Accolto il ricorso di un automobilista accusato di aver cagionato la morte di motociclista per violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale

“In tema di prova scientifica, la perizia rappresenta un indispensabile strumento euristico nei casi in cui l’accertamento dei termini di fatto della vicenda oggetto del giudizio imponga l’utilizzo di saperi extragiuridici e, in particolare, qualora si registrino difformi opinioni, espresse dai diversi consulenti tecnici di parte intervenuti nel processo, di talché al giudice è chiesto di effettuare una valutazione ponderata che involge la stessa validità dei diversi metodi scientifici in campo, della quale è chiamato a dar conto in motivazione, fornendo una razionale giustificazione dell’apprezzamento compiuto e delle ragioni per le quali ha opinato per la maggiore affidabilità di una determinata scuola di pensiero rispetto ad un’altra”. E’ il principio espresso nella sentenza n. 11530/2020 con cui la Corte di Cassazione si è pronunciata sul ricorso presentato da un automobilista condannato per omicidio colposo ai sensi dell’art. 589 del codice penale.

L’uomo, nello specifico, era finito a giudizio con l’accusa di aver cagionato, per violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale, la morte di un motociclista. Secondo quanto accertato in sede di merito, il mezzo condotto dalla persona offesa era andato ad impattare contro la fiancata laterale anteriore destra del furgone condotto dall’imputato, il quale era fuoriuscito da una strada laterale privata, non asfaltata, e si era immesso sulla strada principale, nella stessa direzione del motociclo, senza dare la dovuta precedenza; a seguito dell’urto e delle gravi lesioni riportate, il centauro decedeva.

La Corte territoriale aveva ritenuto che la condotta di guida dell’autista del veicolo a quattro ruote fosse stata imprudente e pericolosa, avendo egli omesso di dare la precedenza ai veicoli in transito sulla strada principale ed avendo iniziato la manovra di svolta a sinistra senza prestare la dovuta attenzione.

Il Collegio distrettuale aveva riconosciuto il concorso di colpa del centauro, atteso che il medesimo procedeva ad una velocità superiore ai limiti imposti su quel tratto di strada, ma aveva affermato che ciò non escludesse la responsabilità dell’automobilista, il quale aveva tenuto una condotta causalmente orientata a determinare una situazione di pericolo e aveav dato vita all’evento dannoso.

Nel ricorrere per cassazione l’imputato lamentava che il convincimento dei giudici di appello si fosse formato solo ed esclusivamente sulle risultanze dell’elaborato peritale del consulente tecnico del Pubblico ministero, dimostratosi palesemente errato e inattendibile. Non era invece stato in alcun modo considerato l’elaborato del consulente della difesa, che aveva dimostrato l’errore commesso dall’ausiliario dell’accusa nel calcolo della velocità, sia dell’autocarro che del motociclo e nella ricostruzione cinematica dell’evento. In particolare, era stato ritenuto erroneo il dato costituito dalla accelerazione iniziale dell’autocarro, con la conseguenza che, nel momento in cui il mezzo aveva iniziato a impegnare la strada percorsa dal motociclo, il guidatore non avrebbe potuto vedere il mezzo a due ruote che sopraggiungeva ad elevata velocità dalla sua destra, nascosto da un dosso posto ad una distanza di circa 210 mt. dalla posizione di uscita dell’autocarro. Secondo i calcoli del perito di parte, nel momento in cui l’autocarro cominciava l’immissione sulla strada principale, la moto si trovava ad una distanza di circa 170 mt., ovvero all’interno dell’avvallamento, quindi in un punto dove non era visibile. Secondo il ricorrente, a fronte delle evidenti discordanze dei due elaborati peritali di parte, i giudici di merito avrebbero dovuto disporre perizia dibattimentale che avrebbe sicuramente fatto luce sulla vicenda.

I Giudici Ermellini hanno ritenuto fondate le argomentazioni proposte dal ricorrente.

La Corte territoriale – evidenziano dal Palazzaccio –  pur affermando di aver considerato entrambi gli elaborati tecnici di parte, nella sostanza non aveva espresso alcuna valutazione in ordine ai rilievi contenuti nella consulenza tecnica difensiva, limitandosi a confermare la responsabilità dell’imputato sulla scorta del solo elaborato peritale del Pubblico ministero, ravvisando la sussistenza del profilo di colpa specifica costituito dall’avere l’imputato omesso di dare la precedenza al motociclo condotto dalla persona offesa.

In tal modo, tuttavia, i giudici di appello, omettendo altresì di rispondere ad uno specifico motivo di gravame avanzato dall’automobilista, non avevano approfondito l’aspetto – pur rappresentato nella consulenza difensiva – riguardante la possibilità che il conducente dell’autocarro, al momento dell’immissione, non avesse avuto alcuna visibilità del sopraggiungere della moto che procedeva sulla strada principale ad elevata velocità; ciò in ragione del dosso che si trovava ad una certa distanza dal punto di immissione dell’autocarro; dosso che, data la particolare conformazione della strada, non avrebbe consentito all’imputato la visuale della moto nel momento in cui l’autocarro stava eseguendo la manovra di svolta a sinistra per immettersi nel flusso della circolazione.

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