La relazione medico legale sottolinea come il giovane, morto a 13 anni lo scorso Natale, sarebbe deceduto per le conseguenze di un diabete giovanile non diagnosticato 

Sarebbe stata “una catena di errori individuali ed organizzativi” a causare il decesso di un ragazzo, morto a 13 anni a Salerno il giorno dell’ultimo Natale.

La vicenda, che vede indagati sette medici, risale allo scorso 23 dicembre, quando il giovane si era sentito male a casa. La madre lo aveva portato al Pronto Soccorso dell’Ospedale ‘Ruggi’ di Salerno. In tarda serata era stato dimesso.

Nel referto del medico di turno si legge: “Il ragazzo dopo l’assunzione di tachipirina ha presentato difficoltà respiratorie edema della lingua e del labbro inferiore. Condizioni generali buone. Apiressia. Microcefalia scoliosi. Paziente vigile ed orientato. Al torace MV fisiologico. Addome piano trattabile OI nei limiti. Faringe iperemico lingua umida”.

Due giorni dopo l’adolescente morì. Per i consulenti incaricati dalla Procura di Salerno il ragazzo sarebbe deceduto per un edema cerebrale e polmonare.

Il tredicenne, secondo quanto riporta il quotidiano La Città, era affetto da diabete giovanile di tipo 1 già da alcune settimane precedenti il ricovero. La relazione verbalizzata dopo l’autopsia evidenzia che  i medici curanti del piccolo e chi ha avuto contatto con lui avrebbero ignorato i sintomi di tale patologia. “Un banale esame delle urine ed un esame ematologico per la valutazione della glicemia avrebbero certamente evitato la grave Dka (chetoacidosi diabetica, ndr)”. Molto probabilmente, anche il decesso del paziente si poteva scongiurare.

Inoltre, secondo i periti, anche il medico curante contattato dalla madre dopo l’accesso al Pronto Soccorso non sarebbe esente da responsabilità. Sulla base dei sintomi riferiti, infatti, avrebbe dovuto consigliare una visita ed eseguire degli esami di laboratorio.

Gli esperti si soffermano poi sull’operato del medico del 118 intervenuto il 25 dicembre in soccorso del giovane.

In questo caso il camice bianco avrebbe impropriamente somministrato un bolo di insulina. Il tutto “con grave rischio per il paziente e contro tutte le indicazioni sul trattamento del diabete”.

Solo in seguito al secondo accesso al Ruggi dal prelievo ematico risultò un valore altissimo della glicemia. A quel punto la disidratazione e l’edema cerebrale e polmonare erano però irreversibili.

Infine la relazione evidenzia come il paziente con Dka severa “doveva essere al più presto trasferito  in una struttura regionale adeguata”. Quanto meno, “doveva esserci una presenza attiva in reparto del direttore dell’unità operativa e di un esperto in diabetologia pediatrica”.

La parola passa ora quindi all’autorità giudiziaria, che dopo aver sentito in contraddittorio gli indagati ed i loro consulenti, dovrà prendere le necessarie decisioni.

 

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