La Corte di Cassazione fa il punto in merito alla possibilità per il padrone di un cane investito di ottenere il risarcimento per il danno non patrimoniale.

La Corte di Cassazione, sesta sezione civile, nell’ordinanza n. 26770/2018 ha chiarito come, al padrone di un cane investito, non possa spettare il risarcimento del danno non patrimoniale.

Secondo gli Ermellini, infatti, il ferimento del cane investito non può qualificarsi come pregiudizio esistenziale per la lesione di un interesse del soggetto.

La vicenda

Nel caso di specie, la Corte si è espressa sul caso di un proprietario di un cane che era stato investito da un’auto.

Il Tribunale aveva accolto l’appello della società di assicurazione, ridimensionando l’importo riconosciuto dal giudice di primo grado al padrone dell’animale. L’importo valeva come risarcimento dei danni dallo stesso subiti a seguito dell’investimento stradale dell’animale da parte dell’autovettura dell’assicurata. Più in particolare, secondo il giudice d’appello, si era dimostrato solo l’investimento del cane.

Al contrario, il padrone non era stato in grado di provare di essere stato egli stesso investito. Pertanto, l’unico danno passibile di risarcimento erano le cure del cane.

Niente da fare, dunque, per il danno non patrimoniale rivendicato dal proprietario.

Anche in Cassazione, l’impugnazione del proprietario ha lo stesso esito.

Secondo gli Ermellini, il giudice a quo ha negato la risarcibilità del danno non patrimoniale in relazione al caso del cane investito uniformandosi all’orientamento della giurisprudenza di legittimità.

Sempre la Cassazione (cfr. sent. 14846/2007) ha ritenuto che non fosse riconducibile ad alcuna categoria di danno non patrimoniale risarcibile la perdita, a seguito di un fatto illecito, di un animale di affezione.

Questo poiché tale perdita non è qualificabile come danno esistenziale consequenziale alla lesione di un interesse della persona umana alla conservazione di una sfera di integrità affettiva costituzionalmente tutelata.

Allo stesso modo, non può essere sufficiente la deduzione di un danno in re ipsa, con il generico riferimento alla perdita della”qualità della vita”.

Ma non è tutto. Per il collegio, non è neppure adeguatamente prospettata l’eventuale rimeditazione del tema del danno patrimoniale da lesione dell’animale di affezione in relazione alla ipotesi del suo ferimento (rispetto al caso dell’uccisione).

In conclusione, al padrone del cane investito non può essere riconosciuto il risarcimento del danno non patrimoniale.

 

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