Condanna inevitabile per un settantaquattrenne accusato di aver compiuto violenza sessuale ai danni di una minore disabile: decisive le immagini acquisite dagli impianti audio-video installati nel luogo della consumazione del reato
La vicenda
Il Tribunale di Urbino aveva dichiarato, all’esito del giudizio di primo grado, l’imputato responsabile del delitto di violenza sessuale, di cui all’art. 609 bis c.p., condannandolo alla pena di anni cinque di reclusione, oltre pene accessorie e risarcimento del danno.
Contro tale decisione la difesa aveva proposto ricorso dinanzi ai giudici della Corte d’Appello di Ancona, chiedendone l’integrale riforma.
Invero, il giudice di primo grado aveva fondato la propria decisione sulle dichiarazioni del teste, autista di autobus, che per primo aveva assistito agli atti di natura sessuale posti in essere dall’imputato nei confronti della minore. Utili ai fini della decisione erano state anche le attività di identificazione dei soggetti coinvolti mediante le immagini videoriprese dagli impianti audio-video installati sui minibus adibiti al trasporto della disabile.
La prova della violenza sessuale
La visione di tali immagini aveva consentito di apprezzare numerosissimi approcci di tipo sessuale da parte dall’imputato nei confronti della vittima, consistiti, tra l’altro, in toccamenti del petto, anche all’interno del maglione, tentativi di baci nonché toccamenti delle zone genitali della minore la quale, pur impossibilitata a manifestare un dissenso verbale a causa della sua disabilità, in più occasioni aveva cercato di respingere l’uomo, afferrandogli le mani.
Ebbene, la Corte d’Appello di Ancona (sentenza n. 58/2020) ha confermato la decisione di primo grado che, in maniera esaustiva aveva disatteso le prospettazioni della difesa in merito ad un presunta rilevanza putativa del consenso della vittima, o comunque, di una mancata manifestazione di dissenso da parte di quest’ultima; escludendo, così, la possibilità di configurare l’ipotesi attenuata per la natura della condotta, sia in relazione all’abuso delle condizioni psico-fisiche della minore disabile, sia in relazione all’affidamento della stessa all’imputato nello svolgimento delle relative mansioni lavorative di assistenza.
Del resto, – ha affermato il Collegio – “la natura reiterata ed incessante degli “attacchi” alla libertà sessuale della minore per come rilevabile dalla visione delle immagini riprese nelle tre giornate indicate appare di per sé ostativa al riconoscimento della fattispecie attenuata in questione, come da concorde, ed anche recentissima, giurisprudenza di legittimità (Sez. 3 -, Sentenza n. 4960 del 11/10/2018)”.
L’elemento soggettivo del reato
In tema di atti sessuali con minorenne, la reiterazione di rapporti sessuali è sintomatica dell’intensità del dolo in capo all’imputato ed è espressione di una compressione non lieve della libertà sessuale della vittima, non compatibile con un giudizio di minore gravità del fatto. (Fattispecie in cui la Corte ha escluso la configurabilità della circostanza attenuante della minore gravità, prevista dall’art. 609-bis, ultimo comma, cod. pen., in quanto l’imputato, convivente della madre, aveva compiuto plurimi rapporti sessuali completi con la vittima di anni sedici Sez. 3, Sentenza n. 21458 del 29/01/2015).
Si è detto, infatti, che in tema di violenza sessuale, l’attenuante speciale della minore gravità, di cui all’art. 609 bis, comma terzo c.p., non può essere concessa quando gli abusi in danno della vittima sono stati reiterati nel tempo.
La decisione
La Corte d’Appello ha, inoltre, confermato la decisione di primo grado anche in ordine alla mancata concessione delle attenuanti generiche, nonostante l’incensuratezza dell’imputato e la circostanza che questi, all’epoca dei fatti, avesse più di 70 anni.
L’incensuratezza del soggetto, per disposizione di legge, è infatti elemento insufficiente all’applicazione delle generiche e, inoltre, nel caso in esame, non vi erano altri elementi di meritevolezza, né sul piano della valutazione sostanziale, né sul versante della condotta processuale dell’imputato.
La redazione giuridica
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