Sarebbe un luogo comune quello secondo cui l’ evasione fiscale sia da ricondursi interamente alle Partite IVA. Il fenomeno, secondo un’analisi della Fondazione nazionale dei commercialisti sarebbe invece trasversale, riguardando per poco meno della metà anche lavoratori pensionati e dipendenti

Poco più della metà dell’evasione fiscale del Paese “sarebbe direttamente riconducibile alle Partite Iva (individuali, società di persone, società di capitali)”. Poco meno della metà (il 46,8%) risulterebbe invece riferibile a “quella generalità di contribuenti, di cui oltre l’85% sono lavoratori dipendenti e pensionati”.

E’ quanto emerge da un’analisi della Fondazione nazionale dei commercialisti, riportata dall’Ansa, sui dati contenuti nella Relazione annuale sull’evasione fiscale e contributiva.

Secondo i professionisti, pertanto, sarebbe un luogo comune quello secondo cui dipendenti e pensionati pagano per intero le tasse e che “l’evasione sia da ricondursi per intero alle Partite Iva”.

Il fenomeno, invece, sarebbe “trasversale”.

Considerando i “107,7 miliardi di evasione fiscale e contributiva complessiva stimati nell’ultima Relazione annuale”, 15 miliardi sarebbero da ricondurre al lavoro dipendente. A tal cifra  si affiancano “voci trasversali alla contrapposizione dipendenti/pensionati ‘versus’ autonomi/imprese” Tra queste quelle concernenti “l’evasione di canone Rai, Imu e locazioni immobiliari, per 7,4 miliardi totali”.

Nello studio si evidenzia poi come “interamente riconducibili all’evasione propria delle Partite Iva siano le voci relative a Irpef per lavoro autonomo e impresa, Irap e Ires”. Il tutto per complessivi 49,5 miliardi.

Infine, rimangono i 35,8 miliardi di evasione Iva. Per questi, tuttavia, occorre distinguere “tra consumi intermedi (con controparte di chi fattura, o dovrebbe fatturare un’altra partita Iva) e consumi finali (con controparte di chi fattura, o dovrebbe fatturare un consumatore finale non partita Iva)”. In particolare, quindi, 26,3 miliardi sarebbero riconducibili alle transazioni con consumatori finali che non sono titolari di partite Iva. Il fenomeno deriva da interessi convergenti: quello del titolare di partita Iva di non fatturare e quello del consumatore finale di non pagare l’Iva spettante.

 

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