Il camice bianco era finito sotto accusa per la morte di un bambino affetto da una patologia autoimmune che non sarebbe stata riconosciuta per tempo

La Corte di Appello di Catanzaro, confermando la sentenza del Tribunale di primo grado,  ha assolto il primario di Pediatria dell’ospedale ‘Annunziata’ di Cosenza, finito a processo insieme ad altri cinque medici dello stesso reparto con l’accusa di omicidio colposo per la morte di un tredicenne, deceduto presso il nosocomio del capoluogo di provincia calabrese nel 2010.
Il bambino era affetto da una malattia autoimmune, la Sindrome da attivazione macrofagica, con un’incidenza di 1 a 50mila, ma i medici di Cosenza, secondo l’ipotesi accusatoria, non se ne sarebbero accorti per tempo, scambiando il malessere del paziente con una mononucleosi e causando pertanto un ritardo decisivo nell’avvio delle cure che avrebbero potuto salvare la vita al piccolo. Il bambino, su decisione dei genitori, era stato successivamente portato all’Ospedale Bambino Gesù di Roma, ma a quel punto. le sue condizioni erano ormai compromesse ed era deceduto dopo pochi giorni.
In primo grado di giudizio il Pubblico ministero aveva chiesto la condanna a un anno di reclusione per il primario ma il Tribunale aveva assolto tutti gli imputati ‘perché il fatto non sussiste’. Nei confronti di tale pronuncia, in riferimento alla sola posizione del primario, la Procura e le parti civili avevano presentato ricorso in appello, sostenendo che il medico non avrebbe  ottemperato ai protocolli richiesti per curare la patologia.
La richiesta di riapertura dell’istruttoria dibattimentale presentata dal sostituto procuratore generale  era stata accolta, con la decisione di procedere con una nuova consulenza tecnica volta ad accertare “l’incidenza che avrebbe avuto sul decorso e sulla progressione della malattia, una tempestiva diagnosi della stessa e una conseguente immediata somministrazione della terapia richiesta dai protocolli medici”.
Anche il Giudice di secondo grado, tuttavia, si è espresso per l’assoluzione, accogliendo la linea difensiva secondo cui l’imputato avrebbe agito secondo le regole facendo tutto il necessario per curare il bambino.
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