Cirrosi epatica HCV correlata, si al risarcimento

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cirrosi epatica hcv correlata

Il paziente aveva contratto l’infezione dopo la somministrazione di emotrasfusioni nel 1971; nel 2008 gli era stata diagnosticata una cirrosi epatica HCV correlata

La Cassazione, con l’ordinanza n. 38583/2021, ha respinto il ricorso del Ministero della Salute contro la sentenza di merito che lo condannava a versare a un uomo una somma di € 341.558,01 a titolo di danno biologico e invalidità temporanea, in conseguenza della infezione da virus HCV ( epatite c) causata da emotrasfusioni somministrate nei 1971, diagnosticata nel 2003, e che gli aveva causato una cirrosi epatica HCV correlata, diagnosticata nel 2008.

La Corte d’appello, nel riformare la sentenza di primo grado, aveva inteso uniformarsi alla sentenza della Cass. Sez. U. n. 576 e 581 del 2008 che aveva ritenuto che, a partire dalla data di conoscenza dell’epatite B, sussiste la responsabilità del Ministero anche per il contagio degli altri due virus, poiché non costituiscono eventi autonomi e diversi, ma solo forme di manifestazione patogene dello stesso evento lesivo, posto che già a tale epoca sussistevano obblighi normativi di prevenzione con riguardo alla trasfusione e ai rischi connessi.

Nel rivolgersi alla Suprema Corte, l’Ente ricorrente denunciava violazione e falsa applicazione degli artt.2043 e 1233 cod. civ. ex art. 360 n. 3 c.p.c., sull’assunto che il virus dell’epatite C fosse conosciuto solo a partire dal 1989 e che il test diagnostico non fosse ancora esistente al tempo dell’evento, non essendovi cause dell’infezione riferibili ad altro virus dell’epatite. Deduceva poi falsa applicazione dell’art. 2043 c.c. ex art. 360 n. 3, in quanto non avrebbe potuto essere desunto un generale obbligo di vigilanza in capo al Ministero, perché rimesso al personale medico e alle strutture sanitarie.

Gli Ermellini hanno ritenuto di non aderire alle argomentazioni proposte evidenziando che, in caso di patologie conseguenti ad infezione da virus HBV, HIV e HCV, contratte a seguito di emotrasfusíoní o di somministrazione di emoderivati, sussiste la responsabilità del Ministero della salute anche per le trasfusioni eseguite in epoca anteriore alla conoscenza scientifica di tali virus e all’apprestamento dei relativi test identificativi (risalenti, rispettivamente, agli anni 1978, 1985, 1988), atteso che, già dalla fine degli anni ’60, era noto il rischio di trasmissione di epatite virale ed era possibile la rilevazione (indiretta) dei virus, che della stessa costituiscono evoluzione o mutazione, mediante gli indicatori della funzionalità epatica, gravando pertanto sul Ministero della salute, in adempimento degli obblighi specifici di vigilanza e controllo posti da una pluralità di fonti normative speciali risalenti già all’anno 1958, l’obbligo di controllare che il sangue utilizzato per le trasfusioni e gli emoderivati fosse esente da virus e che i donatori non presentassero alterazione della transaminasí. L’ipotesi, ovviamente, si riferisce – hanno sottolineato dal Palazzaccio – ad ogni infezione isolatamente considerata, e non solo a quelle concatenate, contrariamente a quanto assunto dal Ministero ricorrente.

La redazione giuridica

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