Condanna per omicidio colposo per l’infortunio mortale del lavoratore (Cassazione penale, sez. IV,  dep. 07/06/2022, n.21863).

Condanna per omicidio colposo per l’infortunio mortale del lavoratore al responsabile del servizio di prevenzione e protezione.

La Corte d’Appello di Perugia, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Terni, con la quale l’imputato subiva condanna per omicidio colposo ai danni del lavoratore, nella qualità di responsabile del servizio di prevenzione e protezione (RSPP) della società datrice di lavoro, ha riconosciuto all’imputato la circostanza attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 6, riducendo la pena e confermato nel resto.

La vicenda riguarda l’infortunio mortale occorso al lavoratore incaricato di eseguire dei lavori sul tetto di un immobile propedeutici al montaggio di pannelli solari.

La vittima era salita sul tetto con un carrello elevatore e aveva iniziato ad apporre alcuni profilati metallici indicatigli dal capo cantiere, camminando sul tetto, nonostante questo fosse coperto di ghiaccio e brina; le condizioni climatiche, ambientali e fattuali, secondo la prospettazione accusatoria recepita nelle due sentenze di merito, erano negative e avevano reso sconsigliabile l’inizio delle lavorazioni, la cui esecuzione avrebbe richiesto la predisposizione delle necessarie precauzioni a tutela della sicurezza dei lavoratori, mancanti nella specie, con specifico riferimento al pericolo di caduta dall’alto, stante l’assenza della previsione nel POS di tale rischio e la mancata predisposizione di linee vita cui ancorare la imbracatura indossata dagli operai, ma anche di una copertura con assi di legno o pallets da porre sui lucernari che ne erano privi.

Il Tribunale, oltre all’imputato, condannava anche il datore di lavoro, inviato gli atti al Pubblico ministero quanto al preposto e assolto invece il responsabile dei lavori e coordinatore per la sicurezza nella progettazione e esecuzione, assoluzione confermata dal giudice del gravame con rigetto degli appelli interposti sul punto dal Pubblico ministero e dalle parti civili.

Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso l’imputato deducendo che il Tribunale aveva concentrato il giudizio con riferimento ai ruoli rispettivamente ricoperti dal datore di lavoro e dal responsabile del servizio di prevenzione e protezione, laddove la Corte d’appello ha puntato l’attenzione anche sulla carica di vice presidente ricoperta dal secondo, per inferirne un potere decisionale e di rappresentanza dell’ente.

Secondo il ricorrente, la Corte di merito ha riconosciuto che l’imputato comunicava alla società datrice. Pertanto, secondo la prospettazione difensiva, non sarebbero a costui attribuibili profili di responsabilità che discendano dal contenuto del POS.

Sotto altro profilo, poi, la difesa rileva che l’infortunio era avvenuto quando era già stato inibito l’inizio dei lavori fino al momento in cui fosse stato approvato il POS, ciò che aveva determinato l’assoluzione del coordinatore per la sicurezza. Ma le competenze consultive del RSPP non gli conferivano il potere di sospensione dei lavori e non potevano determinare responsabilità maggiori rispetto al responsabile di cantiere.

Le censure non sono accoglibili.

La Corte territoriale, con specifico riferimento alla posizione del RSPP ha ritenuto che l’imputato avesse competenze su tutto il settore prevenzione, cosicché irrilevante doveva considerarsi l’assenza di deleghe. Egli era vice presidente del consiglio di amministrazione della società e, in tale veste, aveva sottoscritto la proposta per eseguire i lavori.

L’imputato, inoltre, aveva apposto la sua firma sul POS, a nulla rilevando il dato che egli non potesse valutarne la correttezza o la circostanza che non avesse sottoscritto il piano cantiere.

Quanto al giudizio controfattuale, esso doveva ritenersi positivamente esperito, atteso che l’evento non si sarebbe verificato senza le condotte colpose in questione, quanto all’elemento soggettivo non avendo l’imputato neppure negato le condotte colpose alla base della condanna per omicidio colposo.

Quanto alla figura del datore di lavoro, la Corte ha rilevato che lo stesso, pur consapevole della situazione di rischio e della irregolarità del POS, mancante della firma del coordinatore per la sicurezza, non aveva ritenuto di segnalare la situazione deficitaria del cantiere.

Corrette, pertanto, le valutazioni della Corte d’appello anche in punto di condanna per omicidio colposo in danno del responsabile del servizio di prevenzione e protezione.

Il ricorso viene integralmente rigettato con condanna alle spese.

Avv. Emanuela Foligno

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