La struttura sanitaria deve anche tenere, per il tramite dei suoi operatori, condotte adeguate alle condizioni del paziente e in rapporto alle precarie disponibilità di mezzi e risorse

Con la pronuncia n. 6689 depositata il 19 marzo 2018 la terza Sezione Civile della Suprema Corte ha analizzato, offrendo interessanti spunti, il rapporto struttura sanitaria – paziente ed il rapporto paziente medico.

Gli Ermellini hanno osservato che nell’esercizio dell’attività medica bisogna sempre distinguere tra due responsabilità: quella gravante sulla struttura sanitaria e quella di cui è chiamato a rispondere il singolo medico che, in concreto, ha posto in essere la condotta colposa fonte di pregiudizio per il paziente.

La dottrina e la giurisprudenza, con riferimento alla prima ipotesi, hanno sempre concordemente ritenuto che la medesima ricada nell’ambito della responsabilità contrattuale, e tanto perchè l’accettazione del paziente in ospedale, ai fini del ricovero o di una visita ambulatoriale, comporta sempre la conclusione di un contratto.

Non può essere ignorato come il rapporto paziente-struttura vada considerato in maniera autonoma rispetto a quello paziente-medico, e qualificato come un autonomo e atipico contratto a prestazioni corrispettive, che da taluni viene definito contratto di spedalità e da altri contratto di assistenza sanitaria, e al quale vengono applicate le regole ordinarie sull’inadempimento stabilite dall’art. 1218 c.c..

La conseguenza di tanto è che la responsabilità che fa capo all’ente prescinde dall’accertamento di una condotta negligente dei singoli operatori, e trova invece la propria fonte nell’inadempimento delle obbligazioni ad esso direttamente riferibili, che vanno ben oltre la fornitura di prestazioni alberghiere, in quanto comprendono anche la messa a disposizione di personale medico, ausiliario e paramedico, l’apprestamento di medicinali e di tutte le attrezzature necessarie anche per eventuali complicazioni.

Ed è proprio in base alla sussistenza di un contratto che la struttura sanitaria deve fornire al paziente una prestazione assai articolata, che viene definita genericamente di “assistenza sanitaria”, e che comprende, oltre alla prestazione principale medica, anche tutta una serie di obblighi c.d. di protezione e accessori.

Ed è con la massima prudenza e diligenza che l’ospedale deve adempiere la propria prestazione.

La struttura sanitaria, inoltre, non solo deve osservare le normative di ogni rango in tema di dotazione e struttura delle organizzazioni d’emergenza, ma deve anche tenere, in concreto, per il tramite dei suoi operatori, condotte adeguate alle condizioni del paziente e in rapporto alle precarie disponibilità di mezzi e risorse, adottando di volta in volta “le determinazioni più idonee a scongiurare l’impossibilità di salvataggio del soggetto leso”.

Da tanto deriva, per la Suprema Corte, che può sussistere una responsabilità contrattuale della struttura verso il paziente danneggiato:

  • per fatto del personale medico dipendente,
  • per fatto del personale ausiliario,
  • per fatto della struttura stessa, in caso di insufficiente o inidonea organizzazione.

Su tale qualificazione non incide, secondo la Corte, la norma dettata dal D.L. 13 settembre 2012, n. 158, art. 3, comma 1, convertito dalla L. 8 novembre 2012, n. 189 (comma ora abrogato dalla L. 8 marzo 2017, n. 24, art. 6, comma 2), per due ordini di motivi:

  • perché non suscettibile di applicazione retroattiva a fattispecie anteriore alla sua entrata in vigore,
  • perché riferibile alla sola responsabilità dell’esercente la professione sanitaria.

Questo inquadramento risulta confermato, per ciò che attiene la struttura sanitaria, anche dalla Legge 8 marzo 2017 n. 24 che, al primo comma dell’art. 7, sancisce il principio per cui le strutture sanitarie o socio-sanitarie, siano esse pubbliche o private, rispondono sempre a titolo contrattuale nei confronti dei pazienti.

Ebbene, appare avidente che dalla ricostruzione in termini autonomi del rapporto struttura-paziente rispetto al rapporto paziente-medico, discendono importanti conseguenze sia sul piano della affermazione di responsabilità, che su quello della ripartizione e del contenuto degli oneri probatori.

Sul piano della responsabilità, infatti, nel caso in cui si ritenga sussistente un contratto di spedalità tra struttura sanitaria e paziente, la responsabilità della stessa esula dalla responsabilità o dall’eventuale mancanza di responsabilità del medico in ordine all’esito infausto di un intervento o al sorgere di un danno che, come nel caso della pronuncia in esame, non ha connessione diretta con l’esito dell’intervento chirurgico.

Passando poi al tema del riparto degli oneri di allegazione e prova si osserva che l’inadempimento rilevante nell’ambito dell’azione di responsabilità per risarcimento del danno nelle obbligazioni c.d. di comportamento non è qualunque inadempimento, ma solo quello che costituisce causa, ovvero concausa, efficiente del danno.

Tanto fa sì che l’inadempimento allegato dal creditore non essere un inadempimento qualsiasi, bensì un inadempimento qualificato, e cioè astrattamente efficiente alla produzione del danno.

Sara compito del debitore, invece, quello di dimostrare che l’inadempimento non vi è stato, ovvero che, pur sussistendo, non è stato nella fattispecie idoneo a causare il danno.

Avv. Maria Teresa De Luca

 

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