Costituisce discriminazione indiretta la condotta dell’amministrazione che non appresti il sostegno pianificato all’alunno disabile, risolvendosi nella contrazione del diritto alla pari opportunità nella fruizione del servizio scolastico

La vicenda

Il ricorrente aveva chiesto al Tribunale di Caltanissetta di disporre la cessazione della condotta discriminatoria posta in essere dal Comune ai danni del figlio minore, alunno disabile.

Il piccolo, iscritto alla scuola dell’infanzia, era affetto da disturbo dello spettro autistico, avendo perciò diritto all’assegnazione di un assistente alla comunicazione per 22 ore settimanali.

Il Comune, contravvenendo alle indicazioni del piano dinamico funzionale relativo al figlio, aveva disposto l’assistenza per un massimo di 10 ore alla settimana.

Le Sezioni Unite della Cassazione (sentenza n. 25101/2019) hanno affermato che, in tema di sostegno all’alunno in situazione di handicap, il “piano educativo individualizzato”, definito ai sensi della L. 5 febbraio 1992, n. 104, art. 12, obbliga l’amministrazione scolastica a garantire il supporto per il numero di ore programmato, senza lasciare ad essa il potere discrezionale di ridurne l’entità in ragione delle risorse disponibili, e ciò anche nella scuola dell’infanzia, pur non facente parte della scuola dell’obbligo (Cass. civ. Sezioni Unite n. 25011 del 25 novembre 2014; n. 5060 del 28 febbraio 2017 e n. 9966 del 20 aprile 2017).

Giurisdizione amministrativa o ordinaria?

Le controversie concernenti la declaratoria della consistenza dell’insegnamento di sostegno ed afferenti alla fase che precede la redazione del piano educativo individualizzato, sono devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. c), c.p.a., atteso che, in tale fase, sussiste ancora, in capo all’amministrazione scolastica, il potere discrezionale, espressione dell’autonomia organizzativa e didattica, di individuazione della misura più adeguata al sostegno, il cui esercizio è precluso, invece, dalla successiva formalizzazione del piano suddetto, che determina il sorgere dell’obbligo dell’amministrazione di garantire il supporto per il numero di ore programmato ed il correlato diritto dell’alunno disabile all’istruzione come pianificata, nella sua concreta articolazione, in relazione alle specifiche necessità dell’alunno stesso.

E infatti, “una volta che il piano educativo individualizzato, elaborato con il concorso determinante di insegnanti della scuola di accoglienza e di operatori della sanità pubblica, abbia prospettato il numero di ore necessarie per il sostegno scolastico dell’alunno che versa in situazione di handicap particolarmente grave, l’amministrazione scolastica perde quel potere discrezionale capace di rimodulare o di sacrificare in via autoritativa, in ragione della scarsità delle risorse disponibili per il servizio, la misura del supporto integrativo individuato dal piano.

La decisione

Al contrario, essa ha il dovere di assicurare l’assegnazione, in favore dell’alunno, del personale docente specializzato, anche ricorrendo – se del caso, là dove la specifica situazione di disabilità del bambino richieda interventi di sostegno continuativi e più intensi – all’attivazione di un posto di sostegno in deroga al rapporto insegnanti/alunni, per rendere possibile la fruizione effettiva del diritto, costituzionalmente protetto, dell’alunno disabile all’istruzione, all’integrazione sociale e alla crescita in un ambiente favorevole allo sviluppo della sua personalità e delle sue attitudini.

L’omissione o le insufficienze nell’apprestamento, da parte dell’amministrazione, di quella attività doverosa si risolvono in una sostanziale contrazione del diritto fondamentale del disabile all’attivazione, in suo favore, di un intervento corrispondente alle specifiche esigenze rilevate, condizione imprescindibile per realizzare il diritto ad avere pari opportunità nella fruizione del servizio scolastico: l’una e le altre sono pertanto suscettibili di concretizzare, ove non accompagnate da una corrispondente contrazione dell’offerta formativa riservata agli altri alunni normodotati, una discriminazione indiretta, vietata dalla L. n. 67 del 2006, art. 2, per tale intendendosi anche il comportamento omissivo dell’amministrazione pubblica preposta all’organizzazione del servizio scolastico che abbia l’effetto di mettere la bambina o il bambino con disabilità in una posizione di svantaggio rispetto agli altri alunni” (Cass. Civ. S.U. n. 25011/2014).

Ebbene, la repressione di tale situazione di svantaggio è rimessa alla giurisdizione del Giudice ordinario.

La redazione giuridica

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