Dall’Istituto della Santa Sede uno strumento per capire i segnali di una possibile dipendenza da scommesse e l’indicazione dei percorsi terapeutici da seguire

Giovani e giovanissimi sono sempre più malati di scommesse. I dati sulla dipendenza dei minori dal gioco d’azzardo sono allarmanti. Secondo gli studi del CNR, in Italia il 33,6% degli under 18 tenta la sorte con i ‘gratta e vinci’ e frequenta agenzie di scommesse.

Spesso genitori e insegnanti non sono in grado di riconoscere i segnali lanciati dai giovani a rischio. Per questo l’Ospedale Bambino Gesù ha pensato a una guida che fornisce suggerimenti su come riconoscere e gestire il problema. Lo strumento, inoltre, indica i percorsi terapeutici da seguire in caso di vera e propria dipendenza.

Il gioco d’azzardo – spiegano dall’Ospedale –  consiste nello scommettere beni, il più delle volte denaro, sull’esito incerto di un evento futuro. Si trasforma in pericolosa dipendenza quando chi gioca perde la capacità di controllare volontariamente i propri comportamenti; non riesce più a stabilire e rispettare un limite di tempo e denaro da impiegare e ha come unico scopo della giornata la ricerca compulsiva dell’attività che genera piacere.

Questa forma di dipendenza non riguarda solo gli adulti e il rischio di diventarne vittima si corre sia all’esterno che all’interno delle mura domestiche. Basti pensare all’utilizzo – anche tra i più piccoli – di App o siti internet che consentono un facile accesso al gioco.

Come le altre dipendenze, anche quella da gioco è caratterizzata da elementi ricorrenti.

Tra questi il craving, ovvero il desiderio improvviso e incontrollabile di giocare, l’astinenza e l’assuefazione. Caratteristica specifica dei giocatori patologici, infine, è il gambling. Si tratta della tendenza a sovrastimare la propria abilità di calcolo delle probabilità e a sottostimare l’esborso economico che porterà ad una vincita.

La dipendenza da gioco d’azzardo – evidenziano gli specialisti del Bambino Gesù – deriva da una complessa interazione tra fattori biologici, psicologici e ambientali. Questa varia da persona a persona. Dal punto di vista biologico, nei giocatori d’azzardo i circuiti cerebrali che guidano il comportamento subiscono una sorta di “inganno”. Iniziano a rispondere come se l’azione del gioco fosse necessaria alla sopravvivenza.

Il tratto psicologico che maggiormente predispone allo sviluppo delle dipendenze è la scarsa capacità di autocontrollo (caratteristica distintiva dell’adolescenza). I principali fattori di rischio ambientali, invece, sono rappresentati dal contesto socio-economico, dall’esposizione a eventi stressanti e dalla familiarità con le dipendenze.

L’attenzione da parte della famiglia è fondamentale per cogliere tutti i segnali che indicano una possibile dipendenza.

Tra questi, l’interesse continuo per il gioco d’azzardo e le ridotte capacità di controllo sul tempo dedicato a questa occupazione. Ma anche il disinteresse per lo studio e per le altre attività ricreative, il calo della resa scolastica, le frequenti assenze ingiustificate. Da non sottovalutare anche l’ansia, l’irritabilità, gli atteggiamenti aggressivi non motivati, i disturbi del sonno. E ancora l’insorgere di comportamenti fino a quel momento considerati inusuali come mentire ripetutamente o rubare in casa.

Per affrontare il problema, genitori e insegnanti dovranno informare e sensibilizzare i ragazzi rispetto al fenomeno, aiutandoli a comprendere i pericoli della dipendenza. Il tutto però senza utilizzare toni proibizionistici e giudicanti. Sarà quindi necessario tenere sotto controllo il comportamento dei giovani più a rischio e avviare interventi terapeutici specifici nelle situazioni potenzialmente critiche.

 Uscire dal vortice della dipendenza da gioco d’azzardo è possibile – sottolineano gli esperti del Bambino Gesù.

Il risultato, tuttavia, è strettamente connesso alla motivazione che spinge il ragazzo ad aderire al progetto di cura. Per questo motivo, molto spesso, i percorsi terapeutici sono lunghi e complessi. La cura si basa su incontri di psicoterapia individuali, familiari o di gruppo. L’obiettivo primario è creare un’alleanza con i giovani pazienti per rinforzare la motivazione e l’adesione al trattamento e per renderli più consapevoli del problema.

Per proteggerli dal contatto con l’esperienza del gioco patologico, il terapeuta potrà dare alcune indicazioni di comportamento. Ad esempio: evitare luoghi (sale scommesse) o situazioni di rischio (frequentare amici dediti al gioco e imitarne l’atteggiamento). Nel percorso terapeutico possono essere prescritti farmaci che agiscono sulla compulsione (antidepressivi di nuova generazione) o che stabilizzano il tono dell’umore (come il litio). I casi più gravi, invece, verranno indirizzati ai cosiddetti SERD, i servizi socio-sanitari assistenziali dedicati al trattamento delle dipendenze.

 

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