Il danno erariale trae origine dalla condanna in sede civile di un dirigente medico appartenente alla ASL Toscana (in solido con la struttura sanitaria) al risarcimento dei danni subiti da una paziente a causa della tardiva diagnosi di una patologia tumorale.

Il Giudice civile, infatti, aveva accertato che nel caso di specie il sanitario alle dipendenze della ASL avrebbe dovuto disporre esami approfonditi e non meri controlli di routine, come nei fatti avvenuto. Ove fosse stata tenuta la condotta medica doverosa, secondo il Giudicante, sarebbe stato possibile diagnosticare tempestivamente la patologia e, pertanto, si sarebbe impedita (o quantomeno ridotta) l’evoluzione grave della patologia.

Il sanitario provvedeva a pagare solamente la metà delle somme riconosciute alla danneggiata e, pertanto, il Pubblico Ministero agiva nel confronti del dirigente medico per la quota di risarcimento rimasta a carico dell’Ente, sostenendo che il danno fosse dipeso da una condotta gravemente colposa del medico per non avere prontamente individuato la malattia sulla base della sintomatologia della paziente.

La Sezione Territoriale della Corte dei Conti riconosceva la piena responsabilità del sanitario in quanto era stato dimostrato che quest’ultimo non avesse gestito il caso clinico “… con la dovuta diligenza, adeguatezza e perizia negli accertamenti necessari, sottovalutando segni e sintomi, alla luce delle percentuali statistiche formali, delle quali,  invece, avrebbe dovuto dubitare al persistere del problema rilevato…”.

Di conseguenza, condannava il medico a risarcire il danno indiretto, rifondendo alle finanze pubbliche la parte di pregiudizio economico rimasta a carico dell’Ente sanitario, corrispondente a 35.865,17 euro, oltre alle spese di lite per il giudizio svoltosi dinanzi al Tribunale ordinario, pari ad euro 13.931,43.

La decisione della Corte dei Conti e il danno erariale

Il medico impugnava la sentenza di primo grado dinanzi alla Corte dei Conti sostenendo a propria difesa, in sintesi: l’errata ricostruzione dei fatti, la mancanza dell’elemento soggettivo, l’esclusione del nesso di causa tra la propria condotta e l’evento e, infine, la mancata disposizione di una CTU in virtù dell’autonomia del giudizio per responsabilità erariale rispetto al processo civile. Si costitutiva altresì la Procura Generale contestando le affermazioni del sanitario.

La Corte dei Conti respingeva le doglianze del ricorrente e confermava le conclusioni della Sezione Territoriale (salva la rideterminazione dell’importo) affermando, invero “ … di condividere le ampie e articolate argomentazioni addotte ai fini della condanna emessa nei confronti dell’appellante, in ragione delle valutazioni peritali che hanno posto in rilievo i momenti salienti del progredire della patologia, dalla cui esigibile percezione, con una condotta improntata a maggiore diligenza, avrebbero potuto evitarsi o attenuarsi le conseguenze lesive al fine derivate al soggetto indennizzato”.

In applicazione del potere riduttivo invocato dall’appellante, infine, la Corte dei Conti provvedeva a rideterminare l’importo del risarcimento dovuto all’Erario “ … in euro 36.000,00, con una riduzione nella misura di ¼ della somma stabilita in sentenza (con ragionevole arrotondamento), oltre gli accessori come statuito in primo grado”.

Avv. Alessandro Paccosi

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