Dei danni lamentati dal consumatore, inerenti il difetto dell’autoveicolo, risponde il produttore secondo le norme dettate in materia di responsabilità da prodotto difettoso, rimanendo estranee quelle sulla circolazione stradale

La vicenda

L’attrice aveva citato, dinanzi al Tribunale di Lucca, la Fiat Group Automobiles s.p.a., al fine di sentirla condannare al risarcimento del danno alla salute, di natura psichica, sofferto in conseguenza di difetto dell’autoveicolo dalla medesima “acquistato e guidato”, allorquando, “mentre era in fase di sorpasso, alla guida della sua Lancia Musa, si ritrovava nell’impossibilità di staccare il pedale dell’acceleratore che restava completamente premuto e bloccato e quindi (di) rallentare la marcia del veicolo stesso”.

Soltanto successivamente veniva accertata la mancanza del tampone di arresto del pedale dell’acceleratore.

In primo grado, la domanda veniva accolta, con sentenza confermata in appello.

Cosicché, su ricorso proposto dalla società automobilistica, la vicenda è giunta in Cassazione.

Si discute in ordine alla individuazione della disciplina applicabile alla fattispecie in esame, se quella della r.c.a. ovvero quella della responsabilità da prodotto difettoso.

La Cassazione, già in passato, ha avuto modo di affermare che “il fabbricante-venditore di una cosa è responsabile non solo ex empto verso il compratore per i vizi in essa riscontrati, ma altresì, a titolo di illecito, in ordine al danno sofferto da terzi in dipendenza di tali vizi che rendono la cosa pericolosa, anche se tale danno si sia verificato quando la cosa stessa sia passata nella sfera di disponibilità di altri e sia stata da costoro utilizzata”.

Tale responsabilità extracontrattuale del fabbricante (che, svincolata dal termine di prescrizione stabilito dall’art. 1495 c.c., è soggetta al termine prescrizionale previsto dall’art. 2947 c.c.) è configurabile anche nel caso in cui il terzo danneggiato sia un imprenditore che si avvale del prodotto come strumento della sua attività, e può ricadere anche a carico di una pluralità di soggetti, ove questi – pur se in fasi diverse (ad es., chi fondendo la materia prima, chi elaborandola, chi inserendola in una complessa apparecchiatura, chi, infine, sottoponendo quest’ultima ad un ulteriore processo di “assemblaggio”) – abbiano contribuito alla fabbricazione del prodotto difettoso (v. Cass., 13/3/1980, n. 1696).

Orbene, dei suindicati principi la corte di merito aveva fatto piena e corretta applicazione, ponendo in rilievo che, nel caso in esame, “l’evento non era dipeso non da un sinistro stradale, bensì dalla difettosità del mezzo montato sulla vettura dell’attrice e, dunque, non era stato conseguente alla circolazione del veicolo ma all’assenza del montaggio (e non alla sua rottura da usura) del tampone di arresto del pedale dell’acceleratore, che durante il suo utilizzo aveva cagionato il blocco del pedale”.

Si trattava, peraltro, di una circostanza che FCA non aveva mai contestato.

In altre parole, “i danni fatti valere nella vicenda non erano quelli da circolazione stradale (che aveva invece, costituito mera occasione dell’evento) ma da difetto di produzione del veicolo, cioè si trattava di danni non arrecati dal conducente a terzi o di terzi al conducente, ma dalla vettura guidata dall’attrice ad essa stessa”; perciò la corte d’appello aveva escluso l’applicabilità delle norme sulla circolazione stradale e in particolare dell’art. 139 del D.Lgs. 7 settembre 2005, n. 209; “se così non fosse, se si fosse stati, cioè in presenza di un sinistro stradale, non sarebbe stato richiesto il risarcimento del danno al produttore del veicolo, ma sarebbe stata coinvolta la compagnia assicuratrice qualora la conducente avesse assicurato questo tipo di danni”.

Per tutte queste ragioni, la Suprema Corte (Terza Sezione Civile, sentenza n. 25023/2019) ha confermato la decisione impugnata e condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

La redazione giuridica

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