È stato assolto dall’accusa di omicidio il medico che aveva in cura una donna morta per una embolia polmonare dopo 4 ore di attesa in ospedale

È stato assolto con formula piena perché il fatto non sussiste il medico del pronto soccorso di Luino (Varese) che aveva in cura una donna morta per una embolia polmonare dopo 4 ore di attesa in ospedale.
Il medico era stato accusato di omicidio colposo, ma per il giudice il fatto non sussiste.
Ma andiamo ai fatti.
Fatma Jejili, morta per una embolia polmonare nell’aprile del 2014, era una 34enne tunisina madre di due bambini.
Si era recata intorno alle 14 al pronto soccorso dell’Ospedale di Luino con difficoltà respiratorie e accusando un dolore alla gola.
La donna poi morta per una embolia polmonare era stata registrata in codice verde.
Dopo essersi seduta aspettando il proprio turno in sala di osservazione, dopo un primo check-up, la donna ha cominciato a sentirsi male.
Dopo qualche ora, infatti, si sono manifestate forti difficoltà respiratorie, e verso le ore 18 è deceduta.
Ad ucciderla, come stabilito dall’autopsia, è stata un’embolia polmonare.

Tuttavia, secondo quanto stabilito dal giudice di Varese Orazio Muscato, il decesso non è da imputarsi al medico del pronto soccorso che la ebbe in cura.

Il dato era emerso già in fase dibattimentale.
Tutte le perizie agli atti, infatti, asserirono che il medico del pronto soccorso non ebbe alcuna responsabilità.
E quello specifico “ritardo” nelle cure non ha in alcun modo influito sulla sorte della 34enne.
C’è però una questione ancora aperta.
Il giudice infatti ha inviato gli atti in procura affinché venga vagliata la posizione di un altro medico, non in servizio all’ospedale di Luino.
Si tratta del medico di famiglia alla quale la donna si rivolse prima di recarsi al pronto soccorso lamentando spossatezza, difficoltà respiratorie e una strana tosse persistente.
Il medico di base della donna morta per embolia polmonare, trattò il caso come fosse una malattia da raffreddamento.
La perizia del consulente dell’accusa, secondo il difensore di parte civile Antonio Battaglia, ha accertato che la donna fu uccisa da un trombo che si staccò dalla gamba e percorse il corpo fino ai polmoni.
Il giudice ha quindi ordinato il rinvio degli atti in procura per chiarire la posizione del medico di base alla quale la donna si rivolse due volte nelle 48 ore precedenti al decesso.
 
 
 
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