Biopsia linfonodale erroneamente eseguita (Tribunale Milano, Giudice Dott. P. Gandolfi, Sentenza n. 6599/2022 pubbl. il 26/07/2022 RG n. 14503/2017).

Biopsia linfonodale erroneamente eseguita provoca la lesione del nervo spinale del paziente.

Il paziente agisce in giudizio nei confronti dell’Azienda Ospedaliera per sentirla condannare al risarcimento del danno alla salute subito in conseguenza di una biopsia linfonodale che avrebbe causato una lesione del nervo accessorio spinale.

Preliminarmente, il Tribunale previa ampia disamina giurisprudenziale, dà atto che la responsabilità della struttura sanitaria è qualificabile come contrattuale ex art. 1218 c.c..

Pertanto, è onere della struttura sanitaria convenuta provare di aver esattamente adempiuto alle proprie prestazioni o che il danno lamentato da controparte non è loro imputabile.

I CTU, hanno accettato la sussistenza di un nesso di causalità fra la biopsia linfonodale eseguita in data 23.11.2011 e la lesione del nervo accessorio spinale.  

“Si tratta infatti di una patologia che deriva da una lesione comunemente associata alla biopsia del linfonodo cervicale, colpisce il 3 -6% dei pazienti , e che, in pazienti sani, come era l’attore, è cagionata necessariamente da cause di origine traumatica. In particolare, gli esiti, ormai consolidati, certamente legati alla biopsia linfonodale eseguita in data 23/11/11 di lesione iatrogena del nervo accessorio spinale (SAN)  sono senza dubbio da ascrivere alla biopsia linfonodale laterocervicale destra, perché tale patologia non riconosce che cause traumatiche in soggetti perfettamente sani. Pertanto, deve affermarsi che nel caso di specie trattasi di lesione nervosa metachirurgica in evidente nesso di causa con l’intervento subito dal paziente. Tale complicanza, nota in Letteratura, risulta prevedibile nella misura della sua incidenza sopra riportata, ma senz’altro prevenibile con una accurata dissezione dei piani anatomici ed un corretto riconoscimento e preservazione della struttura nervosa . Si tratta peraltro, di una pratica routinaria e non essendo descritte nel verbale operatorio particolari difficoltà tecniche, né tantomeno la necessità di dover sacrificare la struttura nervosa in oggetto, tale complicanza risulta la conseguenza di una errata conduzione dell’in tervento chirurgico”.

Inoltre, dalla disamina della storia clinica documentata, emerge altresì un errore dei sanitari anche nella fase successiva all’esecuzione della biopsia, poiché i CTU hanno ritenuto profili di malpractice medica anche nel mancato tempestivo riconoscimento dell’avvenuta lesione iatrogena, in tempo utile per ipotizzare un trattamento chirurgico (circa 6 mesi), riconducibile al ricovero presso il reparto di Medicina Interna del medesimo nosocomio del Luglio 2012.

In conclusione, i CTU hanno accertato un danno biologico permanente del 14% , in relazione al danno nervoso periferico nitidamente emerso, facendo riferimento alla miglior situazione possibile che il paziente si attendeva di ottenere dall’intervento (biopsia linfonodale senza lesione nervosa periferica).

Il collegio peritale non ha riscontrato in capo all’attore alcun danno da inabilità temporanea, nè assoluta che relativa. Ciò in quanto il danno si è via via connotato ab initio quale permanente e definitivo senza alcun passaggio acuto.

Nel caso di specie, per quanto concerne il danno biologico permanente subito dall’attore , gli importi standard indicati nella tabella milanese a titolo di danno biologico dinamico – relazionale e di sofferenza interiore media presumibile vengono ritenuti equi in quanto nessuna componente di ulteriore e specifica sofferenza interiore è stata accertata dai CTU, che non hanno ritenuto sussistente una sofferenza interiore ulteriore rispetto a casi analoghi.

Viene liquidato l’importo di euro 34.127 ,00 a titolo di danno non patrimoniale.

Infine, il Tribunale procede ad un ulteriore aumento dei valori percentuali indicati, risultando provata l’esistenza di alcune circostanze personalizzanti .

In primo luogo, in relazione a pratiche di tipo sportivo, l’attore riferisce che in passato era dedito, quali proprie attività ludiche ricreative, alla pratica di kickboxing e tennis con tanto di partecipazione a “piccoli” tornei, e tale circostanza risulta confermata dalle prove testimoniali.

In secondo luogo, la accertata incapacità lavorativa, debitamente provata e allegata, ha determinato un pregiudizio non patrimoniale rilevante ai fini della personalizzazione del danno biologico.

Pertanto, il Tribunale procede ad un ulteriore aumento dei valori precedentemente indicati per la personalizzazione nella percentuale massima, pari al 45%.

Di conseguenza, il complessivo danno non patrimoniale risarcibile viene liquidato in totale di euro 49.484,15.

Avv. Emanuela Foligno

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