La manifestazione di volontà di perseguire il colpevole, ai fini della validità della querela, deve emergere chiaramente. Annullata la condanna di una donna accusata di furto

La manifestazione di volontà di perseguire il colpevole, ai fini della validità della querela, pur non richiedendo l’utilizzo di formule sacramentali, deve emergere chiaramente, non essendo consentito rinvenire, nel mero atto di denuncia in sé considerato, la richiesta punitiva idonea a integrare la condizione di procedibilità del reato. Lo ha chiarito la Suprema Corte nella sentenza n. 17532/2020 pronunciandosi sul ricorso presentato da un’imputata condannata in sede di merito per furto.

La donna, nello specifico, era accusata di essersi impossessata, in concorso con altri, al fine di trarne profitto, di un telefono cellulare IPHONE 4S, sottraendolo alla parte offesa, che lo custodiva all’interno della borsa riposta sul sedile posteriore della propria auto, parcheggiata sulla pubblica via.

Nel ricorrere per cassazione la difesa deduceva, articolando un unico motivo, l’inosservanza ed erronea applicazione dell’art.529 cod. proc. pen. in ordine alla sussistenza della condizione di procedibilità, nonché la mancanza di motivazione sul punto.

A suo giudizio, infatti, la persona offesa, nell’atto di denuncia, non aveva manifestato alcuna volontà punitiva.

Gli Ermellini, hanno effettivamente ritenuto di condividere la doglianza dell’impugnante accogliendo il ricorso, in quanto fondato,  e annullando la pronuncia della Corte di appello.

Il Collegio territoriale – specificano dal Palazzaccio – nell’escludere la contestata circostanza aggravante, non aveva accertato, non dandone pertanto conto, se dall’atto di denuncia, presentato dalla persona offesa, risultasse manifesta l’intenzione di questa di perseguire l’imputata o se si trattasse, invece, di un mero riferimento dei fatti, senza tuttavia corredarlo da alcuna espressione che potesse essere interpretata come volontà di querela. Da li la decisione di cassare la decisione del Giudice di secondo grado, perché l’azione penale in ordine al reato di cui all’art. 624 del codice penale non poteva essere proseguita proprio per mancanza di querela.

La redazione giudica

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