Asfissia neonatale grave e decesso del neonato il giorno successivo (Cassazione penale, sez. IV, dep. 17/05/2022, n.19290).

Asfissia neonatale grave provoca il decesso del bambino il giorno successivo alla nascita e i Giudici di merito condannano il Ginecologo e Neonatologa per omicidio colposo.

La Corte d’appello di Genova ha confermato la sentenza del Tribunale, con la quale Ginecologo e Neonatologa venivano condannati per il reato di omicidio colposo in cooperazione tra loro ai danni della neonata, venuta alla luce atonica, con assenza di battito cardiaco e di respiro spontaneo, con diagnosi di asfissia neonatale grave, deceduta il giorno successivo per insufficienza respiratoria terminale in quadro di gravissima encefalopatia, complicata nelle ultime fasi da un quadro bronco-polmonitico.

Secondo l’accusa, gli imputati avevano seguito il travaglio di parto della gestante, soggetto quarantaquattrenne alla 41^ settimana di gravidanza, prestando assistenza alla neonata al momento della nascita, cagionandone la morte per colpa, per avere il Ginecologo disatteso i segnali cardio-tocografici indicativi di sofferenza fetale (decelerazioni del battito variabili e molto incise a partire dalle 17:30) e omesso di registrare (dalle 17:52) l’attività contrattile uterina, così impedendo di rilevare la frequenza e intensità delle contrazioni in una fase cruciale del travaglio della partoriente e per non avere, dunque, alla comparsa di tali manifestazioni di sofferenza fetale, proceduto urgentemente con il parto, applicando la ventosa ovvero mediante taglio cesareo; entrambi gli imputati, per non avere tempestivamente proceduto alla intubazione della neonata, manovra approntata dall’equipe del trasporto neonatale urgente dell’ospedale circa un’ora e undici minuti dopo la nascita.

Le carenze assistenziali, concretizzatesi durante il travaglio e l’indebito protrarsi della sofferenza fetale, oltre alle carenze verificatesi nella fase di gestione della neonata nella prima ora di vita, si erano sovrapposte, secondo la ricostruzione accusatoria, recepita nelle sentenze conformi di merito, a un quadro di compromissione fetale intra partum, concorrendo a determinare l’evento di asfissia neonatale grave e il decesso.

Gli imputati propongono ricorso per cassazione, lamentando la valutazione della Consulenza medico-legale del Pubblico Ministero e l’errato addebito colposo per non avere provveduto, nell’inerzia della Pediatra, a chiamare l’Anestesista per procedere all’intubazione.

Il ricorso proposto dal Ginecologo è inammissibile; quello proposto dalla Pediatra è fondato quanto alla verifica del nesso causale tra l’addebito colposo e l’evento.

La gestante era stata sottoposta a epidurale alle 17:20 del 24/11/2014 e, fino alle 17:26, il tracciato cardio-tocografico (la rilevazione, cioè, dei battiti fetali in rapporto alle contrazioni uterine) era stato regolare; dalle 17:30 in poi, invece, e per ben quattro volte consecutive, si erano registrate decelerazioni variabili, significative di prognosi negativa; alle 18:34, dopo induzione, la neonata era nata mediante impiego della ventosa e fu chiaro, sin da subito, che la stessa versava in condizioni gravissime di asfissia neonatale stante l’assenza di battito cardiaco e di respirazione spontanea; praticato dalla Pediatra il massaggio cardiaco, dopo diciassette minuti il battito era riapparso, ma la neonata non respirava autonomamente; di qui la richiesta di intervento dell’unità di trasporto urgente dell’ospedale, tuttavia altrove impegnata e giunta solo alle 19:45; alle 20:00, la neonata veniva intubata dagli operatori di tale unità, con aumento del livello di ossigeno al 100%; le cure praticate non scongiuravano la morte della piccola.

I CTU accertavano che la sofferenza fetale si era verificata prima delle 18:17, momento in cui fu presa la decisione di intervenire, essendo comparsa già alle 17.30, allorché erano iniziate le quattro decelerazioni incisive che avrebbero dovuto indurre il Ginecologo ad accelerare il parto, optando per il taglio cesareo.

