Per la Federazione dei medici il tema delle autonomie differenziate richiede un dibattito pubblico che coinvolga tutte le forze della società civile

“Come medici facciamo appello a tutto il mondo politico perché si unisca alla società civile e avvii una seria riflessione sulle autonomie differenziate”. Queste, nei termini in cui proposte, sono infatti “inaccettabili e rischiano di minare l’unità del paese e l’uguaglianza dei cittadini”. Il presidente della FNOMCeO, Filippo Anelli, torna nuovamente sul tema del regionalismo differenziato.

Per il vertice della Federazione dei Medici, il dibattito rischia di rimanere chiuso nelle stanze in cui avverrà la trattativa Governo-Regioni. C’è il pericolo che passi come un semplice trasferimento di spesa dallo Stato alle regioni, nel nome dell’efficienza. Invece, “il regionalismo differenziato può trasformarsi in un tarlo che rischia di scavare dall’interno la base di valori costituzionali su cui poggia la Repubblica”.

In particolare, secondo Anelli, l’impatto maggiore si avrebbe su sanità e scuola, per i quali non si riuscirebbero a garantire i livelli essenziali di prestazione.

“Al Veneto, per esempio, passerebbero 70mila dipendenti della pubblica istruzione (Dati Ragioneria dello Stato – Istat)”. Inoltre, i valori medi pro-capite del residuo fiscale per gli anni che vanno dal 2013 al 2015 vedono una differenza, in Lombardia, di 5.611 euro tra quanto ogni singolo cittadino versa e quanto riceve indietro in termini di servizi. La cifra è pari a 2.078 euro pro capite in Veneto e 3.293 euro in Emilia Romagna (Dati ISSIRFA-CNR). “Le conseguenze sulla tenuta di settori fragili come quello sanitario – sottolinea Anelli –  se questi residui non dovessero essere redistribuiti ma rimanessero sul territorio, sono evidenti”.

Per il presidente FNOMCeO, dunque, il tema richiede un coinvolgimento, attraverso un dibattito pubblico, di tutte le forze della società civile.  “Per superare le diseguaglianze in Sanità – conclude Anelli –  occorre riprendere una riflessione sul meridione ed avviare politiche capaci di ridurre il gap che rende “diversi” i cittadini italiani. Ma il dibattito serve anche ad attivare il capitale sociale del Paese. Senza di questo, infatti, il principio di solidarietà e l’unità giuridica ed economica della Repubblica sono irrimediabilmente perduti”.

 

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