Morte della neonata per colpa del ginecologo (Cassazione penale, sez. IV, dep. 17/06/2022, n.19890) .

Morte della neonata a causa di asfissia per colpa del ginecologo.

La morte della neonata, avvenuta il giorno successivo alla nascita, ha comportato la condanna per omicidio colposo in capo al ginecologo.

La Corte d’Appello ha confermato la sentenza di primo grado con la quale il ginecologo veniva condannato per il reato di omicidio colposo, in cooperazione con il pediatra, ai danni della neonata venuta alla luce atonica, con assenza di battito cardiaco e di respiro spontaneo, con diagnosi di asfissia neonatale grave, deceduta il giorno successivo per insufficienza respiratoria terminale in quadro di gravissima encefalopatia, complicata nelle ultime fasi da un quadro bronco-polmonitico.

Secondo l’accusa, il ginecologo aveva seguito il travaglio di parto della gestante e prestato assistenza al momento della nascita, cagionando la morte della neonata per colpa, per avere disatteso i segnali cardio-tocografici indicativi di sofferenza fetale (decelerazioni del battito variabili) e omesso di registrare l’attività contrattile uterina, così impedendo di rilevare la frequenza e intensità delle contrazioni in una fase cruciale del travaglio e per non avere,  alla comparsa di tali manifestazioni di sofferenza fetale, proceduto urgentemente con il parto, applicando la ventosa ovvero mediante taglio cesareo.

Ed ancora, all’imputato viene contestato di non avere tempestivamente proceduto alla intubazione della neonata, manovra approntata dall’equipe del trasporto neonatale urgente dell’ospedale circa un’ora e undici minuti dopo la nascita.

Le carenze assistenziali, concretizzatesi durante il travaglio e il protrarsi della sofferenza fetale, oltre alle carenze verificatesi nella fase di gestione della neonata nella prima ora di vita, si sovrapponevano a un quadro di compromissione fetale intra partum, concorrendo a determinare l’evento di asfissia e la morte della neonata.

La decisione viene impugnata in Cassazione.

Il ricorso proposto dal ginecologo è inammissibile; quello proposto dalla pediatra è fondato quanto alla verifica del nesso causale tra l’addebito colposo e l’evento.

La gestante era stata sottoposta a epidurale alle 17:20 del 24/11/2014 e, fino alle 17:26, il tracciato cardio-tocografico era stato regolare; dalle 17:30 in poi, invece, e per ben quattro volte consecutive, si erano registrate decelerazioni variabili, significative di prognosi negativa; alle 18:34, dopo induzione, la neonata era nata mediante impiego della ventosa e fu chiaro, sin da subito, che la stessa versava in condizioni gravissime di asfissia neonatale stante l’assenza di battito cardiaco e di respirazione spontanea; praticato dalla Pediatra il massaggio cardiaco, dopo diciassette minuti il battito era riapparso, ma la neonata non respirava autonomamente; di qui la richiesta di intervento dell’unità di trasporto urgente dell’ospedale, tuttavia altrove impegnata e giunta solo alle 19:45; alle 20:00, la neonata veniva intubata dagli operatori di tale unità, con aumento del livello di ossigeno al 100%; le cure praticate non scongiuravano la morte della neonata.

I CTU accertavano che la sofferenza fetale si era verificata prima delle 18:17, momento in cui fu presa la decisione di intervenire, essendo comparsa già alle 17.30, allorché erano iniziate le quattro decelerazioni incisive che avrebbero dovuto indurre il Ginecologo ad accelerare il parto, optando per il taglio cesareo.

Secondo il primo Giudice, il momento andava fissato alle 17:30-17:43, allorché, verificatesi le anomale decelerazioni, il ginecologo avrebbe dovuto procedere alla estrazione del feto e non attendere, come fece, affermando che fino alle 18:17 tutto era normale, addirittura sospendendo il monitoraggio dei battiti e procedendo solo con l’auscultazione diretta di essi ogni cinque minuti.

Confermato, dunque, il giudizio di grave imperizia nella condotta del ginecologo, partendo dalla necessità di intubare la neonata sin da subito.

Ergo, l’omissione della neonatologa risulta in relazione causale con l’evento di asfissia neonatale grave che ha condotto alla morte della neonata, atteso che la stessa era pacificamente in ipossia al momento del parto, cianotica, atonica e con indice di APGAR 1, a nulla rilevando che dopo alcuni minuti di ventilazione l’ossigenazione fosse arrivata al 40% e, quindi, al 80%, poiché era necessario tentare di raggiungere immediatamente il 100%, come avvenuto solo a opera dei sanitari successivamente intervenuti, trattandosi peraltro di manovra facilitata dalla assenza di riflessi della neonata.

Conclusivamente la Suprema Corte, annulla la sentenza impugnata nei confronti della Neonatologa, conferma per il resto e rinvia ad altra sezione della Corte di Appello,

Avv. Emanuela Foligno

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