Violazione dell’appalto, risarcimento per equivalente e diritto di prelazione

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La violazione del diritto di prelazione nell’appalto può portare all’affidamento a terzi e alla mancata reintegrazione della società esclusa. In questi casi, è possibile ottenere un risarcimento per equivalente, riconosciuto anche senza una specifica domanda, come chiarito da questa sentenza a commento (Corte di Cassazione, III civile, sentenza 26 giugno 2025, n. 17264).

I fatti

È stata stipulata una transazione con la quale 3 società hanno concesso ad una quarta società un diritto di prelazione nella stipula del contratto di appalto di manutenzione e pulizie all’interno di un centro commerciale gestito, per l’appunto, dalle società concedenti.

Poiché il diritto di prelazione è stato violato, e l’appalto affidato ad altri, la società estromessa ha agito in giudizio chiedendo la reintegrazione in forma specifica. Il Tribunale di Agrigento ha ritenuto di escludere la reintegrazione in quanto eccessivamente onerosa, ed ha invece riconosciuto il risarcimento per equivalente.

La Corte di Appello di Palermo accoglie il gravame incidentale considerando che la società prelazionaria aveva chiesto la reintegrazione in forma specifica e non anche il risarcimento per equivalente, con la conseguenza che quest’ultimo rimedio non poteva essere accordato in difetto di domanda, e che il fatto di averlo riconosciuto ha costituito violazione del principio di necessaria corrispondenza tra quanto chiesto e quanto deciso.

La società estromessa, pertanto, si rivolge alla Corte di Cassazione lamentando la erronea esclusione del risarcimento dei danni perché formulata solo la domanda di risarcimento in forma specifica.

La società estromessa, correttamente, argomenta che la domanda di risarcimento in forma specifica è una forma di risarcimento del danno alternativa al risarcimento per equivalente, che consiste in una prestazione dell’obbligato idonea a realizzare l’interesse vantato dal danneggiato.

L’attribuzione al danneggiato del risarcimento per equivalente

Orbene, l’attribuzione al danneggiato del risarcimento per equivalente, invece della richiesta di reintegrazione in forma specifica, non viola il principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, perché il risarcimento per equivalente, che può essere disposto anche d’ufficio, costituisce un minus rispetto alla reintegrazione in forma specifica, con la conseguenza che la relativa richiesta è implicita nella domanda giudiziale di reintegrazione in forma specifica. Per contro, non è consentito, ove sia stato richiesto il risarcimento per equivalente, disporre la reintegrazione in forma specifica, non compresa, neppure per implicito, in quella domanda così proposta.

In maniera sintetica, e detto in altri termini, la relativa scelta spetta esclusivamente al creditore/danneggiato, pur se il rifiuto dell’offerta del debitore incontra il limite della buona fede o correttezza.

Il risarcimento in forma specifica ha carattere generale, ma è applicabile anche in caso di inadempimento di obbligazioni contrattuali, e consiste in una prestazione diversa e succedanea rispetto al contenuto del rapporto obbligatorio, o al dovere di rispetto altrui idonea a reintegrare l’interesse del creditore/danneggiato.

È proprio per questa ragione che la domanda di risarcimento in forma specifica comprende quella di risarcimento per equivalente, sicché la proposizione della prima contiene implicitamente anche quest’ultima.

Difatti, comprendere la domanda di risarcimento per equivalente in quella di risarcimento in forma specifica ha la sua ratio nel relativo rapporto domanda maggiore e minore, non condizionato dalla ammissibilità o fondatezza di quella maggiore, ossia dalle concrete circostanze in cui l’azione è fatta valere.

Risarcimento in forma specifica e risarcimento per equivalente

Quando viene richiesto il più (risarcimento in forma specifica) si intende implicitamente domandato anche il meno (risarcimento per equivalente).

Stiamo parlando dunque di un rapporto di “continenza” , e quando la domanda contenente il risarcimento in forma specifica non sia comunque – in astratto o in concreto – accoglibile, può essere accolta quella minore di risarcimento per equivalente.

Orbene, il Giudice di merito non avrebbe potuto liquidare alcun importo da intendersi quale ristoro subito per effetto dell’inadempimento.

La S.C. cassa la decisione di secondo grado con rinvio alla Corte d’Appello di Palermo, che procederà a nuovo esame applicando i principi sopra indicati.

Avv. Emanuela Foligno

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