Lo ha stabilito la Corte dei Conti al termine del procedimento nei confronti di due medici condannati in solido con la Regione per una vicenda risalente a 23 anni fa

Un ginecologo dell’Ospedale Santa Croce di Moncalieri, è stato condannato dalla Corte dei Conti a restituire alla Regione Piemonte un milione e mezzo di euro, ovvero una cifra pari alla metà del risarcimento liquidato a una famiglia in virtù di una sentenza della Corte d’Appello civile di Torino del 2013.Il tutto per un fatto risalente a 23 anni fa.
Era infatti l’agosto del 1994 quando una gestante, giunta alla scadenza del termine, si era recata presso il nosocomio piemontese per un controllo. Il tracciato aveva rilevato alcuni piccoli problemi, ma secondo i medici non si trattava di nulla di grave, tanto che la donna venne rimandata a casa con l’invito a tornare il giorno successivo. L’indomani, tuttavia, un nuovo controllo aveva evidenziato un quadro ancor più preoccupante.
La bambina nacque con un cesareo che era stato già programmato per il pomeriggio, riportando gravi danni che ne segnarono l’esistenza: “asfissia perinatale e paralisi cerebrale con tetraplegia spastica ed epilessia”. Per quella vicenda finirono a giudizio due camici bianchi: il ginecologo, accusato di aver interpretato male il tracciato, e il primario del reparto, entrambi condannati in sede civile in solido con la Regione.
Nelle scorse ore è arrivata la sentenza dei magistrati contabili che hanno assolto il primario, in quanto non era di turno il giorno del parto, limitando la condanna al solo ginecologo, il cui errore secondo i Giudici rappresenterebbe una colpa grave le cui conseguenze sul nascituro non potevano non essere note al sanitario cui la partoriente era affidata. “L’assistenza al travaglio di parto e la corretta interpretazione dei dati derivanti dal monitoraggio e l’intervento del taglio cesareo – si legge nella sentenza – non presentavano problemi particolarmente difficili, ed erano alla portata di qualunque ostetrico che presti turni di guardia in qualsiasi ospedale”.
Nonostante il professionista abbia sempre respinto le accuse sostenendo la correttezza del proprio operato e il rispetto delle linee guida, per i Giudici la sua “condotta fu connotata dalla violazione di elementari norme di prudenza e diligenza, che appaiono basilari nella scienza medica generale e di settore”.

- Annuncio pubblicitario -

LASCIA UN COMMENTO O RACCONTACI LA TUA STORIA

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui