Leucemia linfoblastica acuta e decesso del bambino

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Leucemia linfoblastica acuta e decesso del bambino

Leucemia linfoblastica acuta e decesso del paziente in una decisione della Suprema Corte che pone in evidenza la centralità del consenso informato (Cassazione civile sez. III, 05/09/2022, n.26104).

Leucemia linfoblastica che conduce al decesso il bambino è posta alla base della vicenda processuale in esame.

A seguito del decesso del bambino, i genitori presentavano diverse denunce; dopo l’espletamento delle indagini preliminari il Tribunale di Bari dichiarava i Medici colpevoli dei reati di cui agli artt. 110,81 e 476 c.p. per avere, in concorso tra loro, falsificato la cartella clinica del bambino facendo risultare come avvenute delle analisi della coagulazione del sangue in realtà mai effettuate e rigettava l’istanza di risarcimento danni avanzata dalle parti civili costituite.

La Corte d’Appello di Bari limitava la colpevolezza degli imputati per i reati di cui agli artt. 110,81 e 476 c.p. “alla falsificazione della data riportata sul report di stampa e sulla scheda cartonata relativa alle analisi effettuate sui prelievi del 20 agosto” assolvendoli – in quanto il fatto non sussiste – dalle residuali ipotesi di falsità accertate in primo grado e confermando nel resto l’impugnata sentenza.

Avverso tale decisione ricorrevano in Cassazione gli imputati, le parti civili e il Pubblico Ministero, che chiedeva la condanna per omicidio colposo.

La Cassazione, con la sentenza n. 22192/08, depositata il 3 giugno 2008, rigettava i ricorsi degli imputati, accoglieva le doglianze dei coniugi ed annullava la sentenza impugnata agli effetti civili, rinviando, ai sensi dell’art. 622 c.p.p., al Giudice civile competente per valore in grado di Appello.

In particolare, la Corte accertava un evidente difetto di motivazione della sentenza impugnata per vizi di preterizione, non essendosi la Corte territoriale pronunciata su decisive deduzioni svolte dalle parti civili nei motivi di appello, deduzioni con cui erano state avanzate specifiche e rigorose censure nei confronti della decisione di primo grado.

Riassunto il giudizio, la Corte d’Appello civile di Bari rigettava la domanda di risarcimento del danno formulata dagli attori in riassunzione e disponeva l’integrale compensazione delle spese di lite.

In particolare il Giudice territoriale accertava la conformità della terapia seguita dai sanitari al protocollo AIEOP-95.02 – non altrimenti sostituibile per la cura della leucemia linfoblastica acuta escludendo che i farmaci somministrati al bambino e il negligente monitoraggio dell’assetto coaugulativo del sangue da parte del Medico avessero influito sul decesso, che era da ricondursi con elevato grado di probabilità “alla comparsa improvvisa di sepsi dovuta ad infezione da Staphyloccus seguita da grave neutropenia”.

Escludeva, inoltre, che potesse costituire oggetto di accertamento – in quanto mai messa in discussione dalla Suprema Corte – la violazione degli obblighi informativi, trattandosi di un deficit conoscitivo in ogni caso irrilevante rispetto all’exitus del piccolo paziente.

Sulla applicazione del protocollo terapeutico della leucemia linfoblastica gli Ermellini richiamano le conclusioni dei CTU che hanno stabilito “nella documentazione in atti non risulta allegato alcun consenso informato sottoscritto da entrambi i genitori del piccolo relativo alla terapia sperimentale messo in atto, risulta unicamente allegato un modulo di consenso informato sottoscritto dalla madre, relativo alla somministrazione di una variante dell’L-Asparaginasi, che per i contenuti e le modalità di presentazione appare carente ed inadeguato. La mancanza di una valida documentazione scritta attestante l’effettuazione di una idonea informazione ai genitori rappresenta un elemento che contraddice una doverosa responsabilità di comportamento dei sanitari dell’ospedale il riferimento ad un percorso farmacologico sperimentale che esplicitamente lo richiedeva.”

Il Giudice del rinvio ha violato i parametri del thema decidendum indicato dalla Suprema Corte che riguarda “le modalità di esecuzione dello stesso protocollo della leucemia linfoblastica con riferimento alle censure delle parti civili circa il negligente monitoraggio dell’assetto coagulativo del sangue, l’utilizzo arbitrario di farmaci alternativi, il doveroso coinvolgimento dei genitori nella scelta della sperimentazione terapeutica, per offrire loro la possibilità di optare tra farmaci alternativì.”

Pertanto, si è violato con la sentenza impugnata il diritto all’autodeterminazione dei genitori.

Sul punto viene rammentato con fermezza che “ la manifestazione del consenso del paziente (o genitori se il paziente è minorenne) alla prestazione sanitaria costituisce esercizio del diritto fondamentale all’autodeterminazione in ordine al trattamento medico propostogli e, in quanto diritto autonomo e distinto dal diritto alla salute, trova fondamento diretto nei principi degli artt. 2,13 e 32, comma 2, Cost.”.

In sostanza, non può affermarsi una assoluta autonomia dei due illeciti (lesione alla autodeterminazione e alla salute) tale da escludere ogni interferenza tra gli stessi nella produzione del medesimo danno; è possibile, invece, che anche l’inadempimento dell’obbligazione relativa alla corretta informazione sui rischi e benefici della terapia si inserisca tra i fattori “concorrenti” della serie causale determinativa del pregiudizio alla salute, dovendo quindi riconoscersi all’omissione del medico una astratta capacità plurioffensiva, potenzialmente idonea a ledere due diversi interessi sostanziali, entrambi suscettibili di risarcimento qualora sia fornita la prova che dalla lesione di ciascuno di essi siano derivate specifiche conseguenze dannose.

Ebbene, nel caso di specie i ricorrenti hanno correttamente censurato la sentenza impugnata in quanto con i motivi di ricorso hanno riproposto che la mancanza di informativa abbia leso il loro diritto (in qualità di genitori) all’autodeterminazione nelle cure del figlio.

Infine, per quanto riguarda la terza doglianza in punto di nesso causale, la Corte territoriale con motivazione logica ed esaustiva ha escluso che la condotta dei sanitari abbia contribuito alla serie causale culminata col decesso del bambino.

Conclusivamente, la Suprema Corte accoglie il primo e il secondo motivo di ricorso, come motivazione, rigetta il terzo, cassa in relazione la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Bari in diversa composizione.

Avv. Emanuela Foligno

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