Ai confini della scienza: il trapianto di utero è finalmente realtà e per alcuni ricercatori, tra 10 anni anche gli uomini potranno partorire. Ecco cosa ne pensa l’esperto interpellato da «Responsabile Civile»
Gli ultimi interventi a suscitare stupore sono stati i trapianti di mano e di volto. La scienza non si ferma e la lista degli organi sostituibili aumenta fino ad arrivare al trapianto di utero. Il primo in Svezia, dove, dal 2012, sono stati eseguiti 9 trapianti di utero a scopo riproduttivo (con 4 gravidanze andate a buon fine).
Anche in America è stato annunciato il primo trapianto di utero, fallito a causa di alcune complicanze. I ricercatori della stessa Cleveland Clinic annunciano che fra 10 anni anche gli uomini potranno partorire.
Per approfondire, «Responsabile Civile» si è rivolto al prof. Giuseppe Ricci, direttore della clinica di Ostetricia e Ginecologia dell’Università di Trieste e dell’IRCCS Burlo Garofolo
Prof Ricci, come si differenzia il trapianto di utero dagli altri?
Iniziamo col dire che una donna su 5.000 circa nasce con un problema di agenesia mulleriana, una malattia congenita che comporta la mancata formazione dell’utero. Si tratta di un intervento ancora in fase sperimentale, molto complesso e da perfezionare. Di solito, gli organi si trapiantano per permettere alla vita di continuare, pensiamo al fegato, al pancreas, al cuore. In questo caso si tratta di trapiantare un organo per permettere alla vita di nascere. Proprio per questo motivo l’organo trapiantato verrà rimosso una volta portata a termine la gravidanza. Questo per evitare alla donna di sottoporsi a una cura farmacologica a vita. Quando si trapianta un organo, infatti, vengono somministrati dei farmaci immusoppressori che ne impediscono il rigetto. La differenza, però, consiste nel fatto che è presente una gravidanza che, ricordiamolo, avviene attraverso la fecondazione assistita (le tube di Falloppio, infatti, non sono collegate all’utero) e la maggior parte dei farmaci assunti possono creare problemi con la gestazione. Da una parte, quindi, bisogna salvaguardare la gravidanza, la salute del feto, dall’altra evitare il rigetto dell’organo.
Quali, dottore, i progressi fatti sinora in questo campo?
Il gruppo svedese è il più all’avanguardia in questo campo, in particolare l’équipe di ostetricia e ginecologia dell’Università di Gothenburg. Finora sono stati realizzati 9 trapianti di utero da donatori viventi (le madri delle donne che hanno ricevuto l’organo). Altri interventi sono falliti e ci sono 4 gravidanze portate a termine da un utero trapiantato. A ogni modo, prima di arrivare a questo risultato c’è stata una fase di studio durata più di 15 anni sull’animale, in particolare sulla scimmia che è la più vicina all’uomo. Nonostante si parli da molti anni di trapianto nella donna, solo ora si vedono i primi risultati. La difficoltà della tecnica è dimostrata anche dal fatto che il gruppo di ricercatori della Cleveland Clinic nell’Ohio ha dapprima annunciato il suo primo trapianto di utero lo scorso 24 febbraio – primo in tutta l’America peraltro – per poi, purtroppo, annunciare la non riuscita dell’intervento per successive complicanze. La giovane donna di 26 anni che si è sottoposta a un intervento di 9 ore faceva parte di uno studio sull’infertilità uterina. Fortunatamente ora è in ripresa.
La stessa Cleveland Clinic che ha tentato l’intervento su una donna ha annunciato che non è lontano il momento in cui anche un uomo, grazie al trapianto di utero, potrà generare. Lei cosa ne pensa?
Al momento attuale non siamo in grado di fare valutazioni precise perché non c’è nessun dato pubblicato in letteratura. Consideriamo che il primo trapianto sulla donna risale al 2012, come abbiamo visto, quindi già è molto complesso nella donna che ha un’anatomia diversa da quella maschile: il corpo della donna è fatto per accogliere la gravidanza. C’è inoltre una situazione ormonale molto diversa, nessuno può dire cosa comporti bloccare l’ambiente ormonale maschile durante una gravidanza e quali possano essere gli effetti futuri. Infatti, manca qualsiasi dato pubblicato sull’animale. Non escludo ci possano essere degli studi su cui io non sono a conoscenza, tuttavia, se esistono non sono stati molto diffusi. In conclusione, mi sento di affermare che più di una cosa concreta si tratta di un progetto la cui realizzabilità è al momento solo teorica. D’altra parte, è anche vero che la scienza progredisce a volte molto velocemente. Ad esempio, cinquant’anni fa la fecondazione in vitro sembrava quasi fantascienza, appartenente a una letteratura romanzesca. Oggi la fecondazione in vitro è diventata routine in quasi tutti gli ospedali. Ciò che prima era impensabile oggi è qualcosa di assolutamente acquisito. Inoltre, la conoscenza dei farmaci può sicuramente favorire la branca della trapiantologia. Da un punto di vista medico, prescindendo da qualsiasi tipo di considerazione, il trapianto di utero nell’uomo, qualora tecnicamente realizzabile, avrebbe come unica indicazione quella di dare la possibilità a coppie omosessuali di avere una gravidanza. Ovviamente, la questione apre scenari molto complessi, con innumerevoli implicazioni, etiche, filosofiche, antropologiche, ecc. che meriterebbero un dibattito separato.
A cura di Laura Fedel
Davvero interessante! Però perché le tube di Falloppio non vengono collegate all’utero per un concepimento naturale? Molto bello il gesto della madre che dona il proprio utero alla figlia! Si tratta sicuramente di un utero che ha già svolto bene il suo compito e quindi ben venga se può svolgerlo senza problemi anche per la figlia! Dopo la gravidanza l’organo viene di nuovo trasferito alla donante. Una cosa proprio singolare! Un pezzo del proprio corpo può essere prestato ad una persona cara e per di più per farle generare la vita!