Chiuso il caso della morte di Valeria Lembo: uccisa da un maxi dosaggio di Vinblastina nel 2011. Risarcimento di 1 milione di euro per il marito

Novanta milligrammi anziché nove, quella la causa della morte di Valeria Lembo, deceduta per un maxi dosaggio di Vinblastina Valeria Lembo nel 2011.
Adesso, la Corte di Appello ha condannato medici e infermieri responsabili della morte di Valeria Lembo, a risarcire il marito con un 1 milione di euro.

Ma ecco i fatti.

La giovane, 33 anni, il 29 dicembre 2011, durante un day hospital al policlinico di Palermo, ricevette una dose dieci volte superiore al dovuto di Vinblastina. È stato appurato che la disgrazia si verificò in conseguenza di un errore medico.
A distanza di sei anni dalla tragedia, è arriva la sentenza dei giudici della sesta sezione della Corte d’appello. Sono stati previsti degli sconti di pena per la specializzanda Laura Di Noto, condannata a quattro anni e quattro mesi. Per lei, ne erano stati chiesti 7.

Due anni e dieci mesi per l’infermiera Clotilde Guarnaccia (chiesti quattro anni); quattro anni e otto mesi per l’altro specializzando Alberto Bongiovanni (sei anni e sei mesi chiesti in primo grado); due anni e sei mesi per l’infermiera Elena Demma (invece di 4 anni). Infine, all’ex primario di Oncologia medica delle cliniche universitarie, Sergio Palmeri, sono stati confermati quattro anni e sei mesi.

Una tragedia gravissima quella della donna morta per un maxi dosaggio di Vinblastina, una storia che adesso arriva a una fine, con la decisione dei giudici.
I familiari della donna presentarono denuncia alle autorità competenti subito dopo la morte della donna. Secondo le ricostruzioni eseguite dopo la tragedia, per via di una serie di errori medici, a Valeria Lembo fu somministrato un dosaggio dieci volte superiore a quello richiesto per il trattamento del linfoma di Hodgkin da cui era affetta e al quale quasi certamente sarebbe sopravvissuta.
Nello specifico, le vennero somministrati 90 grammi anziché 9.
La donna era diventata mamma da soli otto mesi e aveva accusato un malore poco dopo essersi sottoposta al trattamento nel policlinico di Palermo, dove era stata nuovamente operata. I medici – come riferito dalla famiglia – avrebbero inizialmente nascosto l’errore.
La Vinblastina somministrata ad un dosaggio dieci volte superiore provocò la morte della ragazza tra dolori atroci nel giro di pochi giorni.

Ora è appurato che a causare la tragedia fu una cancellatura effettuata in maniera impropria sulla cartella clinica.

“Quando mi hanno chiamato dalla farmacia dell’ospedale per dirmi che avevano solo 70 mg del farmaco – raccontava nel marzo 2015 la dottoressa Di Noto – sono andata a controllare la cartella clinica, facendo attenzione, come da prassi, sia alla prescrizione del 7 dicembre che a quella precedente. Erano uguali, sempre 90 mg. Così dissi che era tutto giusto, non mi vennero dubbi”.
Lo specializzando Bongiovanni, nel corso dell’interrogatorio, avrebbe ammesso di aver alterato la cartella clinica cancellando lo “zero” in più nella prescrizione.
“Sapevo che quella dose era impossibile da iniettare a bolo lento – ha dichiarato – e che in tutta la cartella erano indicati 9 milligrammi. Lo dico perché sono farmaci che si somministrano in una sola dose, come da conoscenza di base“.
In aula fu chiamato anche Palmeri che dichiarò: “Sono dispiaciuto, esprimo tutto il mio dolore alla famiglia della signora Lembo, ma non mi sento responsabile“.
Adesso il risarcimento da 1 milione di euro mette la parola fine alla vicenda, ma non certo al dolore dei familiari.
 
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