Nel momento in cui un avvocato oppone il segreto professionale, sono inutilizzabili le dichiarazioni rese de relato dalla persona offesa in merito a quanto appreso dal suo legale.
Con la sentenza n. 29495/2018, la Cassazione ha fatto il punto in merito al segreto professionale dell’avvocato fornendo chiarimenti importanti.
In particolare, gli Ermellini hanno specificato che la facoltà di astensione dell’avvocato dal rendere testimonianza è una manifestazione del principio del segreto professionale. Pertanto, nel momento in cui un avvocato oppone il segreto professionale, sono inutilizzabili le dichiarazioni rese de relato dalla persona offesa in merito a quanto appreso dal suo legale.
Ciò in quanto, il comma 6 dell’art 195 c.p.p stabilisce quanto segue.
“I testimoni non possono essere esaminati su fatti comunque appresi dalle persone indicate negli articoli 200 e 201 in relazione alle circostanze previste nei medesimi articoli, salvo che le predette persone abbiano deposto sugli stessi fatti o li abbiano in altro modo divulgati”.
La vicenda
Nel caso di specie, nel corso di un giudizio penale per sequestro di persona a scopo di estorsione e rapina aggravata, il Pm ha chiesto una nuova misura cautelare. Ciò è avvenuto dopo che la custodia in carcere non era stata eseguita.
Il Gip ha accolto la richiesta, salvo poi revocarla all’esito dell’interrogatorio di garanzia. Questi ha recepito l’eccezione formulata dalla difesa in merito alla preclusione determinata dalla pregressa proposizione dell’appello cautelare.
L’indagato ha quindi deciso di fare ricorso alla Corte di legittimità avverso l’ordinanza, eccependo con il quarto motivo. Vale a dire: “l’inutilizzabilità ai sensi degli artt. 191, 195 comma 6 e 200 c.p.p. delle dichiarazioni rese de relato (dalla persona offesa) in merito ad una presunta offerta risarcitoria formulata dall’indagato e comunicata dal suo difensore all’avv. (…), legale della persona offesa.”
Ma non è tutto.
Infatti, secondo il ricorrente, l’ordinanza impugnata ha erroneamente escluso l’opponibilità del segreto professionale da parte dell’avv. della persona offesa in relazione a quanto comunicatogli dal collega. Ciò è avvenuto sulla base di un’errata interpretazione del perimetro di operatività del Codice deontologico nel processo penale.
A questo riguardo, la Cassazione ha enunciato le seguenti regole.
In primis, la facoltà dell’avvocato di astenersi dal testimoniare non deve considerarsi un’eccezione all’obbligo di testimoniare, in quanto manifestazione del principio di tutela del segreto professionale.
Secondo la Corte è infatti questa l’interpretazione corretta degli artt. 195 comma 6 e 200 c.p.p.
Si tratta di disposizioni in cui il legislatore ha cercato di soddisfare contemporaneamente l’esigenza di procedere all’accertamento dei reati e di garantire l’effettività della difesa.
Ma c’è di più. L’art. 200 c.p.p infatti prevede il divieto di deposizione coattiva. Tuttavia, non impone un divieto assoluto di esaminare il soggetto tenuto al segreto professionale, in quanto spetta al Codice Forense stabilire la misura della discrezionalità riconosciuta all’avvocato, di astenersi o meno dal testimoniare.
Il Tribunale ha applicato erroneamente i principi enunciati. Questo poiché ha travisato i limiti della tutela del segreto professionale. In particolare, ricostruendo il sistema delle fonti di riferimento in modo errato.
La Cassazione ha inoltre accolto l’eccezione di inutilizzabilità delle dichiarazioni de relato rese dalla persona offesa su quanto riferito dal suo difensore.
Nel caso di specie, l’avvocato difensore della persona offesa, per confermare quanto riferito al suo assistito non aveva risposto, opponendo il segreto professionale.
Alla luce di ciò, il ricorrente ritiene che nemmeno le dichiarazioni della persona offesa siano utilizzabili contro l’accusato.
A questo proposito, viene citato l’art. 195 comma 6 che vieta la testimonianza indiretta.
La Corte di Cassazione condivide questo motivo di ricorso.
Ciò in quanto il Tribunale non ha considerato il segreto professionale opposto dall’avvocato, circostanza integrante il presupposto di operatività del divieto sancito dall’art. 195 c.p.p e la relativa inutilizzabilità delle dichiarazioni assunte in violazione di detta disposizione.
Infatti, conclude la Corte, soltanto se il legale fosse stato obbligato a testimoniare e avesse deciso di rendere testimonianza spontaneamente o avesse divulgato quanto appreso dal difensore dell’indagato, il giudice avrebbe potuto sentire legittimamente la parte offesa su quanto riferito dal suo legale. Ma non avrebbe potuto farlo prima.
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