La Cassazione ha fornito precisazioni in merito al caso in cui un ciclista ubriaco possa rischiare una condanna per guida in stato di ebbrezza

Un ciclista ubriaco che causa un incidente può essere condannato per guida in stato di ebbrezza? Secondo la Corte di Cassazione, IV sezione penale, che con la sentenza n. 6119/2018 si è espressa a riguardo, sì.

Se quindi un ciclista ubriaco provoca un incidente scatta, infatti, il reato di cui all’art. 187 del Codice della Strada laddove il suo stato di alterazione venga confermato dal successivo prelievo ematico.

Sul punto, i giudici ricordano che nessun tipo di consenso dovrà essere richiesto né dalla polizia giudiziaria né dal medico. Quest’ultimo potrà senz’altro procedere al prelievo, a meno che non si trovi di fronte a un rifiuto da parte dell’interessato.

Nel caso di specie, la Cassazione ha confermato la condanna per un ciclista ubriaco che aveva causato un incidente.

L’uomo procedeva a zig-zag sul proprio mezzo, assieme a un’altra persona, toccando con il manubrio lo specchietto retrovisore di un’auto che aveva affiancato, così cagionando la caduta a terra del veicolo.

Le Forze dell’ordine erano accorse sul luogo e l’imputato, a seguito del successivo controllo ematico, era risultato ubriaco.

Pertanto, era stato condannato dai giudici di merito in ordine al reato di cui all’art. 186 del Codice della Strada.

In Cassazione, il ciclista ha sostenuto che il consenso al prelievo ematico non potesse essere richiesto dal medico, ma soltanto dalla polizia giudiziaria, da cui proviene la domanda di eseguire l’accertamento, non trattandosi di un atto terapeutico.

Così come sarebbe stato compito della polizia giudiziaria redigere verbale dell’atto, in mancanza del quale l’accertamento è invalido.

In realtà, per la Cassazione, è manifestamente infondato il motivo di ricorso del ciclista. Infatti, il prelievo ematico effettuato dai sanitari ai fini della verifica del tasso alcolemico, è utilizzabile anche in assenza di un consenso verbalmente espresso dall’interessato.

E ciò purché quest’ultimo non abbia opposto un esplicito rifiuto (cfr. Cass., Sez. 4, n. 6755/2012; Cass., Sez. 4, n. 6786/2014)

Ipotesi, quest’ultima, che integra gli estremi di reato e che certamente esula dal caso in questione del ciclista ubriaco.

Inoltre, conclude la Corte, non è dato comprendere sotto quale profilo la mancanza di un verbale redatto dalla polizia giudiziaria possa inficiare la validità dell’atto.

Fermo restando che l’effettuazione del prelievo è dimostrata dalla relativa certificazione sanitaria, al pari delle risultanze delle conseguenti analisi.

Così come l’eventuale rifiuto risulterà dalla relativa attestazione del sanitario operante, che è un pubblico ufficiale, titolare di poteri certificativi, ex art. 357 del codice penale.

Il ricorso del ciclista va dunque dichiarato inammissibile e il ricorrente condannato al pagamento delle spese.

 

 

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