La legge sull’ omofobia, dopo l’approvazione alla Camera nel settembre 2013, si è inabissata in Senato

Approvata dopo un iter complicato il 19 settembre del 2013, la legge sull’omofobia promossa dal sottosegretario Dem Ivan Scalfarotto è, ad oggi, ancora ferma in Commissione giustizia del Senato. Il testo non è nel calendario dell’Aula e non procede più, e gli emendamenti – diverse centinaia – sono stati presentati molto tempo fa.
La legge sull’omofobia introdurrebbe nel nostro ordinamento il reato di discriminazione e istigazione all’odio e alla violenza omofobica e, nella legge Mancino, l’aggravante di omofobia.
Per chi istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi fondati sull’omofobia o transfobia viene previsto il carcere fino a un anno e 6 mesi o la multa fino a 6.000 euro. Reclusione da 6 mesi a 4 anni per chi in qualsiasi modo “istiga a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi fondati sull’omofobia o transfobia”. Stessa pena per chiunque partecipi – o presti assistenza – a organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi aventi tra i propri scopi l’incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi fondati sull’omofobia o transfobia. La pena per coloro che promuovono o dirigono tali formazioni, invece, è ben più seria: da 1 a 6 anni di reclusione.
Infine, la legge sull’omofobia prevede che l’Istat faccia rilevazioni con cadenza almeno quadriennale sulle discriminazioni e sulla violenza, misurandone le caratteristiche fondamentali e individuando i soggetti più esposti al rischio.
Il provvedimento fu però “ammorbidito” da uno specifico emendamento – poi passato alla Camera – firmato da Gregorio Gitti (ex Scelta Civica e oggi PD) finalizzato a salvare dalla legge chi esprimesse opinioni considerate omofobiche. Si legge infatti nel testo: «Non costituiscono discriminazione, né istigazione alla discriminazione, la libera espressione e manifestazione di convincimenti od opinioni riconducibili al pluralismo delle idee, purché non istighino all’odio o alla violenza, né le condotte conformi al diritto vigente ovvero anche se assunte all’interno di organizzazioni che svolgono attività di natura politica, sindacale, culturale, sanitaria, di istruzione ovvero di religione o di culto, relative all’attuazione dei princìpi e dei valori di rilevanza costituzionale che connotano tali organizzazioni». Una modifica che, comprensibilmente, aveva scatenato le ire di tutte le associazioni Lgbt, che inizialmente avevano disconosciuto la legge sull’omofobia così congeniata, tacciando di alto tradimento lo stesso Scalfarotto. Che difese il provvedimento sostenendo che, grazie a esso, sarebbe stato finalmente possibile equiparare omofobia e transfobia a razzismo, xenofobia e antisemitismo.
Oltre a lui, anche Walter Verini, capogruppo Pd in commissione Giustizia alla Camera, difende, ancora oggi, la legge. “È stato un passo avanti, e fu approvata a larghissima maggioranza, compresi i cattolici del Pd – dichiara Verini a “La Stampa” – e quell’emendamento pone un confine tra chi esprime una opinione, anche sbagliata, e chi incita alla discriminazione per motivi di orientamento sessuale”. Un testo di mediazione, insomma, che però – pur con tutte le modifiche del caso – risulta ancora fermo in Senato.
Perché? “Non si arriverà da nessuna parte”, ha dichiarato a “La Stampa” Rosaria Capacchione, la relatrice. Che aggiunge: “Il testo arrivato dalla Camera non funziona, introduce nell’ordinamento una sorta di tolleranza verso condotte inaccettabili e discriminatorie”. E la Capacchione si dice anche poco ottimista sulla possibilità di introdurre queste modifiche, essendo Ncd contrario e il M5S sostanzialmente diviso a riguardo. L’unica soluzione per la legge sull’omofobia potrebbe essere il voto di fiducia, così come fu per le Unioni Civili. Ma in molti si dicono scettici sulla concreta possibilità che ciò accada.
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