La responsabilità del consulente si configura allorché il suo inadempimento determini un danno certo ed effettivo, connesso ad un comportamento doloso o colposo a lui riconducibile: condannata una società di consulenza fiscale a risarcire tutti i danni patiti dal proprio cliente per l’errato adempimento dell’incarico professionale
L’errata consulenza fiscale
Una s.r.l. aveva citato in giudizio la società da quest’ultima incaricata di consulenza fiscale e della gestione di tutti gli aspetti relativi alle prestazioni rese in favore di società tedesche o italiane sul territorio tedesco.
La società aveva chiesto la restituzione di quanto ad essa corrisposto per spese e competenze dell’attività professionale resa, nonché al risarcimento di tutti i danni subiti e quantificati nell’importo di €16.042,43, oltre alla risoluzione il contratto sottoscritto tra le parti.
La società attrice aveva fornito prova documentale del conferimento del mandato fiscale alla convenuta con la sottoscrizione di un contratto in forza della quale quest’ultima – società specializzata nella gestione delle imposte internazionali e presente in 25 paesi nel mondo – avrebbe dovuto curare l’attribuzione di partita IVA tedesca in favore della società, gli adempimenti fiscali nel territorio tedesco, la predisposizione e il deposito delle dichiarazioni fiscali nel rispetto delle normativa ivi vigente ed, infine, rappresentare la mandante in caso di controlli fiscali dell’autorità competente.
La prova del conferimento dell’incarico
La società attrice aveva altresì dimostrato che il mandato conferito non era stato assolto correttamente: la convenuta aveva, infatti dato indicazioni errate in ordine all’aliquota Iva da applicare alle prestazioni rese dalla società attrice sul territorio tedesco ed aveva dato corso agli adempimenti fiscali registrando tali fatture con l’Iva al 7%, procurando conseguentemente alla società attrice la richiesta, da parte dell’Amministrazione Finanziaria Tedesca del pagamento dell’Iva in misura pari alla differenza tra l’aliquota del 19% prevista dalla legge e quella versata del 7%, oltre sanzioni.
L’Amministrazione Finanziaria tedesca aveva infatti contestato a quest’ultima la mancata applicazione dell’aliquota Iva del 19% alla tipologia di attività svolta – servizi di catering presso fiere internazionali – con conseguente richiesta di rifusione di un maggior importo di €12.794,00 oltre sanzioni. Insomma la società di catering si era trovata a dover sostenere un costo che certamente non avrebbe affrontato, laddove avesse ricevuto una corretta assistenza fiscale.
Il Tribunale di Brescia (Seconda Sezione, sentenza n. 565/2020) ha osservato che il mandato conferito alla società fiscale deve essere inquadrato nella disciplina di cui agli artt. 2222 e ss. del c.c., essendo il consulente fiscale, al pari di ogni altro professionista, colui che esercita una professione di natura intellettuale.
La responsabilità professionale del consulente
Da ciò deriva che il consulente fiscale ha nei confronti del proprio cliente una responsabilità di natura contrattuale che implica, in caso di inadempimento, l’obbligo da parte del professionista di risarcire i danni subìti dal cliente.
L’inadempimento deve consistere nella violazione dei doveri inerenti allo svolgimento dell’attività professionale e della diligenza prevista dall’art. 1176, comma 2 c.c. che considera la natura dell’attività esercitata e si riferisce dunque alla diligenza che il professionista deve avere nello svolgimento di un incarico.
Nel caso di specie, il mandato aveva ad oggetto la cura degli adempimenti fiscali dell’attrice nell’ambito territoriale della Germania, di depositarne le dichiarazioni fiscali nel rispetto delle normativa territoriale vigente, di rappresentare la mandante in caso di controllo fiscale, informandola nel riguardo ad eventuali cambiamenti in materia di legislazione fiscale.
La diligenza professionale
Per consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimità, il professionista intellettuale deve utilizzare, nello svolgimento della propria attività, una diligenza qualificata (Cass. n. 15305/2013, Cass. n. 8826/2007), che presuppone la specifica conoscenza delle regole e delle nozioni tecniche proprie della professione svolta, acquisite attraverso lo studio e l’esperienza.
La responsabilità del consulente si configura allorché il suo inadempimento (cioè la violazione degli obblighi di diligenza e perizia) determini un danno certo ed effettivo, connesso ad un comportamento doloso o colposo a lui riconducibile (Cass. n. 9917/2010). Qualora il committente contesti al consulente un inadempimento contrattuale, dovrà pertanto provare l’esistenza e i termini dell’incarico, che la prestazione non è stata svolta secondo la diligenza professionale per imprudenza e/o imperizia (il consulente risponde anche in ipotesi di colpa lieve), nonché il nesso causale tra il danno e la condotta del professionista.
La convenuta, firmato il contratto e ottenuto il pagamento delle prestazioni (€2.629,10) non aveva adempiuto correttamente all’incarico conferitogli, in quanto, come era emerso dalla documentazione prodotta, una volta ricevute dall’attrice le bozze di fatture da emettere nei confronti dei clienti tedeschi, non aveva rilevato l’erroneità dell’aliquota Iva da applicare, lasciando che la sua cliente emettesse le fatture non corrette e ricevesse quindi, dai propri clienti, il pagamento con un importo comprensivo di aliquota Iva inferiore al dovuto.
Per ottenere assistenza per tale frangente, la società mandante era stata costretta a rivolgersi ad un altro studio dei commercialisti, che contattando l’Agenzia Tedesca, riusciva ad ottenere quanto meno una rateizzazione in 10 rate mensili.
L’inadempimento della convenuta aveva comportato, dunque, per la parte attrice un danno quantificato nella somma che la stessa aveva dovuto sborsare per l’adeguamento dell’aliquota, oltre alle sanzioni, ed oltre ancora alla spesa sostenuta per essersi dovuta rivolgere ad altri professionisti per ottenere l’assistenza necessaria per ottenere una rateizzazione sostenibile economicamente in base alle proprie possibilità.
In conclusione, l’adito Tribunale ha affermato che la società di consulenza fiscale non aveva svolto correttamente il mandato derivante dal contratto, in quanto il controllo sull’aliquota Iva, non solo rientrava tra le attività previste, ma non comportava neppure un impegno straordinario, trattandosi semplicemente di seguire gli adempimenti fiscali nell’attività all’estero, con la Germania; per queste ragioni la domanda attorea è stata accolta e la convenuta condannata al pagamento della somma di € 18.671,83 (di cui €12.794,00 per Iva non versata, € 255,50 a titolo di sanzioni erogate, € 2.992,64 a titolo di competenze pagate al secondo studio di consulenza fiscale, € 2.629,10 versate a titolo di competenze), oltre interessi legali.
Avv. Sabrina Caporale
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