L’obbligatorietà del procedimento 696bis prima della instaurazione della causa (anche se all’ultimo momento hanno reinfilato la mediazione come alternativa) così com’è prevista dall’art. 8 del DDL Gelli piacerà ai giudici?
Perché questa domanda? Riportiamo l’articolo 8 per intero e quindi arriviamo al punto.

  1. Chi intende esercitare un’azione innanzi al giudice civile relativa a una controversia di risarcimento del danno derivante da responsabilità sanitaria è tenuto preliminarmente a proporre ricorso ai sensi dell’articolo 696-bis del codice di procedura civile dinanzi al giudice competente.
  2. La presentazione del ricorso di cui al comma 1 costituisce condizione di procedibilità della domanda di risarcimento. E’ fatta salva di esperire in alternativa il procedimento di mediazione ai sensi dell’articolo 5, comma 1-bis, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28. In tali casi non trova invece applicazione l’articolo 3 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014, n. 162. L’improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d’ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza. Il giudice, ove rilevi che il procedimento di cui all’articolo 696-bis del codice di procedura civile non è stato espletato ovvero che è iniziato ma non si è concluso, assegna alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione dinanzi a sé dell’istanza di consulenza tecnica in via preventiva ovvero di completamento del procedimento.
  3. Ove la conciliazione non riesca o il procedimento non si concluda entro il termine perentorio di sei mesi dal deposito del ricorso, la domanda diviene procedibile e gli effetti della domanda sono salvi se, entro novanta giorni dal deposito della relazione o dalla scadenza del termine perentorio, è depositato, presso il giudice che ha trattato il procedimento di cui al comma 1, il ricorso di cui all’articolo 702-bis del codice di procedura civile. In tal caso il giudice fissa l’udienza di comparizione delle parti; si applicano gli articoli 702-bis e seguenti del codice di procedura civile.
  4. La partecipazione al procedimento di consulenza tecnica preventiva di cui al presente articolo, effettuato secondo il disposto dell’articolo 15 della presente legge, è obbligatoria per tutte le parti, comprese le imprese di assicurazione di cui all’articolo 10, che hanno l’obbligo di formulare l’offerta di risarcimento del danno ovvero comunicare i motivi per cui ritengono di non formularla. In caso di sentenza a favore del danneggiato, quando l’impresa di assicurazione non ha formulato l’offerta di risarcimento nell’ambito del procedimento di consulenza tecnica preventiva di cui ai commi precedenti, il giudice trasmette copia della sentenza all’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni (IVASS) per gli adempimenti di propria competenza. In caso di mancata partecipazione, il giudice, con il provvedimento che definisce il giudizio, condanna le parti che non hanno partecipato al pagamento delle spese di consulenza e di lite, indipendentemente dall’esito del giudizio, oltre che ad una pena pecuniaria, determinata equitativamente, in favore della parte che è comparsa alla conciliazione.

Dopo un’attenta lettura di tale articolo si può sintetizzare quanto segue:
Novità:

  • obbligatorietà per tutte le parti di partecipare alla consulenza tecnica preventiva (strutture e, ove presenti, le compagnie di assicurazioni);
  • massima durata del procedimento di 6 mesi;
  • dopo 6 mesi e non oltre i 3 mesi successivi il paziente può presentare ricorso 702bis, e nel caso in cui la conciliazione non si è conclusa il giudice concede 15 giorni per terminare o iniziare ove non sia stata espletata;
  • obbligo della Compagnia di assicurazione di formulare un’offerta in caso di esito positivo per il paziente della ctu o di specificare per iscritto il motivo del rifiuto.

Reali ostacoli alla buona riuscita della procedura di conciliazione:

  • verosimile impossibilità di chiudere in 6 mesi la conciliazione con il procedimento 696bis;
  • aumento dei costi per il paziente in quanto bisognerà procedere con 702bis entro i 3 mesi successivi;
  • tendenza di alcuni tribunali a qualificare il procedimento 696bis come utile solo ai fini conciliativi;
  • tendenza di alcuni tribunali a convertire il rito 702bis rinnovando la consulenza di ufficio.

