La Corte di Cassazione ha ammonito i giudici di merito, affermando che la riforma sulla responsabilità sanitaria introdotta dalla Legge Gelli non va interpretata come depenalizzazione tout court, ma richiede pur sempre l’accertamento del fatto concreto

Nel gennaio 2018 la Corte d’appello di Messina, in riforma della sentenza pronunciata dal giudice di primo grado, aveva ritenuto di riqualificare il fatto addebitato a due medici, imputati del reato di lesioni personali colpose conseguite ad un trattamento medico sanitario, ai sensi del nuovo art. 590 sexies II comma c.p.

In verità i due medici erano stati già assolti in primo grado con formula piena. Ma secondo la corte d’appello doveva comunque darsi conto della intervenuta causa di non punibilità contenuta nella previsione normativa citata, come introdotta dalla legge 8 marzo 2017, n. 24.

Come noto, l’art. 590 sexies c.p. sanziona le ipotesi di omicidio colposo o lesioni colpose commesse nell’esercizio della professione sanitaria.

In particolare al secondo comma afferma che “qualora l’evento si sia verificato a causa di imperizia, la punibilità è esclusa quando sono rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge, ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto”.

Si tratta di una ipotesi di depenalizzazione della penale responsabilità del sanitario che impedisce al giudice di pronunciarsi ai fini degli interessi civili.

Ebbene, avverso la predetta sentenza, la parte civile presentava ricorso per cassazione.

I giudici della Cassazione osservano che “nel caso di specie, non solo non esistevano capi civili da revocare in presenza di una sentenza assolutoria già all’esito del giudizio di primo grado ed inoltre il giudice dell’appello non aveva fornito alcuna spiegazione delle ragioni per cui aveva ritenuto di dover riconoscere la causa di non punibilità introdotta dall’art. 590 sexies c.p., piuttosto che confermare l’assoluzione con formula ampiamente liberatore, certamente più favorevole agli imputati, dal momento che si era al contempo sottratto a qualsiasi valutazione sul merito della responsabilità penale degli stessi imputati e addirittura di esaminare se ricorressero le condizioni legittimanti l’applicazione della ipotesi scriminante di cui alla citata norma”.

Chiarimenti “legittimi”

Invero –  chiariscono gli Ermellini – in tema di responsabilità dell’esercente la professione sanitaria, l’art. 590 sexies, c.p., introdotto dall’art. 6 della legge 8 marzo 2017, n. 24, prevede una causa di non punibilità applicabile ai soli fatti inquadrabili nel paradigma dell’art. 589 o di quello dell’art. 590 c.p., e operante nei soli casi in cui l’esercente la professione sanitaria abbia individuato e adottato linee guida adeguate al caso concreto e versi in colpa lieve da imperizia nella fase attuativa delle raccomandazioni previste dalle stesse.

La suddetta causa di non punibilità non è applicabile, invece:

–           nei casi di colpa da imprudenza e da negligenza,

–          né quando l’atto sanitario non sia per nulla governato da linee guida o da buone pratiche,

–          né quando queste siano individuate e dunque selezionate dall’esercente la professione sanitaria in maniera inadeguata con riferimento allo specifico caso,

–          né infine in caso di colpa grave da inerzia nella fase attuativa delle raccomandazioni previste dalle stesse. (Sez. Un. 21.12.2017).

Ebbene, nel caso in esame, una tale verifica era stata del tutto assente, essendosi i giudici di secondo grado limitati acriticamente a sussumere i fatti all’interno della normativa sopravvenuta, ravvisando in essa una ipotesi di depenalizzazione tout court, di immediata applicazione al caso di specie sebbene la pronuncia assolutoria per non avere commesso il fatto risultasse ormai irrevocabile.

Peraltro, i giudici dell’appello non avevano fornito alcuna spiegazione delle ragioni per cui avevano ritenuto di dover riconoscere la causa di non punibilità introdotta dall’art. 590 sexies c.p., piuttosto che confermare l’assoluzione con formula ampiamente liberatoria, certamente più favorevole agli imputati, dal momento che si erano sottratti a qualsiasi valutazione sul merito della loro penale responsabilità in relazione al caso concreto e senza neppure “preoccuparsi” delle numerose problematiche che si agitano sulla natura giuridica e sui presupposti applicativi della medesima causa di non punibilità per lesioni colpose cagionate da imperizia medica.

La sentenza impugnata è stata, perciò annullata con rinvio.

Dott.ssa Sabrina Caporale

 

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