In caso di separazione con addebito, la prova del nesso causale tra infedeltà e crisi coniugale va fornita con qualsiasi mezzo, anche presuntivo (Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 28 giugno – 3 settembre 2018, n. 21576)

Nel corso del giudizio era emerso che il coniuge si era allontanato dalla casa familiare per intraprendere una relazione extra-coniugale, dimenticando così di prestare la necessaria assistenza materiale e morale alla propria moglie, da anni malata di sclerosi multipla. Mancava, tuttavia, la prova, necessaria ai fini della dichiarazione di separazione con addebito, che la violazione del dovere di fedeltà fosse avvenuta in costanza della convivenza coniugale e non fosse, al contrario, successiva alla crisi matrimoniale, così come argomentato dal marito.

A tal proposito, i giudici della Suprema Corte ci ricordano che la prova del nesso causale tra infedeltà e crisi coniugale (e quindi per la separazione con addebito), può essere fornita con qualsiasi mezzo, anche per presunzioni tenuto conto dei principi di recente affermati dalla stessa giurisprudenza di legittimità (Corte di Cassazione, sentenza n.16859 del 2015): “In tema di separazione tra coniugi, l’inosservanza dell’obbligo di fedeltà coniugale rappresenta una violazione particolarmente grave, la quale, determinando normalmente l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza, costituisce, di regola, circostanza sufficiente a giustificare l’addebito della separazione al coniuge responsabile, sempreché non si constati, attraverso un accertamento rigoroso ed una valutazione complessiva del comportamento di entrambi i coniugi, la mancanza di nesso causale tra infedeltà e crisi coniugale, tale che ne risulti la preesistenza di una crisi già irrimediabilmente in atto, in un contesto caratterizzato da una convivenza meramente formale”.

Ancor più di recente, la Sesta sezione civile della Suprema Corte di Cassazione (ordinanza n. 23323 del 5 ottobre 2017), ha precisato che il nesso di causalità tra infedeltà e disgregazione del matrimonio va escluso sulla base del fatto che la famiglia versava già in una crisi irrimediabilmente in atto, essendovi ormai tra i coniugi “una convivenza meramente formale”.

L’obbligo della fedeltà, previsto dall’art. 143, 2° comma del codice civile, rappresenta l’essenza stessa del matrimonio e si basa sul principio della esclusività tra uomo e donna. In essa è ricompresa una componente negativa avente ad oggetto il dovere di non intrattenere relazioni con terzi e una positiva caratterizzata dal dovere di ricerca e realizzazione della comunione di vita materiale e spirituale.

Sennonché, l’infedeltà è una delle cause principali che provoca la crisi matrimoniale e la rottura del rapporto tra i due coniugi, normalmente addebitabile al coniuge responsabile di tale violazione.

L’intrattenimento di una relazione extraconiugale – afferma la Suprema Corte – deve presumersi come causa efficiente del formarsi o del consolidarsi di una situazione di definitiva intollerabilità della prosecuzione della convivenza e, quindi, può affermarsi che l’infedeltà giustifichi normalmente l’addebito, rappresentando una violazione significativamente grave dei doveri coniugali, a meno che non si constati la mancanza di nesso causale con la crisi coniugale mediante una accurata e rigorosa verifica (così ex multis Cass. 12/06/2006 n° 13592, Cass. 17/01/2014 n° 929). In tali casi, i fatti che escludono il nesso causale tra la violazione accertata e l’intollerabilità devono essere allegati e provati dalla parte che resiste alla domanda di addebito della separazione (Cass. 14/02/2012 n° 2053). Spetterà, invece, all’altro coniuge dimostrare la anteriorità della crisi stessa rispetto al tradimento.

Avv. Sabrina Caporale

 

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