Integra il reato di tentata violenza sessuale, la condotta del medico che, durante una visita, cerca di baciare la paziente e di raggiungerne con una mano la zona genitale

Nel 2017 la Corte di appello di Venezia aveva confermato la sentenza pronunciata dal Tribunale di Verona a carico di un medico ritenuto responsabile del delitto di tentata violenza sessuale ai danni di una paziente e, pertanto, condannato alla pena di un anno e undici mesi di reclusione oltre al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile.

Secondo l’accusa, durante una visita medica eseguita presso il proprio ambulatorio, il sanitario avrebbe dapprima tentato di baciare sul collo e sulle labbra la paziente e poi le avrebbe ripetutamente inserito la mano negli slip, con improprio avvicinamento alla zona strettamente genitale.

La sentenza è stata impugnata con ricorso per Cassazione da parte del difensore dell’imputato che lamentava, tra gli altri motivi, l’erronea valutazione delle prove acquisite in giudizio, facendo leva sulle numerose contraddittorietà ed incongruenze riscontrate nel racconto della persona offesa.

Quest’ultima – a sua detta – aveva fornito una ricostruzione dei fatti in più punti non credibile.

Vi erano poi ulteriori elementi oggettivamente contraddittori, che la Corte territoriale aveva scarsamente ed illogicamente motivato, quali la tardività della denuncia e il fatto che la vittima avesse regolarmente continuato a frequentare l’ambulatorio medico pure dopo i fatti denunciati. Inoltre, non era stata dimostrata l’univocità sessuale dell’atto, compiuto – a detta della difesa –“in coerenza con la dinamica della visita per la verifica dello stato dei linfonodi, per cui era necessaria la palpazione della zona inguinale”.

Ma il ricorso non è stato accolto, perché manifestamente infondato.

Al riguardo la Terza Sezione Penale della Cassazione ha ribadito che “le dichiarazioni della persona offesa possono da sole, senza la necessità di riscontri estrinseci, essere poste a fondamento dell’affermazione di responsabilità penale dell’imputato, previa verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell’attendibilità intrinseca del suo racconto” (Sez U, n. 41461 del 19/07/2012, Rv.253214).

A tal fine è necessario che il giudice indichi le emergenze processuali determinanti per la formazione del suo convincimento, consentendo così l’individuazione dell’iter logico-giuridico che ha condotto alla soluzione adottata.

Il Giudice, quindi, può trarre il proprio convincimento circa la responsabilità penale anche dalle sole dichiarazioni rese dalla persona offesa, sempre che sia sottoposta a vaglio positivo circa la sua attendibilità, e senza la necessità di applicare le regole probatorie di cui all’art. 192 c.p.p., commi 3 e 4, che richiedono la presenza di riscontri esterni.

Si tratta, in ogni caso, di accertamenti di fatto, insuscettibili di rivalutazioni in sede di legittimità (salvo che il giudice non sia incorso in manifeste contraddizioni).

Ed invero, nel caso in esame, la corte d’appello aveva congruamente motivato sia in ordine alla attendibilità della persona offesa, confermando le valutazioni del giudice di primo grado, sia riguardo all’accertamento del fatto.

Infondata era anche la contestazione dell’univocità dell’atto sessuale posto in essere dall’imputato.

Come noto, tra gli atti idonei ad integrare il delitto di cui all’art. 609 bis c.p., vanno ricompresi anche quelli insidiosi e rapidi, purchè ovviamente riguardino zone erogene su persona non consenziente, come ad es. palpamenti, sfregamenti, baci (Sez.3, n. 42871 del 26/09/2013).

La nozione di violenza nel delitto di violenza sessuale – si è più volte detto in giurisprudenza – non è limitata alla esplicazione di energia fisica direttamente posta in essere verso la persona offesa, ma comprende qualsiasi atto o fatto cui consegua la limitazione della libertà del soggetto passivo, così costretto a subire atti sessuali contro la propria volontà.

Ai fini, dunque, della configurabilità del reato di cui all’art. 609 bis c.p., violenza sessuale, non è necessaria una violenza che ponga il soggetto passivo nell’impossibilità di opporre una resistenza, essendo sufficiente che l’azione si compia in modo insidiosamente rapido, tanto da superare la volontà contraria del soggetto passivo (Sez.3, n. 6340 del 01/02/2006).

È stato inoltre osservato che il tentativo del reato di violenza sessuale è configurabile non solo nel caso in cui gli atti idonei diretti in modo non equivoco a porre in essere un abuso sessuale non si siano estrinsecati in un contatto corporeo, ma anche quando il contatto sia stato superficiale o fugace e non abbia attinto una zona erogena o considerata tale dal reo per la reazione della vittima o per altri fattori indipendenti dalla volontà dell’agente; mentre per la consumazione del reato è sufficiente che il colpevole raggiunga le parti intime della persona offesa (zone genitali o comunque erogene), essendo indifferente che il contatto corporeo sia di breve durata, che la vittima sia riuscita a sottrarsi all’azione dell’aggressore o che quest’ultimo consegua la soddisfazione erotica.

Il tentativo di violenza sessuale

Vi è anche tentativo, in tutte le ipotesi in cui la condotta violenta o minacciosa non abbia determinato una immediata e concreta intrusione nella sfera sessuale della vittima, poichè l’agente non ha raggiunto le zone intime (genitali o erogene) della vittima ovvero non ha provocato un contatto di quest’ultima con le proprie parti intime (Sez.3, n. 17414 del 18/02/2016).

Nella specie, i Giudici di merito avevano giustamente ritenuto che la condotta posta in essere dall’imputato, durante la visita medica eseguita presso il proprio ambulatorio (dapprima tentativo di bacio sul collo, quindi, ripetuto inserimento della mano negli slip con improprio avvicinamento alla zona strettamente genitale e, infine, ulteriore tentativo di bacio), integrasse il tentativo di violenza sessuale, essendosi estrinsecata in atti (insidiosi e rapidi) idonei diretti in modo non equivoco alla perpetrazione dell’atto sessuale abusivo, non esitati, poi, in un contatto corporeo con le parti intime della vittima grazie alla pronta reazione di quest’ultima.

La decisione è stata perciò, confermata e dichiarato inammissibile il ricorso dell’imputato.

La redazione giuridica

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