Allora si può rispondere alla domanda fatta in premessa? I giudici saranno contenti di questa legge o continueranno a snobbare un procedimento utile a realizzare una “cosciente” conciliazione?
Dovremmo essere dei profeti per rispondere con efficacia a tale quesito e quindi solo il tempo ci darà risposta; certo però che un tale cambiamento non può che passare attraverso una maggiore severità dei Giudici nei confronti dei ctu (che non spesso rispettano i già lunghi tempi per stilare la bozza di relazione) e di tutte le parti.
In verità tutto si può fare se solo si ha la volontà di cambiare le cose e le storture del sistema. Per questo rinnovo la necessità di un albo di professionisti che lavorino in qualità e in esclusiva per i tribunali perché il processo può essere più celere se:

  • i CTU impiegassero al massimo 60 giorni per redigere la bozza di relazione e non lasciassero dubbi a nessuno nella relazione definitiva;
  • i Giudici stringessero i rinvii delle udienze in un massimo tre mesi;
  • si cominciasse a comprendere che la ctu in tema di responsabilità professionale medica è il vero e unico mezzo di prova e tutto il resto delle prove si può realizzare con un procedimento sommario obbligando semmai a depositare gli atti necessari nel deposito della citazione e nella comparsa di costituzione (ci si riferisce al danno patrimoniale e alla sofferenza del danneggiato o dei suoi congiunti che spesso si può valutare con la presunzione o comunque con il deposito di dichiarazioni di frequentazione degli eredi con la vittima primaria).

Insomma questione di volontà e non di impossibilità e questo l’ho sempre sostenuto!

 Dr. Carmelo Galipò

(Pres. Accademia della Medicina Legale)

