Ancora in molti fanno confusione sul significato della perdita di chance e ciò è verosimilmente dovuto alla scarsa conoscenza del significato del nesso di causalità

Provo una forte emozione a leggere la sentenza che si allega in calce specie quando in essa il giudice disquisisce sul nesso di causalità.

Ma ancor più quando il Giudice condanna alle spese la convenuta struttura per lite temeraria per non aver partecipato alla mediazione e non aver fatto una proposta reale agli attori dopo il 696bis.

Io penso che se queste sentenze fossero più frequenti nel giro di qualche anno si accorcerebbero i lunghi tempi della giustizia civile. Da sempre affermo che l’attore principale di un processo è il Giudice e non il ricorrente, perché da esso vengono controllati anche i comportamenti delle parti in causa. Un rigore “vero” sfoltirebbe molto i ruoli dei giudici i quali, così, potrebbero verosimilmente accorciare i tempi di fissazione delle udienze.

Ma andiamo al caso specifico del quale si riporta il passo che si ritiene decisivo e fondamentale per la cultura di chi pratica il diritto e la medicina legale (appunto sul nesso di causalità e la perdita di chance).

“…Il fatto che il ctu, che è un medico e non un giurista, abbia utilizzato la locuzione “sarebbe sopravvissuta con una probabilità del 60/70%, e abbia richiamato la chance di sopravvivenza, non deve vincolare il Giudice al fine di qualificare il danno in termini di perdita di chance, laddove, come in questo caso, è chiaro che il ctu abbia inteso porre una relazione causale diretta anche se non certa, ma comunque altamente probabile, tra il decesso e le mancate cure tempestive della patologia infartuale in atto, e che poteva essere trattata in un centro specializzato salvando la vita della paziente con una probabilità del 60/70%. Il discorso del ctu è un discorso evidentemente di causalità piuttosto che di qualificazione del tipo di danno prodotto”.

Come più volte rappresentato sulle pagine di questo quotidiano, bisogna considerare il nesso che collega due eventi come una retta numerica che va da 1 a 100, dove 1 rappresenta il più debole nesso e 100 la certezza del nesso tra i due eventi.

Com’è noto la perdita di chance rappresenta la perdita della possibilità di raggiungere un obiettivo che è altra cosa rispetto al mancato raggiungimento di un obiettivo.

Ora, in riferimento alla responsabilità medica, l’errore del medico (sia esso omissivo che commissivo) genera un danno evento che rappresenta in sé una perdita di chance per il paziente di raggiungere il risultato ottenibile dalla terapia eseguita dal medico stesso.

Il legame tra l’inadempimento (o l’errato adempimento) del medico e il danno conseguenza lamentato dal paziente o dai suoi eredi è rappresentato dal nesso di causalità (giuridica) che esiste tra di essi.

Dovendo partire dall’errore del medico che di per sé genera una perdita di chance (di occasione) bisognerà analizzare quanta chance l’errore ha fatto perdere. Il peso della chance altro non rappresenta che il legame tra i due fatti/eventi.

Ricordando come in sede civile l’efficienza della causalità è regolata dalla locuzione del “più probabile che non” e come essa rappresenta un punto della (succitata) retta della “causalità” situato oltre la metà (oltre il 50%).

Dunque, come la consolidata giurisprudenza di Cassazione insegna, affermare che un errore ha leso la probabilità di raggiungere un obiettivo oltre il 50% significa che ha prodotto un tipo di danno che non è la possibilità di raggiungere quell’obiettivo (tipo di danno = perdita di chance), ma ha prodotto un diverso tipo di danno che è quello del “mancato raggiungimento di raggiungere un obiettivo prefissato” (ossia la guarigione o il prolungamento della vita, ad esempio).

In conclusione, come ben affermato dal Giudice Toscano, il medico legale affermando che l’inadempimento dei sanitari ha tolto alla paziente il 60-70% di chance di sopravvivenza, significa che senza quell’inadempimento sanitario non sarebbe morta quando è, invece, morta!

Ottima, giusta e condivisibile la condanna per lite temeraria per un importo pari agli onorari liquidati per le spese di assistenza legale.

Dr. Carmelo Galipò

(Pres. Accademia della Medicina Legale)

Leggi la sentenza

 

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