La spiegazione di tale conclusione è ampiamente esposta nella stessa sentenza appellata, laddove si è dato specificamente atto delle ragioni per le quali gli esperti avevano attribuito alle decelerazioni ignorate dal Ginecologo una rilevanza determinante sulla tempistica del parto. Tale criticità imponeva una intensificazione della sorveglianza sanitaria, laddove, al contrario, le decisioni assunte dal Ginecologo erano state improntate a colpevole attendismo: infatti, il monitoraggio cardio-tocografico era stato addirittura sospeso dalle 18:09 alle 18:17, allorché si decideva di estrarre il feto con urgenza. A causa della intermittenza del battito fetale, peraltro, era stata chiamata in sala parto la Pediatra che, in effetti, avrebbe poi dato atto in cartella della esistenza di battito fetale dubbio.

Quanto alla causa della morte, la stessa era stata la conseguenza di un grave stato di insufficienza respiratoria e asfissia neonatale, cominciato nella fase intra uterina e perdurato nel corso del parto, cosicché era cruciale il momento in cui esso era insorto.

Per il primo giudice il momento andava fissato alle 17:30-17:43, allorché, verificatesi le anomale decelerazioni, il ginecologo avrebbe dovuto procedere alla urgente estrazione del feto e non attendere, come fece, affermando che fino alle 18:17 tutto era normale, addirittura sospendendo il monitoraggio dei battiti e procedendo solo con l’auscultazione diretta di essi ogni cinque minuti. Dal canto suo, la neonatologa aveva ammesso che, a quel punto, l’unica assistenza adeguata sarebbe stata l’intubazione, operazione per la quale la stessa era qualificata; ciononostante, la R. si era ostinata per 20 minuti a ventilare e proseguire il massaggio cardiaco, mentre il ginecologo, pur avendo ammesso che l’unica manovra era la intubazione, non aveva preteso che fosse praticata dal personale sanitario presente e qualificato.

Quanto alla fase post natale, gli esperti avevano accertato che la bambina non poteva respirare perché aveva ingerito liquido e non aveva la forza di espellerlo, cosicché era fondamentale intubarla, operazione alla quale avrebbe dovuto procedere l’anestesista, peraltro presente per avere eseguito la epidurale, in sua assenza spettando tale compito alla Neonatologa.

Al contrario, per come evidenziato nella stessa sentenza appellata, la neonata venne presa in consegna dalla Neonatologa che, per 17 minuti, praticò il massaggio cardiaco e la ventilazione con un pallone; solo dopo tale lasso temporale si era recuperato il battito, ma le condizioni della bambina erano ancora gravissime per cui venne chiamata l’unità di soccorso. Tutti i Consulenti e lo stesso Ginecologo si erano espressi per la necessità della intubazione, ma questa non fu praticata, decidendosi per l’attesa di un’unità di soccorso che però non sarebbe arrivata in termini brevi, tenuto anche conto della distanza tra i due ospedali, siti in zone distanti della città di Genova.

Quanto alla fase post partum, la Corte ha confermato il giudizio di grave imperizia che aveva connotato la condotta dei sanitari, partendo dalla necessità di intubare la neonata sin da subito, riconosciuta da tutti i Consulenti del processo, manovra che la Neonatologa non era stata in grado di fare, preferendo attendere l’arrivo del personale dell’unità di soccorso.

Ergo, l’omissione della neonatologa si era posta in relazione causale con l’evento di asfissia neonatale grave che ha condotta al decesso della neonata, atteso che la stessa era pacificamente in ipossia al momento del parto, cianotica, atonica e con indice di APGAR 1, a nulla rilevando che dopo alcuni minuti di ventilazione l’ossigenazione fosse arrivata al 40% e, quindi, al 80%, poiché era necessario tentare di raggiungere immediatamente il 100%, come avvenuto solo a opera dei sanitari successivamente intervenuti, trattandosi peraltro di manovra facilitata dalla assenza di riflessi della neonata.

Conclusivamente la Suprema Corte, annulla la sentenza impugnata nei confronti della Neonatologa, con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di Appello di Genova.

Avv. Emanuela Foligno

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