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1 commento

  1. Ma se il CTU che esegue un atp in corso di causa o prima della causa viene preso a 40 Km dalla sede del “misfatto” e esegue una CTIU che diciamo ha molte “imprecisioni”, non considera la documentazione depositata (cartelle cliniche, esami strumentali riportanti il danno, pone orari, alla visita sbaglia dimensioni e sede della lesione etc…) come possiamo avere fiducia sull’imparzialità? Le riproto la mia storia di medico danneggiato da malpractice e ora danneggiato anche per le corbellerie mediche che questi CTU hanno scrittto che sono un offesa alle conoscenze mediche e alla logica e buon senso.
    Vi racconto la mia storia per essere chiara:
    Eventi in breve: travaglio con bambino fermo a -2/-1 con decelerazioni da ore, comparsa di una bradicardia e, durante i 20 minuti di bradicardia, sempre con feto fermo a -2/-1 per doppio giro di cordoni (al collo e a bandoliera) e testa deflessa, somministrazione di ossitocina (il ctg riporta contrazioni valide durante la bradicardia e in tutta la registrazione), posizionamento di ventosa (controindicata per la stazione del feto e ctg) con ampia episiotomia + kristeller (ciò è quello che risulta nel partogramma e nella laconica documentazione clinica). Risultato: pavimento pelvico distrutto, lacerazioni e rottura dei muscoli, sfinteri interno ed esterno danneggiati, incontinenza anale e urinaria a vita non emendabile da nessun intervento; perdita di oltre un litro di sangue; severo disturbo post traumatico da stress in terapia a distanza di anni e ancora presente etc… Al ritiro della cartella, nascosti i 20 minuti di bradicardia (i numeri non erano consecutivi, ma il tracciato ictu oculi sì) e altri fogli della cartella ricomparsi (dopo lettera di avvocato e segnalazione) con scusa banale della struttura.
    Il CTU, in atp della causa intrapresa, per i gravi danni subiti a causa di un parto incongruo (in una struttura di III livello di assistenza) da me primipara nelle considerazioni medico legali, inizia con questo incipit: “..questo caso si riferisce a problematiche perineali, caratterizzate da incontinenza … che ha permesso la nascita del piccolo … senza alcun danno ipossico …”. Incipit dove si evince la totale indifferenza e disinteresse per la salute della donna partoriente, in un periodo storico ed in un paese ad alta assistenza sanitaria, in cui sempre di più si sta affermando (nella letteratura medica, nelle linee guida NICE etc … e non solo) l’importanza del benessere della diade madre feto per uno sviluppo psico-fisico normale del bambino e dell’intera famiglia nonché per la promozione della natalità.
    Il CTU, nella sua valutazione, che dovrebbe basarsi sulla documentazione, sulle linee guida, sulla best practice e non su “opinioni e ricostruzioni” come se fosse presente in sala parto, sottovaluta e non considera sia i danni strumentalmente riportati sia quello che c’è descritto in cartella; non rende il giusto valore a dati come il valore di pH di 7.06 e un difetto di base oltre -13 dell’ EGA cordonale, fraintende quello che la paziente riferisce, sbaglia a rilevare la sede (scusata poi come un errore materiale) e la dimensione di un danno nonostante la presentazione di una rilevazione strumentale e di una visita specialistica, non considera la documentazione clinica nella sua completezza durante l’analisi e la discussione, arbitrariamente afferma che il partogramma è impreciso e pertanto esegue una ricostruzione che confermi la sua tesi ponendo lui orari mancanti di manovre e visite. Utilizza, in maniera confondente, la salute di una sola componente (il feto, peraltro nato con degli outcome – indice apgar, ipotermia, pH [7.06], difetto di basi [-13.6] – ai limiti di una paralisi cerebrale), come indicatore di correttezza dell’applicazione della ventosa + kristeller + episotomia + ossitocina, senza che ciò sia sostenuto da alcuna letteratura scientifica, linea guida e best practice medica non considerando che il gold standard di un parto è il benessere del binomio madre-feto, il tutto per scusare quel tipo di parto medievale e causa di danni irreparabili alla vita di una donna scelto per errore e sottovalutazione delle indicazioni cliniche invece di eseguire un cesareo, che in quelle condizioni, era come da linee guida e best practice, il parto indicato per le sopraggiunte anomalie del travaglio sia meccaniche che cardiotocografiche. Si spinge inoltre, per trovare una giustificazione, a dire che la gravidanza e il parto vaginale sono una “condizione parafisiologica” (cioè che derogano dalla fisiologia) e, mancando il consenso ad ogni atto medico che è stato imposto, parla in modo generale di un ‘urgenza/emergenza di cui non vi è traccia sulla documentazione clinica (che invece dimostra un parto i cui problemi erano già difatti visibili molto tempo prima e colpevolmente trascurati). Vi sarebbe molto altro da dire su questa, ma come chicca finale, riporto la conclusione dove si sostiene che, essendo la paziente un medico, quindi gioco forza edotta dei rischi, (a questo punto, mi verrebbe da dire, di tutte le specialistiche medico-chirurgiche!!!) il consenso ha un’ importanza relativa, per arrivare in un secondo tempo a dire che al limite è stato richiesto orale (non vi è alcuna documentazione in cartella che attesti l’avvenuto flusso informativo anche verbale, come il codice deontologico impone e la normativa regionale e nazionale richiedono).
    A scanso di equivoci, il ctu (del mio caso) è uno specialista in medicina legale insieme ad un ausiliario specialista della materia nonché direttore di struttura …. è questo che lascia sconcertati. Ulteriore sconcerto è cio ha scritto un altro ctu, nonché specialista di medicina legale ed esperto di risk management, insieme al suo ausiliario specialista della materia responsabile di struttura in pensione, i quali hanno invertito i valori del pH e difetto di basi tra l’arteria e la vena ombelicale per dimostrare la loro tesi, nonché hanno ridefinito l’anatomia del bacino della donna arrivando a dire che attualmente ci voglio 10 minuti per creare il vuoto con la ventosa.. forse quella di malmstrom del 1954! … oltre ad altre …definiamo “imprecisioni scientifiche”… ………giudicate voi, questi sono i risultati della riduzione del cesareo…….. un collega che oltre aver subito un danno inemendabile che le ha distrutto la vita sociale e lavorativa deve anche leggere simili affermazioni e abnormità che si commentano da sole ..
    La riduzione dei cesarei stà portando all’uso di ventose non in ortoprassi, abuso di ossitocina in secondo stadio, abuso di induzioni, episiotomie ampie e kristeller (regresso ostetrico secondo la commissione sanità del 2010). Questo comporta danni inemendabili al pavimento pelvico con conseguente incontinenza anale e urinaria, dpts, vita sociale, familiare e sessuale distrutte. Se ha rimetterci sono i feti i periti dei tribunali sono di solito favorevole al riconoscimento del danno ma se a rimetterci è la madre si cerca in tutti i modi di negare il danno (almeno questa è la mia esperienza). Alla faccia del benessere materno fetale. I diritti della donna non sono tenuti di conto.

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