Pediatri condannati per omicidio colposo per aver omesso di effettuare controlli ed esami strumentali che avrebbero evitato il decesso del minore

La Cassazione con la sentenza n. 36044/2022 ha confermato la condanna per omicidio colposo a carico di due medici pediatri che avevano omesso i controlli ed esami necessari per giungere ad una corretta diagnosi.

Il fatto: decesso del minore e responsabilità penale dei pediatri.

I due pediatri, condannati per omicidio colposo per condotte colpose indipendenti, venivano riconosciuti responsabili del decesso di un minore di 10 anni verificatosi per arresto cardiocircolatorio a causa di una stenosi tracheale post-intubazione di origine iatrogena, in un quadro di diffusa e severa bronchite. Anche in sede di appello i confermava la sussistenza della responsabilità penale a carico degli imputati, seppur con riduzione della pena in favore dei due medici. In particolare, la responsabilità penale dei sanitari veniva riconosciuta in quanto, stante la diagnosi di bronchite ed “il peggioramento delle condizioni respiratorie, il tipo di dispnea, la progressiva comparsa di intensa astenia e disfonia” il minore non era stato ricoverato per essere sottoposto agli esami e controlli opportuni. Quest’ultimi, secondo la Corte, avrebbero consentito di diagnosticare l’origine delle difficoltà respiratorie e, conseguentemente, di rimuoverle scongiurando l’ exitus del bambino.

La contestazione della responsabilità penale da parte dei sanitari

I due pediatri, condannati per omicidio colposo, ricorrevano pertanto in Cassazione sulla base delle seguenti tesi difensive. Un imputato impugnava la decisione sostenendo, in primo luogo, che l’esigibilità della condotta alternativa avrebbe dovuto essere valutata sulla base delle conoscenze di cui il medico era effettivamente in possesso all’epoca della condotta e non, al contrario, rispetto a quelle più ampie disponibili al giudice al momento del giudizio. In ogni caso, anche in presenza di responsabilità, la Corte d’Appello avrebbe dovuto ricondurre la condotta del sanitario nell’alveo della colpa lieve e dunque escluderla dalla rilevanza penale ai sensi del c.d. Decreto Balduzzi (applicabile ratione temporis al caso di specie). L’altro sanitario coinvolto nella vicenda contestava, in particolare, che in sede di Appello non erano state correttamente stimate le probabilità di guarigione qualora il paziente fosse stato sottoposto ad intervento chirurgico, affermando che le statistiche riscontravano una percentuale di decesso post operatorio nel 15–30 % dei casi.

La Cassazione ribadisce la rilevanza penale dell’omissione degli esami diagnostici dovuti

La Corte di Cassazione ha dichiara to inammissibili i ricorsi presentati dai pediatri e confermava la decisione della Corte d’Appello.​Più in dettaglio, la Suprema Corte ha giudicato corretto l’iter logico sotteso alla decisione di II grado , con particolare riferimento al fatto che, nel caso di specie, era esigibile da parte dei sanitari coinvolti l’individuazione dell’occlusione e la conseguente prescrizione dei dovuti esami clinici finalizzati alla conferma della diagnosti di sospetta stenosi. La causa del decesso del piccolo paziente, pertanto, era da ricondurre eziologicamente all’omissione della formulazione del sospetto diagnostico, alla mancata vigilanza del paziente ed all’omessa esecuzione degli approfondimenti diagnostici che, tra l’altro, avrebbero dovuto e potuto essere eseguiti celermente. Veniva altrettanto respinta la tesi circa la riconducibilità delle condotte alla “colpa lieve”. La Corte di Legittimità sul punto riconosce che (sottolineature nostre): “ sulla base della sua specializzazione di medico pediatra in servizio presso l’ospedale e delle conoscenze che a tale specializzazione ineriscono, avendo visitato il bambino, avrebbe dovuto rilevare sintomi evidenti (ed anche piuttosto univoci), formulare (pur senza essere a conoscenza delle pregresse intubazioni) il sospetto diagnostico suindicato (quanto meno di generica ostruzione) e prescrivere accertamenti ulteriori atti a confermare il sospetto, a cui sarebbe seguito un intervento chirurgico, a quella data ancora salvifico”. Alla luce di quanto sopra evidenziato, la Corte di Cassazione ha ritenuto prive di censura le conclusioni raggiunte in sede di Appello in quanto fondante correttamente sulla disamina dei fatti e del giudizio controfattuale formulato dai periti del giudice. Questi ultimi, invero, avevano riscontrato che gli esami e controlli volti ad indagare il sospetto diagnostico avrebbero potuto essere eseguiti nell’arco di una giornata di ricovero ospedaliero e che l’intervento di rimozione della stenosi tracheale poteva concretamente essere eseguito evitando in tal modo l’exitus del piccolo paziente.

Il principio di affidamento nella responsabilità medico-sanitaria

La sentenza in esame pone a fondamento della decisione l’applicazione del c.d. principio dell’affidamento . Il suddetto principio, di origine pretoria, è stato elaborato in relazione alla prestazione medico- sanitaria svolta in equipe ovvero eseguita da una pluralità di agenti in modo coordinato (congiuntamente o disgiuntamente) tale da realizzare una successione cronologica nella posizione di garanzia . L’orientamento della giurisprudenza di legittimità è consolidato nel ritenere responsabili tutti i soggetti che, nell’assumere la posizione di garanzia , abbiano posto in essere una condotta colposa che sia stata eziologicamente collegata alla determinazione dell’evento ( principio​dell’equivalenza delle cause ); eccezion fatta dei in cui sia possibile rilevare l’efficacia esclusiva della causa successiva in ordine di tempo, avente carattere eccezionale ed imprevedibile. Sul punto si menziona anche Cassazione n. 27314/2017 che afferma: ” in tema di colpa professionale, in caso di intervento chirurgico in equipe, il principio per cui ogni sanitario è tenuto a vigilare sulla correttezza dell’attività altrui, se del caso ponendo rimedio ad errori che siano evidenti e non settoriali, rilevabili ed emendabili con l’ausilio delle comuni conoscenza scientifiche del professionista medio, non opera in relazione alle fasi dell’intervento in cui i ruoli e i compiti di ciascun operatore sono nettamente distinti, dovendo trovare applicazione il diverso principio dell’ affidamento per cui può rispondere dell’errore o dell’omissione solo colui che abbia in quel momento la direzione dell’intervento o che abbia commesso un errore riferibile alla sua specifica competenza medica, non potendosi trasformare l’onere di vigilanza in un obbligo generalizzato di costante raccomandazione al rispetto delle regole cautelari e di invasione negli spazi di competenza altrui “). Pertanto, una condotta omissiva può dirsi causa (o concausa) dell’evento qualora quest’ultimo, secondo la migliore scienza ed esperienza del momento storico, sia conseguenza certa o altamente probabile del mancato rispetto (omissione) della doverosa regola cautelare che non è stata seguita.

Avv. Alessandro Paccosi

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