico non si intravede alcuna responsabilità da attribuire alla condotta dei sanitari …….Pervenuta una diagnosi difforme rispetto a quella iniziale, e quindi in presenza di una duplice diagnosi (adenocarcinoma ben differenziato e metastasi osteomidollare massiva di tumore neuroendocrino (NET) G2 di ben compatibile origine primitiva pancreatica. Le cellule neoplastiche sono risultate intensamente positive per cromogranina, sinaptofisina, citocheratina, AE1/AE3, focalmente positive per citocheratina 19 e negative per TTF1.”
Successivamente, nell’integrazione, il CTU ha specificato: “Ora, a completamento e conclusione dell’elaborato peritale, è possibile affermare, sulla base di quanto relazionato dall’anatomo-patologo, che l’interpretazione diagnostica formulata nel febbraio 2014 è errata , aggiungendosi che era possibile porre diagnosi di Tumore Neuroendocrino (NET) fin dal citologico C -01069/14.”
Il Tribunale condivide e fa proprie le conclusioni della CTU ed accerta l’assenza di colpa nei confronti dei Sanitari della Gastroenterologia e dell’Oncologia. Resta il profilo dell’errore diagnostico sulla concreta metastasi osteomidollare, che è stato riscontrato dal CTU, quantificando un danno transitorio correlato ai trattamenti terapeutici eseguiti a seguito dell’esame istologico del febbraio 2014.
Sul punto, il Giudice esprime delle perplessità circa l’effettiva “utilizzabilità” dei “vetrini” di cui la convenuta è stata onerata alla produzione e che sono stati alla base della seconda valutazione affidata al CTU.
In altre parole, l’acquisizione “d’ufficio” dei vetrini in considerazione si scontra con il fatto che è l’attore, che si assume danneggiato, a dovere dare precisa allegazione e prova del nesso di causalità fra la condotta colposa dei sanitari ed il danno patito.
Nel caso di specie, pertanto, l’indagine peritale poteva e doveva, al più, essere ammessa solo relativamente alla valutazione della correttezza dell’operato dei sanitari che avevano in cura il paziente, a fronte dei referti diagnostici esistenti, ma non già in punto alla verifica della correttezza dell’operato dei Patologi deputati alla prima refertazione istologica, non avendo l’attore prodotto in atti, come suo onere fare, il materiale istruttorio necessario per tale valutazione (i “vetrini”).
Non è consentita al CTU, nel quadro delle regole generali processualcivilistiche, la autonoma formulazione di addebiti di responsabilità non precisamente dedotti, oltre che tempestivamente formulati, dalla parte attrice ovvero l’acquisizione sua sponte di prove che è onere della parte attrice produrre.
Ad ogni modo, non potrebbe comunque ritenersi assolto l’onere probatorio attoreo. Difatti, l’onere che spetta al paziente ha ad oggetto qualificate inadempienze imputabili al sanitario o alla struttura, cui non può certamente supplire l’attività del CTU.
Conseguentemente, il Tribunale respinge le domande dell’attore e pone in compensazione tra le parti le spese di lite e di CTU.
Avv. Emanuela Foligno
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