Cardiologi: test Dna per infarto e prevenzione allungano la vita

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Nonostante lo scompenso cardiaco e l’aterosclerosi siano in aumento, la prevenzione delle malattie cardiovascolari può regalare dieci anni di vita in più. 

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La Società italiana di cardiologia (Sic), presenta a Roma fino al 14 dicembre il 76/mo Congresso Nazionale, al quale parteciperanno oltre 2mila esperti internazionali. “La cardiologia negli ultimi 50 anni ha fatto dei progressi incredibili consentendo di aumentare l’aspettativa di vita di oltre dieci anni, un esempio concreto dell’importanza della lotta alle malattie cardiovascolari e del grado di eccellenza della ricerca cardiologica” ha sottolineato il presidente Sic Francesco Romeo.

La cardiologia italiana si conferma uno dei settori della medicina a maggiore evoluzione, sfruttando al meglio la genetica e gli interventi hi-tech nella lotta alle malattie cardiovascolari. Il tema principale è quello relativo allo scompenso cardiaco, su cui la Sic lancia l’allarme: ”una persona su 3 sopra i 55 anni svilupperà questa patologia nel corso della propria vita ma, nonostante i progressi nella cura, la metà di questi pazienti morirà entro 5 anni, una prognosi peggiore che nella maggior parte dei tumori”.

I dati parano chiaro: nel mondo, circa 38 milioni di persone soffrono oggi di scompenso cardiaco e fra 8 anni questo numero potrebbe superare i 60 milioni con un impressionante aumento di costi diretti e indiretti (circa il 200% in più). Al Congresso saranno presentati i notevoli sforzi compiuti per migliorare il trattamento e per individuare nuove frontiere terapeutiche mediante terapia genica e l’impiego delle cellule staminali.

Sulle complicanze dell’aterosclerosi (infarto e ictus) spiegano gli specialisti, una novità di rilievo è il legame tra la componente genetica e il rischio di suscettibilità verso la malattia aterosclerotica, tanto che oggi è possibile valutare il rischio infarto anche grazie a un semplice test genetico al fine di metterlo in relazione con i tradizionali fattori di rischio (come ipertensione, ipercolesterolemia, obesità, diabete e fumo). I cardiologi punteranno l’attenzione anche sul cuore delle donne, spesso vittime di malattie cardiovascolari che spesso non sanno di avere.

Poi ancora nuove tecnologie, dai defibrillatori ‘indossabili’ nei pazienti con scompenso sistolico oltre ai defibrillatori sottocutanei, come alternativa al defibrillatore tradizionale. Dal test del dna per prevenire l’infarto alle valvole biologiche che sostituiscono quella aortica o mitralica in caso di gravi patologie, spesso inoperabili: sono gli ultimi progressi della cardiologia, in vari casi veri e propri salvavita, messi però a rischio dalla mancanza di fondi e dai bilanci sanitari ‘in rosso’ di molte regioni.

”Circa 1 mln di italiani – afferma il presidente della Società italiana di cardiologia (Sic), Francesco Romeo,  soffrono di valvulopatie ed almeno 300mila non possono essere sottoposti ad un intervento cardiochirurgico per il rischio troppo elevato. Per questo – rileva – ci si impone un ruolo ‘etico’, ovvero quello di scegliere a quali pazienti impiantarle, e questo è inaccettabile. E’ un ‘compito’ che noi cardiologi non vogliamo e non dobbiamo avere”. I dati sono chiari: ”In Italia impiantiamo 40 valvole per milione di abitanti – spiega Romeo – contro le 80 della Francia e le 130 della Germania, passando così in breve tempo dal 2/o posto in Europa per numero di impianti al 12/mo”.

Poi ci sono delle nuove ‘armi’ della prevenzione cardiologica, ovvero il test del dna per identificare i soggetti che hanno una predisposizione genetica per l’infarto. Il punto, sottolinea il cardiologo Ciro Indolfi dell’Università di Catanzaro, ”è che varie regioni sono in piano di rientro e c’è un problema di risorse per garantire le tecnologie avanzate”.

Insomma, nuove cure e tecnologie sono a rischio per una questione economica, mentre sono in arrivo ulteriori novità che promettono grandi passi avanti e sulle quali, pure, incombe la ‘minaccia’ della insostenibilità economica: ”Stiamo mettendo a punto – ha annunciato il cardiologo Jawahar Mehta, dell’Università di Little Rock, Arkansas Usa – una molecola per bloccare un particolare recettore responsabile dell’assorbimento del colesterolo e ciò permetterà di prevenire l’aterosclerosi e le sue conseguenze.

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